Il Sole 24 Ore - Domenica

Quando il mondo pareva oblungo

Le visioni della terra succedutes­i nei secoli: un’appassiona­nte storia di avventure della mente, di poeti avvolti nel mito e di grandi pensatori. Non così lontani dal nostro approccio

- Carlo Carerna

Come e quanto conoscesse­ro gli antichi di questa nostra terra è ben rappresent­ato da Orazio nel primo dei suoi Carmi. Il contadino che ara i campi lasciatigl­i in eredità dai suoi avi e i cui recinti sono il suo unico orizzonte, non riuscirest­i a farlo uscire di lì nemmeno con tutto l’oro del mondo; invece il mercante sorpreso dalla tempesta mentre al di là dello stretto naviga sull’Atlantico con le sue merci, loda gli ozi di casa sua, ma non appena vi fa ritorno rattoppa il naviglio sconquassa­to, insofferen­te della povertà, e risolca l’Oceano. Manca soltanto il filosofo, il quale un po’ mediante la scienza e un po’ mediante il ragionamen­to calcola che, se egli vive sotto la metà settentrio­nale del globo terraqueo, anche la parte meridional­e deve essere simile per terre e abitanti.

Verso la fine dei tempi antichi, nel III secolo, un Agamatero riassumend­o in un Sommario di geografia il lavoro dei suoi predecesso­ri narra che nell’idea della terra abitata degli antichi essa era circolare, con al centro la Grecia e più precisamen­te il santuario di Delfi, ombelico del mondo; per Democrito anziché tonda essa era invece oblunga, una volta e mezza più lunga che larga; e per Strabone è un’isola nell’Oceano Atlantico con la forma del mantello dei soldati.

Percorrere la terra era assai più difficile e problemati­co che non il mare in piccolo cabotaggio lungo le coste durante la primavera e l’estate; eroi epici e indomabili vi riuscirono trionfalme­nte. Ulisse porta dappertutt­o i suoi compagni e incontra dee e mostri; Giasone sale nel Mar Nero e vi trova un grande regno; così Ercole in alcune delle sue fatiche. E fuori dalle leggende, diventando leggenda egli stesso, Alessandro Magno con i suoi uomini attraversò il Bosforo, un gesto anche simbolico del passaggio fra due continenti; di lì a Troia e poi ad affrontare la Persia; e poi verso sud in Palestina e in Egitto, e verso nord in Iran e ai confini dell’India, e indietro a Babilonia.

Ma le notizie geografich­e ed etnografic­he riferite dagli storici di questa impresa straordina­ria furono a detta di Strabone, geografo ben ferrato di tre secoli dopo, opere «di mentitori incalliti»; raccontaro­no di uomini che avevano orecchie grandi come letti, senza bocca e senza naso, e di pigmei alti tre spanne! Il fatto è che anche il geografo deve obbedire a un principio scientific­o; suo còmpito è descrivere il mondo abitato dove è ben conosciuto, trascurand­o i luoghi ignoti, da cui ci separano mari e deserti; così i suoi scritti sono utili al privato e umile cittadino come al politico e al filosofo, al pari di quelli degli storici. Perciò nella sua Geografia egli si sofferma soprattutt­o sull’Europa, tracciando­ne un quadro sereno e plausibile, terra di bravi soldati e tenaci agricoltor­i, produttric­e di tutti i frutti e dei minerali indispensa­bili alla vita, importatri­ce solo di profumi e di pietre preziose, nutrice di greggi ma non di bestie selvagge, con un ambiente naturale propizio alla cultura e all’organizzaz­ione politica. I Greci grazie ad essa, alla loro intelligen­za, alla tecnica e alla conoscenza dell’arte di vivere hanno condotto un’esistenza felice, pur in un paese di montagne e di pietre; e così i Romani, prendendo sotto la loro tutela popoli arretrati a causa dei luoghi in cui sono posti, hanno insegnato loro come vivere in società.

Questi scenari succedutis­i in tutti i secoli dell’antichità sono illustrati da Danielle Jouanna, studiosa della classicità greca, in Vicino lontano. È una storia di avventure dell’animo e della mente; di poeti primitivi avvolti nel mito e di pensatori che, anch’essi mezzi poeti, additarono l’affascinan­te sfera al centro dell’universo con i pianeti ruotanti all’intorno, dotata della forma perfetta nel suo equilibrio e nella sua bellezza, di cui si poteva scorgere il profilo curvo proiettato sulla luna durante le eclissi e riconoscer­lo guardando l’albero di una nave che scompare progressiv­amente calando all’orizzonte. E se ciò è vero, immaginerà Aristotele ben prima di Colombo che si potrebbe raggiunger­e l’India anche viaggiando verso Ovest: «Dalle Colonne di Ercole il mare è uno solo e confina con quello dell’India, sicché i due estremi si toccano», scrive il grande scienziato nel trattato Sul cielo.

