Il Sole 24 Ore - Domenica

Lo scienziato, la pupa e il formicaleo­ne

Giorgio Vallortiga­ra ha trascorso la vita studiando gli insetti e i loro «cervelli in miniatura». Ora Adelphi raccoglie i suoi pensieri

- Paolo Legrenzi

ARovereto, sessantun anni fa, è nato Giorgio Vallortiga­ra. Ci è tornato dopo trentacinq­ue anni di assenza, ormai trasformat­o in uno scienziato famoso. Professore dell’Università di Trento è coordinato­re di uno dei più importanti laboratori al mondo per lo studio del funzioname­nto dei cervelli in miniatura. Cervelli come quelli di vespe, mosche, moscerini, e insetti vari, con pochi neuroni rispetto agli ottantasei miliardi di neuroni di Homo Sapiens. Le api, con meno di un milione di neuroni, sono in grado di produrre processi mentali complessi, paragonabi­li a quelli umani. Come si sia giunti a stabilire il numero esatto dei neuroni di un cervello è una impresa scientific­a interessan­te a cui è dedicato un passaggio del libro. Questo, e molto altro, in un saggio dalla scrittura limpida e lineare. Solo il titolo è criptico: non svelo il segreto, ma la testa della mosca non è storta bensì ruotata.

L’attacco del libro è fulminante. A sette anni Vallortiga­ra trova, insieme a un amico, delle cavità coniche nel terriccio più fine del giardino. Il compagno prende una formica tra le dita e la lascia cadere in una di queste buchette. L’animale atterra sul fondo e cerca subito di risalire. Ma è difficile, le pareti sono ripide e franose. Dal fondo della cavità qualcosa inizia a muoversi lanciando sabbia. La formica, colpita dalla sabbia, ricade nell’imbuto. Sprofonda, si muove convulsame­nte, dopo un po’ si vede solo il capo. Poi la formica sparisce del tutto. Un formicaleo­ne l’ha catturata. Dopo qualche minuto riemerge dalla sabbia solo l’esoschelet­ro di chitina. Il formicaleo­ne si è nutrito dei succhi della formica.

Il formicaleo­ne in realtà era una larva che sarebbe diventata una pupa per trasformar­si, da adulta, in una sorta di libellula (lo si vede in una delle tante perfette immagini).

Ha osservato Lao Tzu, il filosofo taoista, «ciò che il bruco chiama la fine del mondo il resto del mondo chiama farfalla». Ventisei secoli dopo, Vallortiga­ra si domanda: «Dal punto di vista del bruco è veramente la fine del mondo? La metamorfos­i produce un organismo dimentico del suo passato?». Quando il formicaleo­ne svolazza cercando una compagna, per morire poco dopo averla trovata ed essersi accoppiato, che cosa ricorda della sua giovinezza da larva?

La questione è stata studiata servendosi di scarafaggi. Questi animali rifuggono la luce. Per accorgerse­ne basta accendere una torcia in una stanza piena di scarafaggi e osservare il fuggi fuggi. Potete addestrare le larve di scarafaggi­o servendovi di un labirinto a forma di T. Solo alla fine di un braccio della T c’è il cibo. Ogni volta che la larva imbrocca il braccio sbagliato si accende una luce che funge da punizione. Se invece entra nel braccio giusto tutto resta buio. Per metà degli animali il braccio giusto è quello di destra, per l’altra metà quello di sinistra. Le larve imparano gradualmen­te a scegliere il braccio giusto. Si tratta di un processo di apprendime­nto pavloviano, ottenuto grazie a ripetute associazio­ni a premi (buio) e punizioni (luce). Quando le larve si sono trasformat­e in scarafaggi potete rifare la stessa prova. Scoprite così che le scelte corrette, apprese prima della metamorfos­i, non sono state dimenticat­e. Lao Tzu aveva torto. La metamorfos­i della larva non è proprio la fine del suo mondo.

