Il Sole 24 Ore - Domenica

Il killer Rezza tra i trulli senza santi

- Renato Palazzi

Antonio Rezza non consente mezze misure. O lo si prende per quel genio sregolato che è, restìo a ogni limite e confine, o se ne resta soltanto infastidit­i. Col suo estro beffardo sfugge a qualunque categoria: irrita, punge, disturba, spesso fa ridere ma non è un comico, è un fool cattivo che addenta la realtà e la riduce a brandelli, la trasforma in un magma insensato di voci, gesti, suoni.

Leone d’oro alla carriera alla Biennale Teatro 2018, Rezza ha per habitat ideale il palcosceni­co, ma con la sua alter ego creativa Flavia Mastrella, artista e coautrice, ha anche realizzato film e programmi televisivi. Ora i due tornano alla Mostra del Cinema di Venezia, che già li aveva ospitati, con una nuova pellicola, Samp, presentata nelle Giornate degli Autori.

Come descrivere ciò che accade in Samp, il cui titolo si riferisce a San Paolo, di cui però nella trama non appare traccia? Nel film, girato in varie località della Puglia, fra trulli, uliveti, antichi borghi e moderne strade cittadine, Rezza incarna un improbabil­e killer in giacca rosa che una sorta di boss del posto, doppiato da Valerio Mastandrea, ha assoldato per «uccidere gente legata alle tradizioni, che pensa e agisce in modo naturale».

Mentre spara, con un buffo tubo di rubinetto usato come pistola, alla propria madre, ad alcune casalinghe, a due bambini, lo stralunato personaggi­o vaga in cerca di una donna di cui innamorars­i. Attorno a lui, fra gli altri, un tipo che scuote l’auto in angoli appartati per far credere di consumarvi focosi amplessi, e un giovanotto in kilt e giacca rossa che dice di aver rinnegato la madre Scozia e odia le cornamuse.

Il prodotto di questo immaginari­o esagitato, la cui lavorazion­e si è protratta per diciannove anni, fa a pezzi tutti gli schemi narrativi, mette a repentagli­o ogni certezza estetica. La forza di Rezza, a teatro, è la prorompent­e fisicità, qui sostituita dalle riprese distorte, con inquadratu­re di sbieco e dal basso, dal linguaggio storpiato, a volte incomprens­ibile, dai colori accesi.

Per certi aspetti, e non solo per l’ambientazi­one pugliese, viene da pensare a Nostra signora dei Turchi di Carmelo Bene, un suo “doppio” in qualche modo a rovescio: scabro, scalcinato dove l’altro era barocco, derisorio dove l’altro era concettual­e. Ma i due film sembrano avere la stessa sintassi disarticol­ata, lo stesso andamento ritmico spezzettat­o, a brusche cesure.

Rezza mostra le chiappe nude, balla improbabil­i danze rituali, succhia un prosperoso seno per farsi il cappuccino. Sono divertenti certe invenzioni verbali, «Sadomaso d’Aquino protettore del sesso estremo», «Quale donna per me? Quella che mi tratta con indifferen­za o quella che mentre ama crea turbolenza?». Ma è soprattutt­o irresistib­ile il rapporto con gli abitanti dei luoghi, che entrano nell’azione, fingono di farsi sparare, cadono morti ridacchian­do poco convinti.

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Antonio Rezza, protagonis­ta del film di cui firma la regia
«Samp». Antonio Rezza, protagonis­ta del film di cui firma la regia

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