Il Sole 24 Ore - Domenica

LA STORIA DEL MONUMENTO A VITTORIO EMANUELE II Altare della Patria.

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La gestazione del Vittoriano, il monumento al primo Re d’Italia che doveva celebrare la raggiunta unità nazionale, fu lunga e travagliat­a: fra i libri che la raccontano

emerge La patria di marmo

di Marcello Venturoli (Nistri-Lischi 1953, poi Newton Compton 1995). Se ne cominciò a parlare dopo la morte di Vittorio

Emanuele II (1878), e un primo concorso, bandito nel 1880, fu vinto

dal francese Henri-Paul Nénot:

il monumento (un arco di trionfo

al centro di un’esedra a semicerchi­o) doveva sorgere a piazza Termini. Ma molti non gradivano che uno straniero firmasse un monumento tanto simbolico, e lo volevano in luogo più prestigios­o, «sul Colle Capitolino,

nel prolungame­nto dell’asse del Corso, ed in prospetto ad esso». Il concorso fu annullato e il secondo bando

(1882), pur contestato da molti

(il sindaco Torlonia, l’ex ministro Bonghi,

l’archeologo Lanciani), fu vinto da Giuseppe Sacconi, che seguendo Camillo Boito volle farne

il manifesto architetto­nico della nuova Italia. È il Vittoriano che

vediamo oggi in piazza Venezia

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