Superare il confine tra naturale e artificiale
Dopo Tesla e SpaceX, Elon Musk si è lanciato in una nuova impresa,Neuralink, un’azienda di neurotecnologie quotata in borsa la cui mission è, almeno per il momento, quella di sviluppare interfacce neurali impiantabili. L’azienda ha come obiettivo a lungo termine la realizzazione di un’interfaccia cervello-computer che consenta di impiantare dispositivi nel cervello umano, dapprima per curare patologie neurodegenerative e in un secondo tempo per migliorare le funzioni cognitive attraverso vere e proprie neuroprotesi.
Al giorno d’oggi, esistono già alcune neuroprotesi che possono interpretare i segnali cerebrali e permettere ai disabili di compiere azioni diverse. Queste protesi si basano sul posizionamento di alcuni elettrodi sul cuoio capelluto di persone affette da una paralisi motoria globale: gli elettrodi rivelano l’attività elettrica della corteccia motoria quando una persona immagina di compiere un movimento con le braccia, le gambe oppure la testa e, tramite un’interfaccia, possono controllare un mouse, la tastiera di un computer o l’attività di un esoscheletro, un apparecchio cibernetico in grado di potenziare le capacità fisiche (movimenti) dell’utilizzatore che ne è rivestito e che costituisce una sorta di muscolatura artificiale.
Mentre questo tipo di protesi non comporta l’inserimento di elettrodi sulla superficie cerebrale, un ulteriore avanzamento implica un’interfaccia cerebrale ultrasottile e flessibile con migliaia di minuscoli elettrodi che può essere innestata nel cervello e qui restare per numerosi anni. Uno dei maggiori problemi nell’uso di queste protesi, basate su pochi oppure su migliaia di elettrodi, è stata la ricerca di un materiale che non si ossidi a contatto col cervello. Gli studi in questo settore hanno portato a un enorme miglioramento della qualità degli elettrodi che oggi si interfacciano senza grandi problemi con le cellule nervose.
L’impianto di elettrodi consente sostanzialmente due possibilità. Da un lato, stimolare alcuni nuclei nervosi con una sorta di pacemaker, come già avviene nel caso delle protesi impiantate in persone che soffrono del morbo di Parkinson, dall’altro registrare l’attività di aree della corteccia cerebrale ed eventualmente modificarla attraverso interfacce neuro-robotiche. Nel caso più semplice sarebbe possibile rilevare la decisione di compiere un movimento (in persone paralizzate) e regolarne l’esecuzione attraverso un programma di apprendimento informatizzato.
Un approccio simile può contribuire a tracciare il contenuto di informazioni del cervello, ad esempio, basandosi su quei segnali che predicono un’intenzione di muoversi o di compiere una determinata scelta. In questi casi, l’interfacciamento consentirebbe di predire un comportamento, prima che il soggetto ne sia consapevole.
I massicci investimenti in questo settore lasciano prevedere che il campo delle neuroprotesi avanzerà molto rapidamente: più remoto, problemi di identità personale ed etici a parte, appare il sogno di Musk, potenziare le capacità umane per tenere il passo con i progressi dell’intelligenza artificiale.