AMICA VERITAS
s«Vedere, prevedere e provvedere», come scriveva August Comte (1798-1857) padre del positivismo. Metodo trasteverino ignorato in questi tempi di pandemia. Ma è mai possibile, a poche ore dall’arrivo salvifico di Mario Draghi, la gran beffa a danno dei montanari? Brava gente, che subito dopo l’autorizzazione a riaprire impianti si riorganizza - a puntino le piste, rinnovate le scorte degli alberghi - e con un coup de théâtre si sente dire: richiudete tutto, illico et immediate! Mentre le piste engadinesi e del Vallese sono affollate di italiani che si godono le nevicate eccezionali, lasciando nelle peste i nostri. Di tempra leggendaria, pronti a fatiche sovrumane nei secoli, malvestiti e malcalzati nel gelo. Niente Goretex e piumini griffati, niente corde impermeabili e leggere. Le meravigliose fotografie di Vittorio Sella (18591-943), nipote di Quintino, il fondatore del CAI (1863), ci raccontano quell’epoca eroica di fatica tra ghiacciai inviolati, in competizione con austriaci e soprattutto inglesi, i più arditi. Sulla pandemia identico zigzagare, in un gioco di equivoci che in più favorisce il malaffare. Per fortuna, accanto allo «stream of consciousness» sul virus c’è lo sforzo benemerito ed encomiabile di divulgazione. Mai come questa volta si è percepita la necessità di un accrescimento globale del livello della cultura nel mondo. Difficile però capire quale sia il senso nel cosiddetto “creato” di far atterrare sul pianeta, di tanto in tanto, un virus. O, dal versante “laico”, come giustificarlo e inserirlo nella teoria dell’evoluzione. A meno che non siano “alieni”, come nella teoria panspermica sull’origine della vita da altre galassie, in cui credeva appieno Margherita Hack (1922-2013). Mephisto, oltre a consigliare i freschi vaccinati ad essere ancor più prudenti, perché gli anticorpi ci mettono una quindicina di giorni a svilupparsi, sussurra anche agli scienziati divulgatori di sfatare qualche mito: il virus cammina, si sposta, sono arrivate le varianti inglese, brasiliana e la più temuta sudafricana... È il momento di spiegare che il virus muta in maniera casuale, perché nel riprodursi il suo programma fa errori e perde qualcosina delle sue proteine. A volte diventa più aggressivo, a volte gli capita l’opposto. Bisogna sequenziarlo, per vedere se qualche anello della catena, qualche amminoacido, si è impasticciato. Un errore nella riproduzione - le varianti - avviene identico in tutto il mondo: se lo si scopre prima in Italia potremo chiamarlo italiano, se in Inghilterra inglese e così via. Il virus non si mette perfidamente in marcia per farci male. Siamo noi che lo portiamo qui e là quando non usiamo mascherine o gli diamo un passaggio in aereo. Ma alla fine ne usciremo più forti (malgrado l’inciviltà dei soliti idioti, accalcati in massa a Milano fuori dallo stadio) e la scienza, dopo la tragedia, consegnerà un altro frammento di risposta alla domanda: «Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?» (Paul Gauguin, 1897, Boston, Museum of Fine Arts).