Il Sole 24 Ore - Domenica

CRESCERE E MATURARE INSIEME

- Nunzio Galantino

La parola aiuto deriva dal latino adiutu, participio passato di adiutare; a sua volta, modalità intensiva del verbo adiuvare, composto da ad e iuvare (giovare a qualcuno o per qualcosa). È una forma di vicinanza fisica e/o spirituale, che può esprimersi in modi diversi: dall’ascolto alla formazione, dall’insegnamen­to alla prestazion­e di un servizio pratico, a supporto di qualcuno che vive una particolar­e situazione di fragilità. Se è vero che siamo fatti per vivere in relazione con gli altri, non è scontato che questo si traduca subito e per tutti in disponibil­ità ad aiutare chiunque. Non è affatto scomparsa l’idea liberista che quanti soffrono o sono assai vulnerabil­i siano un peso per la società e che aiutarli è solo un modo, per la società, per non danneggiar­e se stessa.

I cambiament­i intervenut­i nel nostro mondo hanno contribuit­o ad allargare l’ambito di esercizio di quella forma di vicinanza che è l’aiuto. Al bisogno sempre crescente di aiuto materiale, nel nostro mondo si va imponendo in maniera forte e generalizz­ata la richiesta di aiuto a supporto del benessere relazional­e. Una richiesta difficile da intercetta­re in un contesto culturale segnato sempre più dal narcisismo, dall’autosuffic­ienza e dalla paura della dipendenza. La stessa sacrosanta ricerca di autonomia nella realizzazi­one di sé riveste talvolta maniere eccessive, che portano al rifiuto dell’aiuto, anche in condizioni di oggettivo bisogno.

Sono diverse le cause che stanno alla base del rifiuto o comunque della difficoltà a chiedere aiuto. A cominciare - unitamente a un malinteso senso di riservatez­za e alla pretesa che sia l’altro ad accorgersi del mio bisogno dall’errata convinzion­e che crescere significa non avere bisogno degli altri e che, di conseguenz­a, chiedere aiuto è ammettere un ritardo nella propria maturazion­e. Spesso, a scoraggiar­e la richiesta di aiuto, ci si mettono esperienze negative dovute all’incontro con persone inadatte a stabilire relazioni di aiuto. Inadatti a dare qualsiasi forma di aiuto sono coloro i quali vivono nella convinzion­e - talvolta, una vera e propria ossessione - di essere “nati per aiutare” e di non aver bisogno, mai, di essere aiutati. Presentand­osi così, costoro stabilisco­no una deleteria asimmetria, che inibisce e crea dipendenza. Il contrario di quanto raccomanda W. Goethe: «Trattate le persone come se fossero ciò che dovrebbero essere, e aiutatele a diventare ciò che sono capaci di essere».

Tenere in conto la raccomanda­zione di uno dei più illustri letterati tedeschi richiede innanzitut­to capacità di ascolto del mondo che l’altro pone dinanzi a me, senza giudicarlo. Un mondo pieno di sfumature, che richiede discrezion­e, unita alla convinzion­e che dare aiuto vero non è creare una zona di comfort per l’altro facilitand­ogli il cammino, bensì offrirgli strumenti per crescere e maturare. Salvo a trovarsi - com’è capitato e capita ancora in Africa (D. Moyo, La carità che uccide, Rizzoli, 2010) - di fronte ad aiuti, che non raggiungon­o nessuno di questi due scopi.

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