Il conflitto impedirà qualunque accordo globale sul clima
L’Ucraina ha chiesto l’uscita della Russia dai quattordici trattati sull’ambiente La sua esclusione forzata dai negoziati potrebbe portare altri paesi a non partecipare ai tavoli
Una domanda che dobbiamo iniziare a farci è che conseguenze avrà la guerra sulla diplomazia per il clima. La lotta multilaterale ai cambiamenti climatici è fondata sulla cooperazione tra diversi (e spesso tra nemici), sulla creazione di uno spazio di dialogo tra i paesi che riesca a essere autonomo rispetto alle tensioni geopolitiche su confini, risorse, commercio. Questa guerra è scoppiata a quattro mesi dalla Cop26 e a otto dalla prossima conferenza, Cop27 che si terrà in Egitto a novembre.
Dialogo evaporato
Il dialogo tra i blocchi per una riduzione coordinata delle emissioni di gas serra era già in crisi dopo la conferenza sul clima di Glasgow, ora sembra proprio evaporato, completamente fuori dal tavolo. Che dialogo si può creare in un contesto così? Il 5 marzo il ministero ucraino dell’Ecologia e delle risorse naturali ha ufficialmente chiesto l’esclusione della Russia da quattordici trattati e convenzioni internazionali sull’ambiente, da quella contro il buco dell’ozono a quella contro la desertificazione.
Tra tutte le richieste di esclusione, quella che ha fatto più scalpore è stata quella di un’espulsione russa dalla United Nations Framework Convention on Climate Change, la convenzione Onu per la lotta ai cambiamenti climatici. Vorrebbe dire l’uscita della Russia dall’accordo di Parigi, un evento che avrebbe conseguenze e reazioni a catena devastanti. Le ragioni dell’Ucraina sono comprensibili. Nel documento scrivono che la Russia, dopo l’aggressione del 24 febbraio, non ha più la credibilità per fare parte di nessun accordo internazionale: citano i combattimenti nella zone di esclusione di Chernobyl e la cattura della centrale nucleare di Zaporizhzhya, che hanno «messo a rischio la sicurezza ambientale dell’umanità». Inoltre, «portando avanti un’invasione su larga scala dell’Ucraina, l’occupante ha violato la legge internazionale, i diritti umani, la sicurezza nucleare e la pace globale».
Fuori da tutto?
È improbabile e al momento fuori da ogni orizzonte che la Russia venga cacciata dalla convenzione Onu sui cambiamenti climatici e sollevata dagli obblighi dell’accordo di Parigi, ma la richiesta è un segnale di come la cooperazione tra le parti rischia di diventare un miraggio. Il blocco negoziale Umbrella, che comprende i paesi sviluppati non Ue (Australia, Canada, Giappone, Islanda, Israele, Nuova Zelanda, Norvegia, Ucraina e Usa) ha già espulso la Russia e la Bielorussia. Queste settimane di guerra avranno conseguenze a lungo termine sulla fragile geografia dei negoziati, che negli ultimi anni si era strutturata potendo contare almeno su un contesto di relativa pace tra i paesi più importanti. Serviranno risorse nuove per uno scenario nuovo: il mondo di Cop27 sarà molto diverso da quello raccontato a Glasgow.
C’è da dire che il contributo della Russia alla lotta al riscaldamento globale era già scarso prima della guerra, secondo la piattaforma di analisi Climate Action Tracker. L’obiettivo di Putin è una neutralità climatica al 2060, con una riduzione dell’80 per cento delle emissioni al 2050, ma non c’è nessun allineamento tra target e policy, quindi questi sono solo obiettivi sulla carta.
Alla Cop26 di Glasgow la Russia è stata uno dei paesi più attivi nell’ostacolare risoluzioni ambiziose e si è tenuta fuori anche dagli accordi più importanti presi a margine del negoziato principale, come quello sull’azzeramento della deforestazione al 2030 o il Global Methane Pledge sulla riduzione delle emissioni di metano.
D’altra parte, le cose non andrebbero meglio se la Russia fosse cacciata dai negoziati, non solo perché oggi è il quarto paese al mondo per emissioni totali di gas serra, ma anche perché l'uscita forzata della Russia potrebbe spingere altri paesi a fare altrettanto.