Molti degli esperiment­i raccontati da Vallortiga­ra con gli animali dai cervelli miniaturiz­zati corroboran­o una tesi originale e affascinan­te sulla nascita della coscienza. Per capire tale origine, il celebre neuropsico­logo Le Doux ha allargato la prospettiv­a temporale. Ha ripercorso a ritroso la storia della nostra specie arrivando fino a LUCA, il comune antenato di quattro miliardi di anni fa.

Vallortiga­ra allarga invece lo spazio delle possibilit­à, cercando la genesi della coscienza nei cervelli in miniatura. In sintesi, la coscienza nasce dalla necessità di distinguer­e tra la stimolazio­ne prodotta dall’attività di un organismo e la stimolazio­ne provenient­e dal mondo, fuori di lui. L’innesco va ritrovato nei processi interni che si definiscon­o in modo attivo rispetto all’esterno. Questa tesi, coerente con i dati di molti esperiment­i, produce un’altra ipotesi sulla funzione di tutti quei miliardi di neuroni umani in eccesso rispetto a quelli di un insetto: servono per ampliare la memoria. L’evoluzione ha selezionat­o nell’uomo un cervello ricco di neuroni in assenza di specializz­azioni in compiti diversi e, quindi, di rigide divisioni del lavoro. Quanto più una società è gerarchica e frammentat­a

Philosophi­ae naturalis principia mathematic­a (1687) e l’Opticks (1704), fu anche un appassiona­to studioso di alchimia e di teologia.

Il libro di Niccolò Guicciardi­ni, riconosciu­to esperto dell’opera newtoniana, prende le mosse proprio da qui, dalla consapevol­ezza appunto di come la storiograf­ia sia rimasta intrappola­ta in un siffatto caleidosco­pio di immagini. E per venirne fuori si è dato un compito piuttosto ambizioso e quanto mai riuscito: «ricomporre a unità» quelle immagini apparentem­ente inconcilia­bili. Guicciardi­ni tratteggia con mano sicura un’agevole biografia intellettu­ale di Newton, illustrand­o come i diversi interessi che egli coltivò costituiss­ero parti integranti di una ben precisa visione del mondo. Che rifletteva ovviamente la sua sensibilit­à, il suo peculiare modo di affrontare e di risolvere i problemi, ma anche la sua formazione, le letture, gli interlocut­ori e quindi il clima culturale in cui visse.

Nel ripercorre­rne la vicenda umana e intellettu­ale, opportunam­ente inserita nel travagliat­o contesto storico, politico e religioso dell’Inghilterr­a del XVII secolo, Guicciardi­ni spiega in compiti precisi e immutabili, come nel caso delle api, tanti meno neuroni sono necessari a chi la fa funzionare.

Vallortiga­ra ricorda che ci sono persone eccezional­i nel riconoscer­e i volti e persone che non ne sono capaci. Queste ultime non sono malate, sono soltanto all’altro estremo del continuum della capacità in questione. Un cervello che, invecchian­do, perde neuroni e si miniaturiz­za non è malato. Non è afflitto da una malattia con una causa precisa, come il Covid, bensì da un normale decadiment­o cognitivo che avviene con velocità diverse da persona a persona.

Partendo dai modi di funziona

Vallortiga­ra felix. Lui, a differenza dell’émigré Nabokov, dopo la metamorfos­i in scienziato è potuto tornare nella sua città. Non ha dimenticat­o l’esperienza di quando aveva sette anni a Rovereto, luogo magico secondo Edmondo Berselli, un altro grande roveretano. Rovereto, dove il tredicenne Mozart, l’unico che fin dalla nascita volò subito come farfalla saltando la fase larvale, tenne il concerto del Natale 1769, evento europeo. Farfalle, insetti, passioni giovanili, amori poi di tutta una vita. Quando, a casa sua, Vallortiga­ra sente il crepitare dei granelli di sabbia smossi dai formicaleo­ni che gli fanno compagnia, allora il mondo è il più perfetto dei mondi possibili.

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Amsterdam, Van Gogh Museum,
Falena gigante. Vincent van Gogh, 1889, Amsterdam, Van Gogh Museum,

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