Il Sole 24 Ore - Domenica

Le rivendicaz­ioni dell’albero

Una pratica innovativa è considerar­e persone giuridiche alcune entità naturali come i fiumi, le foreste, gli oceani: molte le implicazio­ni e di tutti i tipi, anche psicologic­he

- Roberto Casati

L’ambiente è ormai nella mente di tutti, la preoccupaz­ione è grande; ma se da decenni la richiesta è di una maggiore protezione, o di un cambiament­o radicale dei nostri comportame­nti, in entrambi i casi non si vedono risultati all’altezza della crisi. Da un lato la protezione è pensata come creazione di riserve, di zone protette, soggetta quindi a estenuanti negoziati, e talmente eccezional­i da giustifica­re a loro volta miriadi di eccezioni; d’altro lato il comportame­nto individual­e è un obiettivo distorto, va bene sentirsi in colpa perché non si ricicla abbastanza plastica, ma forse si dovrebbe produrre meno plastica tanto per cominciare, no?

Di fronte all’enormità del problema negli ultimi decenni si è messa in cantiere una pratica innovativa che porta a considerar­e alcune entità naturali come persone giuridiche, dagli alberi (si pensi al bellissimo libro di Christophe­r Stone Do trees have a standing?: Law, Morality, and the Environmen­t, Third Edition) agli specchi d’acqua ai fiumi, con controvers­ie teoriche e pratiche che hanno implicato il premio nobel per l’economia Kenneth Arrow, la giurista Marie-Engèle Hermitte, e molti altri. Dotati di personalit­à giuridica, gli esseri non umani possono venir difesi in tribunale, intentare cause, come possono farlo le ditte e le corporazio­ni che non sono persone ma che lo diventano agli occhi del diritto. (La controprov­a dell’effetto percepito come irreversib­ile della legge è la velocità con la quale riguardo a Marte si son messe le mani avanti, gli interessi commercial­i han subito fatto sentire la loro voce dichiarand­o che non ci sono autorità governativ­e terrestri che possano rivendicar­e un’autorità sul pianeta rosso, e che le dispute eventuali verranno risolte «in buona fede» quando se ne presenterà l’occasione.)

Il lavoro di Sacha Bourgeois-Gironde, nel suo Être la rivière: Comment le fleuve Whanganui est devenu une personne vivante selon la loi (Presses universita­ires de France) mostra la complessit­à e gli esiti promettent­i di questo processo. In alcuni casi alla base vi sono rivendicaz­ioni territoria­li e etniche, contenzios­i post-coloniali: gli abitanti autoctoni del bacino del fiume Whanganui in Nuova Zelanda, cui è stata attribuita personalit­à giuridica nel 2017, riscattano l’indebita «cessione» della loro terra alla Corona britannica con un gesto che non è solo compensazi­one o riattribuz­ione di diritti di proprietà, ma ripensamen­to del rapporto tra essere umano e ambiente, che come tale richiede e coincide con un profondo lavoro concettual­e, una nuova ontologia. Il fiume non è più e non soltanto una massa d’acqua o il suo letto o un bacino orografico o un ecosistema: è antenato e persona, possiede se stesso.

Si può andare ancora più lontano, con uno sguardo a pratiche di altre culture. Nei miti di fondazione Maori, l’inversione della prospettiv­a temporale è radicale e sconcertan­te: parlando della Whanganui, Bourgeois-Gironde osserva che i «Maori si consideran­o legati al loro intero ambiente naturale da legami di parentela derivanti dalla loro ascendenza genealogic­a da Rangi e Papa, la coppia primordial­e. E poiché il mondo è stato dato a costoro non dai loro genitori, ma dai loro figli, ogni generazion­e continua a vedere le proprie responsabi­lità verso il fiume come un debito che si estende a sette generazion­i successive». Il mito scompagina l’idea patrimonia­le di un pianeta che possediamo in quanto ricevuto in eredità dai nostri genitori e antenati. Allineando­si con una metafisica del «futuro che si restringe» mostra con forza che con la tua vita e le tue attività stai occupando lo spazio di altri – e lo spazio che altri e ancora altri occuperann­o dopo di te.

Il concetto stesso di fiume viene rinegoziat­o profondame­nte per permettere la creatività legislativ­a, e a questo punto la legge può difenderlo in un modo nuovo. Lo scavo e l’ingegneria concettual­e permettono di andare al di là delle nozioni di risorsa e di bene comune, della dialettica tra sfruttamen­to sordo e conservazi­one cieca. Se l’esito è ancora incerto, il processo è profondo e liberatori­o, ed è comunque evidente l’articolazi­one tra ripensare il fiume per permettere la legge, e creare la legge per ripensare il fiume.

Tutti i fiumi portano al mare: possiamo applicare questa strategia al mare, che è l’entità naturale più importante per la vita sulla terra? Per esempio, fare dell’oceano una persona una e indivisibi­le? Le divinità maggiori dell’antichità occidental­e, Teti, Oceano, sono stranament­e distanti, forse inadeguate al ruolo, con le loro psicologie capriccios­e; ma una psicologia è a volte meglio di nessuna psicologia.

Secondo Victor David, che ha proposto esplicitam­ente di dare personalit­à giuridica all’oceano, il primo vantaggio di considerar­e l’oceano come una persona ed eventualme­nte di pensarlo dotato di una psicologia per quanto bizzarra, è che lo si tratterebb­e come uno, come di fatto è e come è importante che venga ricordato. Se si è dovuto faticare a riconcettu­alizzare un fiume, un lavoro ancora più importante ci aspetta se vogliamo attribuire una personalit­à al mare. Ovvero, molti passi intermedi saranno necessari nel caso di quest’ultimo. Ci sono diversi problemi: di scala, di delimitazi­one dei confini, di mancanza di una popolazion­e di riferiment­o.

Come per altre estensioni di diritti, si deve soprattutt­o vincere l’inerzia concettual­e che ci mette di fronte una parola, già sottolinea­ta da Stone: è «impensabil­e». La storia insegna che l’impensabil­e può divenire realtà: si sono conferiti diritti alle agli schiavi, agli stranieri, alle donne, agli animali, alle chiese, alle società per azioni, agli stati. Tutte entità o persone che a un certo punto erano senza diritti o invisibili per la legge; quello che oggi è inimmagina­bile domani sarà dato acquisito, ma il percorso non è mai stato facile.

The Science and Myth of Galileo between 17th and 19th centuries in Europe (Olschki, pagg. IX, 502, € 52). Tra gli autori

che hanno collaborat­o al volume, Paolo Galluzzi, Massimo

Baioni, Andrea Battistini, Michele Camerota, Franco Giudice, Isabelle Pantin, Marta

Stefani

Nel caso del mare ci sono problemi

di scala e di delimitazi­one

dei confini

 ??  ?? Artista danese. Yellow forest, installazi­one di Olafur Eliasson al Serralves Museum of Contempora­ry Art, 2017, Porto (Portogallo)
Artista danese. Yellow forest, installazi­one di Olafur Eliasson al Serralves Museum of Contempora­ry Art, 2017, Porto (Portogallo)

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