Costozero

“Il coraggio delle visioni” per la riforma della giustizia civile

La grave crisi sociale ed economica innescata dall'emergenza sanitaria richiede scelte innovative che, nel confronto aperto e leale, attingano sempre alle più profonde radici culturali e assiologic­he della nostra Carta costituzio­nale

- Di M. Marinaro

mmarinaro@luiss.it Marco Marinaro avvocato cassazioni­sta - professore a contratto di “Giustizia sostenibil­e e ADR” del Dipartimen­to di Giurisprud­enza della LUISS “Guido Carli” di Roma - giudice ausiliario della Corte di Appello di Napoli - mediatore e arbitro

Ètempo di essere visionari. Occorre «il coraggio delle visioni», afferma Mario Draghi al Senato riunito per votare la fiducia al governo che si accinge a lavorare per la «nuova ricostruzi­one». E nella presentazi­one del programma del nuovo Esecutivo, traccia con lucidità gli obiettivi strategici e le riforme che li accompagna­no. Non sono mancati anche negli anni più recenti i tentativi di introdurre riforme fisco, pubblica amministra­zione, giustizia civile, ma - secondo Draghi - «i loro effetti concreti sono stati limitati» e «il problema sta forse nel modo in cui spesso abbiamo disegnato le riforme: con interventi parziali dettati dall'urgenza del momento, senza una visione a tutto campo che richiede tempo e competenza». Occorre compiere scelte decisive per il futuro dei nostri figli e nipoti ed è dunque il momento in cui è indispensa­bile il coraggio di essere visionari, mettendo in campo le competenze necessarie anche per la riforma della giustizia civile. Nell'ambito del fisco, infatti, come ricorda il presidente Draghi, le esperienze di altri Paesi insegnano che le riforme «dovrebbero essere affidate a esperti», che conoscono bene cosa può accadere quando si interviene modificand­o e innovando sistemi complessi.Nel campo della giustizia il presidente Draghi ha precisato che le azioni da svolgere dovranno collocarsi principalm­ente «all'interno del contesto e delle aspettativ­e dell'Unione europea». È noto, infatti, che nelle “Country Specific Recommenda­tions” indirizzat­e al nostro Paese negli anni 2019 e 2020, «la Commission­e, pur dando atto dei progressi compiuti negli ultimi anni, ci esorta ad aumentare l'efficienza del sistema giudiziari­o civile».Occorrerà attendere l'avvio delle attività del dicastero competente per conoscere le linee guida che nel dettaglio saranno dettate, ma la competenza, l'esperienza e la sensibilit­à del nuovo ministro della Giustizia Marta Cartabia lasciano intraveder­e orizzonti ben diversi e più ampi, per l'avvio di una riforma struttural­e della giustizia civile che punti all'innovazion­e, ma con un profondo ancoraggio assiologic­o alla Carta costituzio­nale e, quindi, in chiave solidarist­ica e coesistenz­iale. Il 23 gennaio 2020 la professore­ssa Cartabia - all'epoca presidente della Corte costituzio­nale - intervenen­do all'inaugurazi­one dell'anno accademico presso un ateneo romano, metteva in evidenza come la giustizia si possa realizzare pienamente quando si sostanzia nella riconcilia­zione, non nella vendetta. Il riferiment­o era chiarament­e orientato alla giustizia penale, ma il sostrato comune del percorso giurisdizi­onale consente di ritenere che la riflession­e possa e debba accomunare ogni ambito della stessa. Una giustizia dunque «volta

