MATTICCHIATE
Ricordo che feci menzione di quel libro su Sartre e Camus – che anni addietro, sorprendendomi che fosse stampato a Puerto Rico, avevo visto in una libreria dell’isola, e che ancora non era stato tradotto in italiano da Scheiwiller (2010) – e chiacchierammo per una mezzora. Scoprimmo di avere amici in comune laggiù, ma eravamo entrambi sul piede di partenza e ci salutammo. Ci saremmo prima o poi rivisti. Chissà.
Fu un incontro senza seguito e non sarei mai andato oltre i suoi romanzi se, per una serie di coincidenze, non mi fossi trovato, quasi senza volerlo, in partibus infidelium. Cioè, a leggere, e con trasporto, il profilo dei sette samurai del pensiero liberale nel succitato Richiamo della tribù (recensito sulla Domenica da Valerio Castronovo) partendo dallo scozzese Adam Smith (1723-90) e dallo spagnolo José Ortega y Gasset (1883-1955), per passare agli austriaci – almeno per nascita – Frederich von Hayek (1899-1992) e Karl Popper (1902-94); al lèttone – anche lui solo per nascita – Isaiah Berlin (1909-97), e ai francesi Raymond Aron (1905-93) e Jean-François Revel (1924-2006).
E mai avrei creduto di potermi appassionare a temi remoti dai miei interessi professionali come politica monetaria e diritti dell’uomo, pianificazione economica e assistenzialismo, imprenditoria e responsabilità individuale, legalità e giustizia, e Stato e società; che sono, nell’insieme, il terreno di applicazione della teoria generale sulla libertà degli autori suddetti e di Frederich von Hayek in particolare.
Ed eccomi invece qui a scrivere un articolo per raccomandare – e non solo al colto pubblico, ma anche all’inclita guarnigione – la lettura di questi due libri, Sciabole