E in Russia esplose la «libido»
Così tra Otto e Novecento l’«intelligencija» interpretò e sviluppò le ricerche avviate da Sigmund Freud a Vienna
Eros dell’impossibile è l’espressione usata dal maggior esponente del simbolismo russo, Vjačeslav Ivanov, per descrivere lo stato d’animo culturale nella Russia della cosiddetta Età d’argento, i decenni a cavaliere tra Otto e Novecento. Un’epoca di grandi speranze e delusioni, suicidi e profezie, religione e politica, scienza, magia e antroposofia. Aleksandr Etkind, psicologo e storico delle relazioni Russia-Europa, dà voce, mille voci, a questo eros. Lo fa in un libro da tempo apprezzato all’estero e ora finalmente tradotto nella nostra lingua per la cura di Luciano Mecacci, studioso di grande respiro e già professore di Psicologia generale all’Università di Firenze.
Definire Eros dell’impossibile una «storia della psicoanalisi in Russia» è riduttivo. A questo saggio bene si applicano le parole che Nietzsche scriveva a Lou AndreasSalomé: «la Sua idea di una riduzione dei sistemi filosofici ad atti personali dei loro autori [è buona] [...] ho esposto la storia della filosofia antica in questo senso, e amavo dire ai miei uditori: “Questo sistema è confutato e morto - ma la persona che vi sta dietro è inconfutabile, la persona non si può far morire”». Proprio perché garantito da un apparato documentario e paratestuale impeccabile, Eros dell’impossibile va letto come una fantasmagoria di personalità e relazioni toccate nei modi più vari dalla psicoanalisi: esercitata sugli altri, sperimentata su di sé, scritta e studiata, e infine purtroppo osteggiata fino alla distruzione. Nel tessuto di questa evocazione polifonica, resa ancora più viva da una galleria fotografica con i volti dei protagonisti, Etkind mostra come molti dei temi affrontati dalla nascente psicoanalisi viennese fossero al centro anche delle ricerche dell’intelligencija russa prebellica e poi post-rivoluzionaria.
Eros dell’impossibile è un affresco cabalistico, un caleidoscopio di vite parallele che illuminano un’intera stagione culturale e oserei dire antropologica. Vite sfolgoranti e folgorate da una scintilla psicoanalitica. Ne menziono alcune: Sabina Spielrein, esperimento vivente dell’attrazione controtransferale di Jung, inventrice del concetto di “pulsione di morte” che poi Freud in parte le scippò, trucidata nel 1942 dai nazisti in Russia davanti alla sinagoga di Rostov; Lou Andreas-Salomé, adorata da Nietzsche, amata da Rilke, ammirata da Freud, ma soprattutto padrona femminista di se stessa; Sergej Pankeev, il paziente freudiano di Odessa noto come l’“uomo dei lupi”; Max Eitingon, psicoanalista di origini bielorusse, fondatore, con Karl Abraham, dell’Istituto psicoanalitico di Berlino e poi dell’Istituto Psicoanalitico Ebraico di Gerusalemme; i filosofi Vladimir Solov’ëv, Nikolaj Berdjaev e Vasilij Rozanov (quest’ultimo, marito di un’altera amante di Dostoevskij, si conquistò una fama scandalosa per i suoi tentativi di spiegare i misteri del sesso nella cornice radiosa di una religione cosmica); Andrej Belyj, che nei suoi romanzi ricostruì le esperienze della prima infanzia; il critico Michael Bachtin, la cui intera opera dialoga, in modi ora aperti ora più impliciti, con Freud; Aleksandr Blok, che sposò Ljuba Mendeleeva, figlia del grande chimico Mendeleev, e scrisse l’enigmatico poema dodici; Michail Zoščenko, scrittore satirico, che si curò con un’autoanalisi di dieci anni eseguita sotto la diretta influenza di Freud; Michael Bulgakov, geniale autore di Il Maestro e Margherita, appassionato di ipnosi e protetto dall’amicizia dell’ambasciatore americano a Mosca William Bullitt (che fu paziente di Freud e col maestro viennese scrisse una psicobiografia del presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson). E ancora i fondatori della Società russa di psicoanalisi, Moisej Vul’f, Tat’jana Rozental’, Michail Asatiani, Leonid Droznes e soprattutto Nikolaj Osipov, primo divulgatore in patria del pensiero freudiano, fondatore nel 1910 della rivista «Psichoterapija» ed emigrato per sempre in Occidente negli anni Venti; gli scienziati Lev Vygotskij e Aleksandr Lurija, quest’ultimo il più importante psicologo del periodo sovietico, che iniziò la carriera come segretario della Società russa di psicoanalisi per poi seguire altri destini. La danza delle personalità convocate da Etkind non poteva trascurare Lev Trockij e il suo interesse
IOnirico. Konstantin Juon, Nuovo pianeta (particolare), 1921,
Mosca, Galleria Tretyakov
1935 sporchi e vestiti di stracci, vagavano per le città e le campagne russe. All’inizio degli anni 20 erano quasi 7 milioni su una popolazione di 150 milioni. Di loro Majakovskij scriveva: «Tra i pensieri che vengono/ inondando il paese/sulla fronte del paese/
tutta rughe per le avversità/
all’ordine dell’anno/del mese/del giorno/ mettete lo slogan: lotta alla piaga dei
besprizornye»
Un vivace caleidoscopio di donne e uomini
folgorati dalla nuova disciplina