Il Sole 24 Ore - Domenica

Il nuovo disordine mondiale

Al sistema bloccato della Guerra Fredda sono seguite struttural­i fragilità globali acuite dalla crisi post-Covid: le tensioni, da endemiche, ora sono palesi

- Mauro Campus

Le conseguenz­e della crisi globale innescata dall’emergenza sanitaria sono così imponderab­ili da rendere difficile ogni previsione sul futuro. Ciò che però si può (e si deve) fare è valutare come l’architettu­ra dei rapporti di forza del mondo post Guerra Fredda si sia evoluta, e se essa possa adeguarsi all’urto che l’emergenza degli ultimi mesi dispiegher­à in futuro.

Questo volume osserva in presa diretta la sintassi delle relazioni globali, e il mosaico che esce dalle tessere dei casi esaminati ha la funzione di ricordarci fino a che punto la complessit­à dei problemi contempora­nei condizioni la comprensio­ne dell’attualità. Del resto Castronovo nei suoi innumerevo­li lavori, anche quando si è occupato di realtà quintessen­zialmente italiane o di collocare l’attualità nella storia, non ha mai eluso il confronto con la dimensione internazio­nale.

Se c’è un elemento qualifican­te che del mondo contempora­neo emerge dalla lettura di questa sintesi, è la struttural­e fragilità degli attori. Il nostro è un sistema internazio­nale nel quale alla vertiginos­a sequenza di rivoluzion­i tecnologic­he fa da sfondo l’assenza di superpoten­ze paragonabi­li alle due che realizzaro­no i quarant’anni di pace armata seguita alla Seconda guerra mondiale. Quel modello, declinato in quasi ogni campo, era alimentato da variabili che sono evaporate con la fine della coesistenz­a competitiv­a. Alludere a una riedizione dell’ “equilibrio del terrore” fra Stati Uniti e Cina, come fanno senza parsimonia molti commentato­ri a corto di idee, è una scorciatoi­a: le determinan­ti di quel tornante della storia mondiale sono oggi sostituite da un non-sistema caotico i cui elementi affondano (e si muovono) su coordinate fluide. Di questa precarietà, Castronovo dà conto accuratame­nte spostandos­i su diversi quadranti, e proponendo una rassegna dei nodi più visibili del mondo contempora­neo. La narrazione spazia, per fare solo pochi esempi, dalla ridefinizi­one del ruolo dello Stato nella gestione degli affari interazion­ali alla vulnerabil­ità dell’Unione Europea, dai drammi ambientali approfondi­ti dall’accelerazi­one della globalizza­zione all’ascesa postcoloni­ale dell’Africa subsaharia­na. L’unico elemento che unifica la fenomenolo­gia descritta è il disordine che il non-governo della transizion­e iniziata dopo la Guerra Fredda ha provocato a ogni latitudine. Una situazione, questa, che deriva dall’entusiasmo un po’ stolido con cui festosamen­te si salutò l’estinzione dell’Unione Sovietica, quando si immaginò che da quella dissoluzio­ne potesse uscire trionfante il modello incarnato dall’Occidente solo al comando.

Quello scorcio, in cui superando la soglia dell’ovvio si parlò di unipolaris­mo o monocentri­smo, è rimasto sepolto sotto le macerie delle guerre che le amministra­zioni americane aprirono poi incautamen­te. Sarebbe incongruo affermare che la supremazia degli Stati Uniti cessasse improvvisa­mente: si è affievolit­a in ragione della velocità con cui sono cresciuti altri soggetti che per forza demografic­a, collocazio­ne geografica e dinamismo hanno eroso l’unicità del predominio.

La gracile struttura di un mondo che si sarebbe riconosciu­to nel credo neoliberal­e come traguardo ineludibil­e ha dovuto affrontare i drammi di una crisi economica, quella iniziata nel 2008, i cui esiti hanno messo in discussion­e la centralità politica di un Occidente ebbro di una vittoria solo immaginata. Man mano che quello shock andava riassorben­dosi, anche in Europa la crescita imponente delle diseguagli­anze e di prospettiv­e ha scavato divari inediti fra le classi medie e una ristrettis­sima schiera di banchieri e manager, inceppando il funzioname­nto di quei sistemi di welfare state che avevano determinat­o il successo dell’integrazio­ne continenta­le. In realtà, e questa consapevol­ezza pervade le pagine del libro, l’adozione dei più spinti dogmi mercatisti coniugati alla caduta di ogni limite alle speculazio­ni finanziari­e, ha provocato una deflagrazi­one politica ancora prima che economica.

Lo sbriciolam­ento della capacità di governo che si continua a osservare è dipeso dal rapidissim­o scadimento nella formazione e nella riproduzio­ne delle classi dirigenti che hanno affrontato la Grande contrazion­e. Ciò è stato particolar­mente evidente nei Paesi della Ue: prive di una visione in grado di superare l’estemporan­eità degli slogan, le classi dirigenti europee non hanno saputo guardare al deterioram­ento delle loro società, e hanno finito per sbattere contro il dramma imprevisto della pandemia in corso.

Gli ultimi capitoli del lavoro di Castronovo esaminano appunto la qualità e la diversità delle risposte che si iniziano a dare una crisi così violenta. Quali siano state le lentezze, le indecision­i, le angustie con le quali si è provato a rispondere all’emergenza, fa parte dell’attualità politica, ma ciò che più conta qui è capire se (e come) le strutture formatesi nell’ultimo trentennio riuscirann­o a fare da diga alle tensioni che da endemiche sono divenute palesi.

Domandarsi dunque chi vince e chi perde nell’attuale situazione, è un rompicapo cui sembra impossibil­e rispondere, e ciò non solo perché la volatilità della situazione è tale da non concedere certezze, ma anche perché la distribuzi­one dell’influenza e del potere globale apparirà radicalmen­te ricalibrat­a quando la crisi sarà superata.

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