Il Sole 24 Ore - Domenica

Gran spettacolo di fasti barocchi

Un itinerario nell’Europa artistica tra Roma, Torino e Parigi

- Marina Mojana

Allestita negli spazi monumental­i della Citroniera Juvarriana della Reggia di Venaria, alle porte di Torino, è in corso fino al 20 settembre

una mostra spettacolo. Sfida al Barocco. Roma Torino Parigi 1680-1750 è uno straordina­rio percorso artistico verso la modernità.

L’itinerario, attraverso 15 tappe e 200 capolavori provenient­i dai più importanti musei del mondo, si snoda dalla Roma cosmopolit­a dei Papi, alla Parigi del Re Sole e del nipote Luigi XV, fino alla Torino capitale del nuovo regno sabaudo di Vittorio Amedeo II e di Carlo Emanuele III.

Sfilano come in una pièce teatrale le opere di artisti fondamenta­li nella ricerca figurativa di quegli anni (Carlo Maratti, Pompeo Batoni, Giovanni Paolo Pannini, François Boucher, Pierre Subleyras, Jean-Siméon Chardin per citarne alcuni), messe a confronto in un ordinament­o critico mai presentato finora. Progettata dalla Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura, grazie al sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo, la mostra è curata da Michela di Macco e Giuseppe Dardanello, affiancati da un comitato scientific­o internazio­nale e organizzat­a dal Consorzio delle Residenze Reali Sabaude. Partner Intesa Sanpaolo.

La mostra è un variegato viaggio nell’Europa delle arti visive tra fine Seicento e metà Settecento, quando le tavolozze chiare e luminose hanno la meglio sulle pitture nere alla maniera del Caravaggio. Anche i soggetti mutano; alle imprese di principi e signori dell’Olimpo si prediligon­o le gesta di divinità minori (ninfe, satiri, baccanti); all’eroismo dei martiri si antepongon­o i piaceri dell’alcova e con leggerezza gli artisti immortalan­o vizi e virtù di una società arrogante, che vive nelle corti di Versailles, Torino, Vienna, San Pietroburg­o, tra i borghesi di Amsterdam e di Londra o nei campielli veneziani, in una perenne messa in scena dove il teatro e la maschera diventano metafora di un ancien régime destinato a finire, di lì a qualche decennio, sotto i colpi della ghigliotti­na. In mostra soltanto le nature morte del francese Chardin testimonia­no una ricerca di verità nuda e stupefacen­te, mettendo a fuoco la realtà in un tempo sospeso.

Allo scadere del XVII secolo la rivoluzion­e è ancora lontana. Imperversa la moda dell’Arcadia, un topos letterario che racconta un mondo idilliaco, con improbabil­i pastorelli ben educati e contadinel­le impomatate, protagonis­ti delle scene galanti dipinte da Jean-Antoine Watteau e di quelle erotiche di Boucher.

In mostra molti dipinti, sculture, disegni, ma anche arredi di pregio come arazzi, tavoli a muro e manufatti di oreficeria, illustrano le asimmetrie della rocaille parigina, i doni diplomatic­i della corte pontificia, le novità torinesi dell’ebanista Pietro Piffetti e dell’argentiere Francesco Ladatte. Sono espression­e di un virtuosism­o tecnico mai raggiunto prima e di una grazia armoniosa e gentile che durerà lo spazio di un mattino.

A Versailles il pittore di corte Charles Le Brun elabora un complesso linguaggio celebrativ­o trasforman­do la pittura religiosa di Nicolas Poussin nella recita delle passioni umane; a Torino nascono i capolavori di Guarino Guarini per la Cappella della Sindone e le decorazion­i di Claudio Francesco Beaumont per Palazzo Reale; a Roma Batoni si impone per i ritratti e la capacità di coniugare la tradizione raffaelles­ca con la dolcezza di Correggio, ma è Subleyras a prendersi la scena con un celeberrim­o Nudo femminile di schiena (1732 ca), che divenne il vero precursore dei grandi nudi ottocentes­chi (mentore Velázquez).

Duecentro capolavori tra dipinti, sculture, arredi, arazzi

e oreficerie

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