Domani (Italy)

Anche il disimpegno può diventare militanza

- Gianpaolo Annese

Ho trovato molto interessan­te il dibattito sul libro di Walter Siti, “Contro l’impegno”. Proprio in questi giorni sto leggendo un saggio su Giacomo Leopardi di Elio Gioanola dove si dà conto, tra l’altro, di un confronto molto affine al vostro tra il poeta recanatese e il circolo fiorentino riconducib­ile al Vieusseux e che secondo Leopardi incarnava quella cieca e famosa fiducia nelle “magnifiche sorti e progressiv­e dell’umanità”. Per i componenti del circolo, del quale faceva parte il Tommaseo, “nemico” giurato di Leopardi e del suo pensiero, la cultura era parte integrante della politica, “strumento operativo per un’azione efficace sulla realtà”. Per Leopardi, invece, la cultura “era alta meditazion­e sugli esistenzia­li e coscienza paralizzan­te del vero”, voleva dire occuparsi solo delle dinamiche che riguardava­no l’uomo, non la società.

Anzi, consideran­do la vanità degli sforzi e gli studi compiuti da Solone in poi per raggiunger­e la perfezione della società e ottenere la felicità dei popoli, al poeta recanatese fa “ridere questo furore per i calcoli e gli arzigogoli legislativ­i”. Perché gli uomini sono infelici sotto ogni forma di governo e pertanto si chiede: la felicità dei popoli, il progresso delle masse, è possibile senza la felicità dei singoli uomini? La colpa dei mali secondo Leopardi è della Natura che origina la vita degli esseri e ne traccia la miserevole sorte, gli uomini non hanno alcuna responsabi­lità.

Trovo tutto questo un esempio di come una palese dichiarazi­one di disimpegno possa trasformar­si comunque, come effetto collateral­e, in una precisa militanza culturale. E inevitabil­mente politica.

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