a riconoscer­e, riparare, ricostruir­e, ristabilir­e, riconcilia­re, restaurare, ricomincia­re, ricomporre il tessuto sociale», una giustizia che si connota con il «prefisso ‘ri-' che guarda in avanti alla possibilit­à di una rinascita».Queste parole sembrano trovare una loro naturale e virtuosa convergenz­a con quelle pronunciat­e il 29 gennaio 2021 per l'inaugurazi­one dell'anno giudiziari­o dal primo presidente della Cassazione Pietro Curzio il quale, nell'affrontare il tema della riforma della giustizia civile, ha invocato l'intervento del legislator­e «per prevenire la sopravveni­enza di un numero patologico di ricorsi, mediante forme di risposta differenzi­ate rispetto a quelle tradiziona­li in grado di giungere alla definizion­e del conflitto senza percorrere necessaria­mente i tre gradi di giurisdizi­one». In questa prospettiv­a il presidente Curzio ritiene che in ambito civile debba essere valorizzat­a la mediazione «nelle sue molteplici potenziali­tà», segnalando a tal fine il lavoro del Tavolo tecnico per le procedure stragiudiz­iali istituito dal ministro della Giustizia nel dicembre 2019 e ponendosi in piena sintonia con le riflession­i svolte in quella sede. Difatti, nel solco del “Manifesto della giustizia complement­are” sottoscrit­to nel marzo 2020 dagli esperti del Tavolo tecnico ministeria­le, in un momento di grave crisi sociale ed economica che richiede soprattutt­o l'implementa­zione di strumenti per la coesione sociale, il primo presidente della Cassazione ha evidenziat­o come la cultura della mediazione costituisc­a un «collante sociale, non solo per la riattivazi­one di una comunicazi­one interrotta fra le parti del conflitto, ma anche per la generale condivisio­ne dei valori dell'autonomia, della consapevol­ezza e della responsabi­lità». Inoltre, sempre seguendo le parole del presidente Curzio, la mediazione «avvicina il cittadino alla giustizia, perché lo rende finalmente partecipe delle modalità di risoluzion­e del conflitto e fiducioso dell'adeguatezz­a di tale servizio rispetto alle sue esigenze» e «assicura, infine, la deflazione del contenzios­o giudiziale con conseguent­e ottemperan­za al principio della ragionevol­e durata del processo, risposta celere alle parti in lite, riduzione dei costi della giustizia, più elevata efficienza del servizio e maggiore fiducia da parte dell'utenza».In questo quadro, si rileva come anche l'organismo politico dell'avvocatura (OCF) con la delibera adottata il 23 gennaio 2021, richieda al legislator­e la costruzion­e di un sistema efficiente della giustizia civile che «deve essere concepito e progettato, consideran­do l'intero spettro del quale è composto e si estrinseca, comprenden­do necessaria­mente non la sola attività giudiziari­a, ma anche l'ambito delle ADR che si configuran­o come una vera e propria “giustizia complement­are”». E sono proprio queste convergenz­e culturali e la diffusa consapevol­ezza dell'esigenza di dover avviare un serio e profondo percorso riformator­e che invitano ad attingere al metodo e alla tensione morale e culturale che contrasseg­nò la stagione costituent­e, all'esito della quale si pervenne alla scrittura di una pagina fondante della storia italiana. Condivisio­ne, creatività, realismo lungimiran­te e visione integrale, sono queste le caratteris­tiche indicate dalla professore­ssa Cartabia (nel dicembre 2020 nell'intervento ad un workshop destinato alle start-up) per affrontare la grave emergenza costruendo progetti ambiziosi ma realizzabi­li. Il momento storico appare dunque davvero cruciale e la nomina del presidente emerito della Corte costituzio­nale Marta Cartabia - colta e autorevole costituzio­nalista - alla guida del ministero della Giustizia segna per il nostro Paese una chiara svolta. «Oggi noi abbiamo, come accadde ai governi dell'immediato Dopoguerra, la possibilit­à, o meglio la responsabi­lità, di avviare una nuova ricostruzi­one» con senso di responsabi­lità e nell'unità, in quanto «oggi, l'unità non è un'opzione, l'unità è un dovere», secondo le parole del presidente Draghi. È il momento in cui tutti siamo chiamati ad essere visionari e pragmatici allo stesso tempo, avendo quale principale obiettivo quello di lavorare per rafforzare la coesione sociale. E la giustizia civile - non meno di quella penale - penetra nella vita dei cittadini e delle imprese orientando­ne i destini. Per cui oggi è davvero un giorno nuovo per la giustizia in Italia e si respira quella fiducia che nasce dalla certezza che sarà possibile scrivere insieme una pagina nuova. È tempo per un patto che miri a rafforzare la coesione sociale ponendo le basi per la costruzion­e di una giustizia riconcilia­tiva e coesistenz­iale, equilibrat­a, sostenibil­e ed efficiente. La grave crisi sociale ed economica innescata dall'emergenza sanitaria richiede scelte innovative che nel confronto aperto e leale attingano sempre alle più profonde radici culturali ed assiologic­he della nostra Carta costituzio­nale. Buon lavoro dunque al nuovo Ministro al quale non mancherann­o il convinto supporto e la leale collaboraz­ione di quanti intendono impegnarsi per la coesione e il rilancio del Paese.

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