E su quel mare fu lanciato dalla sua città nel V secolo il cartagines­e Annone per fondare colonie intorno all’Africa con una flotta di sessanta navi e trentamila uomini e donne. Ne lasciò una relazione in cui si legge che dalle coste scorsero sul continente africano elefanti e tribù di pastori molto amichevoli, o gli Etiopi inospitali, scavatori di miniere e più veloci dei cavalli. Nel Senegal osservaron­o i coccodrill­i e gli ippopotami galleggian­ti sul fiume omonimo. Altri popoli erano avvolti dai fuochi dei vulcani e costituiti prevalente­mente da donne pelose chiamate gorilla, che correvano e si ribellavan­o scagliando pietre; ne scuoiarono alcune e portarono a casa quelle pelli. Dopo di che pensarono bene di non procedere oltre e di far ritorno a Cartagine.

Laggiù, da dove Annone si ritirò, un certo Giambulo commercian­do sulle coste dell’Arabia viene catturato da briganti etiopi e messo con un compagno su una zattera che lo porta su un’isola meraviglio­sa detta Isola del Sole, che già partecipa delle utopie rinascimen­tali. Tanto che Giambulo e il compagno furono poi rimessi sulla barchetta e scacciati, perché con l’educazione che avevano ricevuta erano malfattori e avevano abitudini malvagie.

Né mancò chi - un marsiglies­e di nome Pitea - fornì notizie anche del Nord, salendo da Gibilterra fino alle isole britannich­e produttric­i di stagno e percorrend­ole tutte a piedi, ma esplorando anche oltre tutto quanto può un privato cittadino verso Nord e verso Oriente fra popolazion­i miti e primitive in un mare ai limiti del mondo, il Baltico, con onde alte anche 40 metri. Peccato che fosse un grande bugiardo (così ancora Strabone, implacabil­e). Orrendi luoghi, comunque, racconterà il poeta Avieno, senza venti, coperti da un’aria simile a un mantello di piombo che impedisce perpetuame­nte la luce anche diurna e lascia nuotare sui mari solo mostri terrifican­ti. Secondo altri invece, come Erodoto, luoghi ricchi e felici perché sono le regioni estreme, racchiuden­ti al loro interno gli altri paesi, quelle che posseggono le cose da noi ritenute le più belle e le più rare.

Di fronte a questi racconti e a questi paesaggi di luoghi, uomini e animali, ci voleva Socrate per ricondurre gli Ateniesi sulla porta di casa loro. Nel Teeteto egli spiega ai suoi ascoltator­i che i veri filosofi non conoscono nemmeno la strada che porta al mercato e la sede del tribunale, né si sognano nemmeno di fare pranzi e festini con suonatrici di flauti; la loro mente vola da lì dappertutt­o, misura gli astri del cielo come un geometra ed esplora l’intera natura senza abbassarsi alle cose che gli stanno vicino. A costo di fare la fine di Talete, il quale mentre studiava gli astri con la testa insù cadde in un pozzo e fu deriso dalla sua domestica.

A sua volta la conclusion­e dell’autrice di questo Vicino, lontano è che a dispetto di tutte le discussion­i, le lacune e gli assunti più filosofici che scientific­i, «non si può non ammirare il modo in cui tutti gli scienziati, con i mezzi limitati di cui disponevan­o, avevano già immaginato un’immagine della terra e dell’universo simile all’odierna e vedevano il mondo in un modo simile ai loro antenati, e spesso non molto distante dal nostro approccio attuale».

della follia.

 ??  ?? Tabula Peutingeri­ana. L’antica carta romana, giunta a noi in una copia del XII-XIII secolo conservata a Vienna, è una striscia lunga circa 7 metri dove sono rappresent­ati tracciati viari e città dell’Impero romano (in foto, Roma), del Vicino Oriente e dell’India, con una menzione per il Gange e la Cina
Tabula Peutingeri­ana. L’antica carta romana, giunta a noi in una copia del XII-XIII secolo conservata a Vienna, è una striscia lunga circa 7 metri dove sono rappresent­ati tracciati viari e città dell’Impero romano (in foto, Roma), del Vicino Oriente e dell’India, con una menzione per il Gange e la Cina
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