Lo stato ha rinunciato a calciare i rigori
Nell’aula bunker di Lamezia Terme ha avuto inizio, lo scorso gennaio, il maxiprocesso «Rinascita Scott»istruito dal procuratore generale di Catanzaro Nicola Gratteri contro la ndrangheta: 479 imputati, 438 capi d’imputazione, 938 testimoni, 58 collaboratori di giustizia da ascoltare, 5 anni di indagini con arresti su tutto il territorio nazionale sono i parametri della più grande operazione giudiziaria contro questa organizzazione mafiosa.
Però la dottoressa Cavasini, presidente del Collegio giudicante, con decisione formalmente corretta (anche se assai discutibile nel merito), limitò gli accessi dei giornalisti e le riprese audio e video durante le udienze, eliminando di fatto le riprese dei tiggì, le trasmissioni di approfondimento, i talk show e altro. Dure proteste dei giornalisti, Fnsi, Usigrai e stampa estera, poi più niente e il processo va avanti a «fari spenti», nell’indifferenza generale, anche dei giornalisti che solo episodicamente pubblicano qualcosa: è proprio ciò che vuole la ’ndrangheta, meno si mostra – soprattutto