CHE GRAN SCIAGURA SE LO STUPIDO FA IL SAGGIO
Ènota una battuta che Jean Cocteau soleva ripetere in talune occasioni: «Il dramma della nostra epoca è che la stupidità si è messa a pensare». La conosciamo anche grazie a un commento (con puntualizzazione) che ne fece Robert Poulet, un amico di Céline, sulla rivista «Ecrits de Paris»: «Questo sarebbe nulla se l’intelligenza non si fosse messa a rimbecillire».
Comunque sia, il problema della stupidità non fu eliminato nemmeno nell’Atene di Platone o nella Firenze di Lorenzo il Magnifico; immaginiamoci oggi, con l’aria che tira. Per riconoscere una delle sue caratteristiche, vale la regola fissata da Carlo Maria Cipolla nell’aureo libretto Allegro ma non troppo (il Mulino), laddove ricorda come essa si riveli cercando di causare «un danno a un’altra persona o gruppo di persone senza nel contempo realizzare alcun vantaggio per sé o addirittura subendo una perdita».
Tutto questo lo poniamo in margine a diverse sentenze di Cassia, poetessa bizantina vissuta nel IX secolo, di cui Lucio Coco ha curato le Opere nella prima traduzione italiana. Tra le sue riflessioni, eccone una: «Terribile che uno stupido ottenga una qualche conoscenza,/ ma la cosa peggiore di tutte è che abbia un’opinione;/ se lo stupido è anche giovane e potente,/ ahi, ahi; ohi, ohi, ohi». E ancora, a corollario: «Ohimè, Signore, quando lo stupido si mette a fare il saggio,/ dove voltarsi? dove guardare? come sopportarlo?».
Questa donna, divenuta monaca, ma che il Chronicon di Giorgio Monaco testimonia tra le bellissime dell’epoca (fece parte delle prescelte per diventare moglie dell’imperatore), ci ha appunto lasciato considerazioni pungenti sulla stupidità. Probabilmente dovette scontarne troppa e proteggersi dall’invadente presenza in infinite occasioni se giunse a scrivere: «Non c’è affatto medicina per lo stupido/ e neanche soccorso se non la morte». E poi, come dire?, alcune sue righe sembrano profetiche e si direbbero scritte adesso, dopo aver assistito a qualche talk show: «Odio lo stupido che si mette a fare il filosofo». Oppure: «Uno stupido onorato si leva su tutti/ e se viene lodato si insuperbisce anche di più,/ come infatti è difficile piegare una grande colonna/ così non puoi neppure cambiare uno stupido».
Cassia lasciò altro, anche se lo scrivente ha scelto per parlare di lei un tema senza tempo. Nelle pagine ora tradotte si trovano le sue poesie religiose, con versi presenti nei due grandi libri liturgici della Chiesa orientale, il Menaion e il Triodion, oltre la produzione sentenziosa e gnomica che Coco ha ben reso nella nostra lingua. Ci scusiamo per aver abbondato nella descrizione degli stupidi, ma l’occasione era ghiotta per evocare le osservazioni di una donna meravigliosa.
Opere
Cassia
Città Nuova Editrice, pagg. 112, € 24