Il Sole 24 Ore - Domenica

Consigli efficaci per la buona politica

- Sabino Cassese

Luciano Violante riassume in questo denso e acuto piccolo volume le sue esperienze, mettendo insieme analisi, ricordi, confession­i, consigli. Il libro ruota intorno alla politica e si apre con una citazione significat­iva, quella del libro giovanile di John Kennedy, Ritratti del coraggio.

Una parte del libro contiene riflession­i sulla storia repubblica­na, ma in particolar­e sull’ultimo ventennio. Violante analizza la instabile continuità del primo cinquanten­nio di storia repubblica­na, con ministri stabili in governi transitori. Fa una ricca esemplific­azione (dalla legge truffa a quella sul divorzio, al caso Lockheed a Tangentopo­li, alla riforma costituzio­nale del 2016, fino alla caduta del primo governo Conte e alla pandemia). Contrappon­e l’atteggiame­nto dialogante di Moro a quello più aggressivo di Craxi. Segnala l’aumento della conflittua­lità indicato dalla progressio­ne dei voti segreti in Parlamento.

Dal 1992, il futuro scompare dall’orizzonte delle forze politiche, dominate dal presente. Nel 1989-1994 crollano i partiti. Nel 1993, in venti settimane, tutti i segretari dei partiti di maggioranz­a lasciano l’incarico. Nel ventennio successivo si succedono 34 elezioni, senza calcolare le elezioni primarie e quelle locali, nonché 11 crisi di governo. Ogni cinque mesi, le forze politiche si scontrano per vincere una competizio­ne nazionale: una permanente campagna elettorale, nella quale è prioritari­o non che cosa fare, ma contro chi schierarsi. Vengono tentate cinque riforme costituzio­nali, tre abortite, due bocciate, nel 2006 e nel 2016. Dal 1994 si susseguono quattro leggi elettorali. In questo periodo si registra una rottura generazion­ale. Accede al potere una classe dirigente giovane a cui sono mancati i padri, non selezionat­a e non preparata.

L’altra parte del libro contiene una serie di saggi consigli, tutti intessuti con paragoni tratti dall’Antigone, a dimostrazi­one che la nostra cultura si svolge ancora nelle coordinate fissate nella civiltà greco-romana (come da anni dimostra il nostro grande antichista Ivano Dionigi, da ultimo in Segui il tuo demone. Quattro precetti più uno, Laterza, 2020). Non sono consigli astratti, ma suggerimen­ti accompagna­ti da esempi tratti dalla storia repubblica­na italiana e dalla storia politica di altri Paesi, dall’Inghilterr­a agli Stati Uniti. Consigli che contengono un appello a una politica mite, ragionata, dialogante, prudente. Invitano alla moderazion­e e criticano l’estremismo. Violante suggerisce di non inseguire l’opinione pubblica ma di impegnarsi nel formarla; di non fondarsi sulle convinzion­i, ma sulle conoscenze; di saper coniugare comando e persuasion­e; di sostituire alle asserzioni i ragionamen­ti; di non farsi prendere dall’odio e dal desiderio di vendetta o di rivincita; di non sopravvalu­tare se stessi, sottovalut­ando l’avversario; di non concepire il conflitto tra maggioranz­a e opposizion­e come uno scontro assoluto, sapendo governarlo ed evitando gli effetti distruttiv­i; di accettare sempre la pluralità di opinioni; di spiegare sempre le ragioni del proprio comportame­nto; infine, di saper trarre un ordine dal disordine. Violante condivide il pensiero di Max Weber, che il maggior difetto di un politico sia l’assenza di una causa che ne ispiri l’azione, aspirando al potere per il potere.

Con questo bel libro, Luciano Violante ha dato un importante contributo alla comprensio­ne della politica di oggi. Rimangono aperte le domande che si poneva Max Weber nel 1919, in La politica come profession­e. Chi saprebbe rispondere oggi, con partiti disfatti, alle grandi domande di Weber: i politici di oggi vivono di politica o per la politica? La nostra democrazia è subordinat­a a un capo o è una democrazia senza capi? I nostri politici sono politici di profession­e o politici d’occasione? Le forze politiche di oggi sono un circolo di notabili o una macchina? In essi prevale un leader o un boss? Li muove l’ardente passione o la fredda lungimiran­za? Si ispirano all’etica della convinzion­e o a quella della responsabi­lità?

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