Stare lontani ma vicini: lezioni di convivenza
In edicola «Io, tu, noi» di Vittorio Lingiardi
Son contento che Io, tu, noi abbia una nuova vita dopo il lockdown. Propostomi da Giulia Cogoli per la decima edizione dei Dialoghi sull’uomo di Pistoia, ha per tema la convivenza. Attento da sempre, per indole e professione, alle dinamiche personali e politiche del convivere, mai avrei pensato che, nel giro di pochi mesi, il tema di questo libro sarebbe diventato l’esercizio quotidiano dei nostri lockdown. Stare vicini, stare lontani, vivere con se e con gli altri - in famiglia, a scuola, al lavoro; esporsi e isolarsi, proteggersi e proteggere, spaventarsi, curare: questi i temi del libro e, imprevedibilmente, delle nostre giornate.
Non l’ho scritto per virtù profetiche, forse piuttosto per un’accelerazione della sensibilità, la consapevolezza che la convivenza era già il problema. E che noi eravamo già cambiati: virtualizzazione dei rapporti (vicini anche se lontani vs dimenticarsi il corpo, la faccia e le relazioni toccanti), avanzata del lavoro agile (comodità in famiglia vs spaesamento in solitudine), seduzione dell’e-learning (stare comunque con gli allievi vs sacrificare maieutica e intersoggettività). Le nostre quarantene, la chiusura dei confini, la preoccupazione del contagio (fino alle conseguenze domestico-regressive), la negazione del contagio (fino alle conseguenze antisociali), la cura e l’ascolto, la legge del più forte, il valore fisico e simbolico della soglia, la scoperta delle finestre (aperte, chiuse, socchiuse) sono tutte esperienze di convivenza che abbiamo messo alla prova mettendoci alla prova. Fino alla più impegnativa, la prima a coglierci alla sprovvista: l’elaborazione individuale e collettiva del lutto, la cura delle ferite e delle cicatrici post-traumatiche. Tutto questo, che qui ho malamente riassunto, di volta in volta declinato alla luce della qualità delle nostre relazioni, delle risorse mentali, della personalità e dei nostri meccanismi di difesa (che non sono solo immunitari ma anche psichici). Ogni esperienza, insomma, ripensata al confine tra l’oggettività della minaccia e la soggettività della risposta. È questo Io, tu, noi: l’idea che la convivenza, la difficile arte della convivenza, si regge sull'equilibrio di tre sistemi.
Siamo una casa a tre piani. Se non so convivere con me stesso, dialogando con i molti che mi abitano, non vivrò bene con l’altro e con gli altri. Non siamo un sistema isolato, impensabile è un io senza un tu e senza un noi. Il movimento verso l'altro – un passo oppure un salto – è l’ingresso in una stanza nuova (ma arredata con i mobili della nostra infanzia) del nostro mondo interno. Senza un tu, la pienezza di me potrebbe tradirmi, il vuoto inghiottirmi, la solitudine prendermi con sé. Senza una comunità, la coppia sarebbe chiusa sui suoi bisogni, sui piaceri e dispiaceri della vita amorosa. Non ci sarebbero le persone che non conosciamo, lo star bene degli altri non ci farebbe da barometro. Senza un tu l’io si svuota. Senza un noi il tu si inaridisce. Ma se è tutto per gli altri, sordo a se stesso, l'io si calpesta. Aspiriamo alla totalità e inseguiamo la sintesi, ma dobbiamo arrenderci a negoziare la parzialità. Cerchiamo l'uno, ma siamo in mille. Quando entriamo nella casa a tre piani incontriamo la complessità e la bellezza di conciliare i nostri conflitti, imparare ad amare nel ritmo delle rotture e delle riparazioni, abitare i permeabili confini del mondo tra curiosità e paura, nostalgia e trasformazione.
Mi piacerebbe che la lettrice/il lettore di questo libro arrivasse a sentire sotto la propria pelle i tre cerchi che si toccano nell’immagine di copertina. Non solo come opzioni teoriche, ma come esperienze possibili. Che riuscisse a tradurli in attitudini vitali: il cerchio flessibile e insaturo dell’identità che tocca quello della relazione, tiepido oppure incandescente, che tocca a sua volta quello inclusivo della comunità, il quale inevitabilmente si rispecchia e ripercuote nella vita del singolo, e così via.
Lo scopo di questo libro (fatto anche di ricordi, di esperienze cliniche, di film, poesie e altri libri) è raccontare un’intersoggettività ideale immaginandola come l’intreccio dei tre anelli dell’io-tu-noi. Ne scaturisce un soggetto dinamico, unico ma molteplice, una mente-cuore in dialogo con l’altro e con il mondo. Capace di solitudine come di ascolto, abitante di sé e cittadino dell’altro, rivolto al tu, disponibile al noi. Un soggetto esteso, ramificato e vitale. Il viaggio di questo libro inizia nei territori della psiche per finire in quelli della politica. Perché la psiche spesso è politica e la politica è spesso psichica. E allora la domanda non può che essere al contempo psichica e politica, e del tutto personale: da quale anello inizierai a imparare la difficile arte della convivenza?