I Luoghi Santi del Poverello
Un saggio esemplare sulla presenza dell’Ordine in Terrasanta
Si ha un bell’inveire contro la storia fatta per centenari; come contro i festivals della storia, la storia-spettacolo, e via discorrendo. In tempi nei quali la storia è sempre più la cenerentola di quel che resta della scuola secondaria e le aule universitarie si svuotano costringendo le facoltà a sopprimere le cattedre, è importante che i professionisti della ricerca storica e i cultori seri della disciplina - che esistono, e non sono pochi - pensino con serietà alla legittima difesa.
E qualche risultato si vede. Il 2021 sarà Anno Dantesco, a sette secoli dalla morte del Poeta: e già insieme con molto baccano e molta paccottiglia, si stanno preparando anche alcune cose nuove, originali e attendibili. Sappiamo già - e ne stiamo tirando le somme - è accaduto nel 2019-20 in occasione dell’ottavo centenario del celebre viaggio di san Francesco in Terrasanta e in Egitto, con l’inevitabile strascico polemico a proposito d’Islam e di crociate.
Anche su ciò, assieme o troppe banalità o sciocchezze tanto prevedibili quanto inevitabili, un sostanziale passo avanti è stato fatto per tutto quel che riguarda non solo la storia del Povero d’Assisi e del movimento minoritico, ma in generale anche a proposito del Mediterraneo, del Vicino Oriente, dei rapporti fra mondo cristiano e mondo musulmano, delle crociate, dei pellegrinaggi.
Francesco in Oriente: centralità certo, ma anche problematicità e forse ambiguità di quel celebre passo della Regula non bullata del 1221, al capitolo XVI, nel quale si prescrive l’atteggiamento che il frate minore è tenuto a seguire quando si rechi in partibus infidelium. Che rapporto c’è, nella concreta realtà, fra quella raccomandazione di essere «soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessione di essere cristiani» e quell’autorizzazione, quando si sentano di farlo, di annunziare «la parola di Dio». Non v’è già, in tutto questo, spazio per la contraddizione fra umiltà e testimonianza, in prospettiva fra sottomissione e reazione che può condurre fino alla legittimazione dell’uso delle armi? Ed eccoci forse di nuovo alla distinzione (che può divenire contraddizione) tra i due poli già lucidamente segnalati da Grado Giovanni Merlo, il “francescanesimo” e il “minoritismo”, due termini che, dopo la sua lezione, è divenuto impossibile usare come sinonimi al contrario di quanto prima disinvoltamente si faceva. Ma in che misura ciò implica, se non un “abbandono” o addirittura un “tradimento”, quanto meno un “superamento” o una “ridefinizione” del messaggio del Fondatore? Si è come risulta evidente ben al di là dell’affascinante ma inestricabile pagina dell’incontro tra Francesco e il sultano alMalik al-Kamil, che forse ha fatto la parte del leone durante le celebrazioni centenariali.
La crisi universitaria ha determinato una dolorosa perdita di giovani ingegni che si sono allontanati dalle sempre più esili prospettive offerte dall’insegnamento e dalla ricerca nell’università. Molti promettenti laureati hanno scelto l’emigrazione e alcuni di loro si sono piazzati anche brillantemente in atenei esteri; altri si sono adattati all’insegnamento nelle scuole (nemmeno quella una via troppo agevole) o hanno cercato altre vie. Qualcuno, lo abbiamo purtroppo perduto come docente universitario ufficiale ma non come studioso che ha continuato a lavorare con e fra noi: e magari ha fatto una bella carriera. È il caso di Paolo Evangelisti, medievista e francescanista (minoritista?) noto per i suoi studi sul pensiero politico e su quello economico tardomedievale e protomoderno, il quale è oggi documentarista coordinatore dell’Archivio storico della Camera dei Deputati. Il suo ultimo libro, Dopo Francesco, oltre il mito, appare destinato per il suo solido impianto e il suo largo respiro - tre secoli di storia minoritica - a servire a lungo come piattaforma per future ricerche e discussioni.
È stato molto opportuno che questa ricerca abbia visto la luce una volta spentisi i riflettori del centenario e divenuto quindi necessario - lungi dal passar tranquillamente ad altro, come talora si fa - raccogliere i frutti di un intenso lavoro comune e trasformarli in prospettive per il progresso degli studi.
Ci si è fin troppo (e non sempre correttamente) chiesti se Francesco fosse “a favore” della crociata nel nome della santa obbedienza al papato o “contro la crociata” in quello dell’amore universale: il che è, in buona parte, uno pseudoproblema. Ben più importante l’iter energico e originale, perseguito con una pluralità di metodi e di prospettive, attraverso il quale i frati minori hanno tenuto fede all’amore del Povero di Assisi per i Luoghi Santi e al suo messaggio di fratellanza trovando il modo di reinsediarsi per tempo in Terrasanta dopo la cacciata dei latini del 1291 (già fino dal 1333) e di proporsi al tempo stesso come agenti di pace ma anche teorici della crux peregrina e predicatori della crociata, legati pontifici, diplomatici, missionari disposti anche al martirio ma al tempo stesso protagonisti - come con ardita efficacia Evangelisti afferma - di un vero e proprio welfare crociato in grado di agire concretamente e sensibilmente all’interno dell’articolato problema del reperimento e della gestione dei mezzi necessari all’organizzazione delle imprese crociate o di altre azioni ritenute sul piano canonico ad esse equipollenti: il che, come ben si vede ad esempio attraverso le bolle di Urbano IV inviate nel 1262 al ministro minorita di Provenza, ebbe capitale importanza anche nel campo della legislazione riguardante l’usura e in quanto riguardava il diritto testamentario. Evangelisti ci conduce con questo studio raffinato e articolato ben al di là delle secche della “contraddizione” tra spirito francescano di pace e gestione minoritica di predicazione, crociata e missione, mostrandoci al contrario la concreta dinamica attraverso la quale un Ordine nato all’interno di prospettive obiettivamente alquanto lontane dalla prassi politica pontificia approdò a una funzione di valido e indispensabile supporto alla vita e all’autorità della Chiesa.