Portarsi a spasso un drago
Un testo dell’eclettico Carlo Mollino: un manuale che il geniale architetto torinese aveva scritto per accompagnare un fantastico animale di carta, regalo per gli amici
Del buon uso del tempo, del giusto valore da dare al lavoro, dell’oziare passeggiando, e producendo pensieri saggi, dell’abolizione dell’orologio da polso. Ma, ancor meglio di così, come si potrebbe dire, compendiando ed esplicitando tutte queste auspicabili attività in un gesto, un’invenzione, una superba curiosità, una gioiosa occasione che le racchiuda e metta in pratica? Ah, sì, certo, naturalmente. Del drago da passeggio.
Nel panorama degli eccentrici italiani, degli incommensurabili, dei geni puri, talmente trasversali che non solo sfuggono alle classificazioni ma le rendono inadeguate, inutili e dannose, l’ “enigma Carlo Mollino” (parole del suo massimo profeta, Fulvio Ferrari) resta il più luminoso e intrigante del nostro Novecento. Architetto, fotografo, designer, scrittore, teorico dello sci..., sì certamente tutto questo, ma anche decritattore di messaggi dalla camera oscura, instancabile disegnatore di arabeschi, superbo inventore di macchine da corsa, sommo progettista di abitazioni segrete, ideatore di aerei da acrobazia e molto altro da aggiungere, e studiare, e meditare, e ammirare, eccolo tornare alla ribalta in questi giorni con iniziative che riportano al suo nome, al suo fascino, al suo instancabile mistero. E se alla Collezione Maramotti lo si celebra con una mostra eccellente («Mollino/ Insides», dal 3 ottobre, catalogo Silvana) che ha per vero centro tematico la sua casa misterica di via Napione a Torino, e che affianca ad alcune sue polaroid erotiche gli scatti di Brigitte Schindler (capace di restituire l’ambiente con un curatissimo equilibrio di riflessi e metamorfosi) e le opere pittoriche del portoricano Enoc Perez; a Milano (mercoledì 16, ore 18,30, Zanotta showroom) si presenta la collezione di riedizioni Zanotta di alcuni suoi pezzi di design (dallo specchio Milo e al comodino Carlino, entrambi per l’arredo di Casa Miller, allo stupefacente tavolo Reale, un esemplare del quale fu in casa Orengo): il volume, denso e succoso, è di Pier Paolo Peruccio e Laura Milan e si intitola Carlo Mollino Designs (Quodlibet, pagg. 112, € 18, in libreria dal 1° ottobre).
Ma, alla sfilza di attributi di cui sopra non possiamo certo tacerne o dimenticarne uno tra i più sublimi: ed è “generoso donatore e risuscitatore di draghi”. Perché, sì, è ancora un’altra la ghiottoneria per bibliofili, appassionati, sognatori e cultori dell’universo molliniano: la riedizione di un testo – Del drago da passeggio, appunto – che De Piante manda in libreria, sovraccoperta d’artista di Luigi Serafini e nota di Fulvio Ferrari, in 200 imperdibili esemplari (pagg. 26, € 30) e 20 copie con la cartolina della modella velata e relativo, occhiuto e allegro, drago da passeggio al guinzaglio (ritocchi a mano in oro del nostro, € 100). Eccola, la mirabilia del draghetto, creatura di carta dall’anima immortale, in compagnia di una delle vestali e amiche di Mollino, al secolo Rina Pistoi, la casa della quale fu ugualmente arredata dall’architetto. In un’asta di qualche anno fa, furono battuti gli arredi di casa Pistoi e anche quel piccolo drago, la cui storia merita qui di esser detta.
Siamo nel 1963, e Mollino, mente d’artista, acquista alla Rinascente (che allora dedicava Settimane a nazioni diverse, in questo caso il Giappone), una serie di draghi-origami di carta. Sa già come li potrà utilizzare. Con opportuni ritocchi, prestigiose decorazioni, pennellate d’oro, occhi da bambola e un piccolo meccanismo per la deambulazione aggiunti, gli inerti origami diventano scintillanti “draghi da passeggio”, che Mollino offre in dono agli amici per il Capodanno 1964: con qualche giorno di ritardo, si intende, ché un po’ di tempo doveva, per coerenza filosofica, essere perso.
A ciascuno di questi draghi, Mollino acclude un librino, che contiene la numerazione dell’esemplare e il nome dell’animale (quello per la Pistoi, il numero 10, era «notte tra i lillà») «costruito e decorato a mano in copia unica» per l’amico (uno andò all’artista Carol Rama, ed è stato recentemente esposto; degli altri, in tutto una decina, è difficile ritrovare traccia). E in questo «Libretto d’uso e Manutenzione» Mollino la prende alla larga: spiega perché il «il noto drago del Panjab, di piccola taglia, di singolare intelligenza e vago aspetto» si adatti immediatamente al “paesaggio interiore”, non già del «proprietario» cui è offerto in dono, ma del «compagno». Ed è un fulminante testo filosofico, che ragiona, con cognizione di causa, vasti riferimenti teorici, allusioni e ironiche divagazioni che sapientemente mischiano il serio e il faceto (ma dicono cose profonde in righe di apparente leggerezza), sul perché quell’animale docile – ma non «servile», né «ribelle» – è molto più che un prezioso regalo e una simpatica trovata. Non a caso, Mollino lo dona agli amici «più cari e spiritualmente preparati». Spiritualmente preparati: è la chiave per capire la portata dell’operazione (pochi draghi per pochi, si potrebbe dire, per parafrasare lo slogan della De Piante). Mollino non avrebbe scritto quel sintagma con leggerezza: sapeva che per apprezzare – e usare in modo appropriato! – il drago da passeggio bisognava capire nel profondo il suo significato. Nell’anno di grazia 1964, Mollino stava, cioè, dicendo ai suoi amici (e, ora, a noi) come stare al mondo, ritrovando corretta considerazione di sé. Essere degni di portare a spasso quel drago e farlo bene è scelta d’elezione. «In generale il drago appare presso tutti i popoli in epoche e latitudini diverse, necessario allo spirito. Ignorare il senso del drago è come ignorare il senso dell’Universo: se non esistesse occorrerebbe inventarlo». Non potendo noi, purtroppo, averne uno di sua mano, chissà che non ci basti di leggerne le virtù in questo aureo libretto e immaginare di averne al guinzaglio. Per poter perdere, con lui, e grazie a lui, la cognizione del tempo: e cioè ritrovarlo, nella sua essenza. A patto di essere, ovviamente, «spiritualmente preparati». Lo siete? Lo siamo?