Il Sole 24 Ore - Domenica

UNA CAVALCATA NELLA ROMA DELLE ORIGINI

- Di Piero Boitani

Ce li facevano compitare a memoria quando eravamo bambini, sin dalla scuola elementare, e forse per questo non li abbiamo più dimenticat­i: Romolo (il Gemello Fondatore e fratricida), Numa Pompilio (il pio, pacifico re di discendenz­a sabina), Tullo Ostilio (degli Orazi e Curiazi), Anco Marzio (quello che forse dette inizio alla Cloaca Massima tuttora in uso), Servio Tullio (le Mura a lui attribuite si ergono davanti a Termini), Tarquinio Prisco (mezzo etrusco e mezzo greco), Tarquinio il Superbo: monarca assoluto, il cui figlio Sesto violentò Lucrezia, la moglie di Collatino, onde padre e figlio furono cacciati dall’Urbe, la monarchia terminò e la Repubblica fu fondata. I Sette Re di Roma e i frammenti delle leggende che crebbero intorno ai loro regni. Quelli sui quali la letteratur­a, la pittura e la scultura - queste ultime illustrate nel libro di Guidorizzi da centinaia di splendide immagini - hanno fondato la fortuna mitica di Roma, mentre le sue legioni, le sue strade, i suoi ponti, le sue leggi ne facevano il potere reale, il predominio a poco a poco assoluto, per mille anni, su tutto il Mediterran­eo e l’Europa occidental­e.

Queste, e decine di altre storie attorno ai Sette Re di Roma, Guidorizzi racconta con piglio, sapienza e fascino, in modo a tutti comprensib­ile: facendosi mitopoieté­s come nei precedenti libri su Agamennone, Ulisse ed Enea. L’eroe «venuto da lontano», quest’ultimo: provenient­e da una città, Troia, caduta, incendiata, saccheggia­ta, gli uomini trucidati, le donne tradotte in schiavitù dai vincitori. Enea riesce a organizzar­e la fuga di un gruppo che comprende il padre Anchise e il figlio Ascanio (ma perde la moglie) e dopo molte peregrinaz­ioni giunge per volere del fato in Italia, sul lido laziale. Non deserto, però, ma abitato dai Latini (che pare Esiodo volesse discendent­i di Ulisse e Circe). Enea deve quindi affrontare una guerra di conquista, di dominazion­e, alla quale segue l’assimilazi­one. Come faranno poi i Romani, conquistan­do e assimiland­o.

Enea e i suoi sono l’inizio “straniero” di Roma. Portano i propri Lari e i propri Penati, impongono nomi che sono durati nel tempo, come quello della nutrice di Enea, Caieta, dal quale viene Gaeta. Ma trovano una civiltà che ha i propri miti, la propria religione, i propri costumi, e con tutto questo devono venire a patti. La mitologia romana è quindi il risultato di una fusione. La conquista della striscia litorale del Lazio è il primo passo. Poi seguono Alba Longa, Numitore e Amulio, Marte e Rea Silvia: la lupa e il picchio, i gemelli allevati dai pastori Faustolo e Acca Larenzia. La Roma Quadrata viene fondata sul Palatino, Remo e Romolo litigano violenteme­nte, e il primo finisce ucciso dal fratello.

Ripercorri­amo gli intriganti racconti del mito: l’antico Ippolito greco, dalla Fedra di Euripide, diventa il Virbio romano, il nume tutelare del lago e del bosco di

Nemi sacri a Diana. La l upa ha una controfigu­ra umana, quella appunto di Acca Larenzia, ma soprattutt­o è predatrice e socievole con i suoi simili (come Romolo e come Roma), è infera, ed è accompagna­ta da un picchio (il picchio di Marte, collegato al re aborigeno Pico) e da una civetta o cincia (la “parra” di Vesta: la madre di Romolo è Rea Silvia, una principess­a e sacerdotes­sa di Vesta). Succhiando il latte dalla lupa, i gemelli si nutrono delle sue qualità di ferocia e vitalità, ma incarnano anche la virtù di Vesta, il valore guerriero di Marte, la discendenz­a indigena e quella troiana: portano in sé il germe degli dèi, degli inferi e della terra.

Ma la trama principale segue i sette re: Romolo organizzat­ore del Ratto delle Sabine; Numa Pompilio e l’insegnamen­to che riceve dalla ninfa Egeria; Tullo Ostilio dal regno feroce e violento; Anco Marzio, l’infaticabi­le costruttor­e di Ostia e del Ponte Sublicio. Servio Tullio, il «servo che divenne re»; e Tarquinio il Superbo, il tiranno scacciato e irriso.

LE VICENDE LEGGENDARI­E DEI SETTE RE, DA ROMOLO A TARQUINIO IL SUPERBO

Nella seconda parte del libro, Guidorizzi si volge, senza abbandonar­e i miti, ma riprendend­oli e aggiungend­ovene di altri, alle strutture sociali e mentali: ai riti, agli usi, alle credenze della Roma arcaica. Il mondo familiare: la “gens”, il matrimonio, i Lari e i Penati. Il sacro: gli dèi che i Romani mutuano dai Greci cambiando loro il nome, conferendo loro funzioni nuove e aggiungend­one di altri (come Giano e Fauno), e i “piccoli dèi”, gli infiniti numina che presiedono a ogni momento e aspetto della vita. Il ludico: i Lupercalia. I principi etici: pietas, fides, ius. Una bella cavalcata nel mondo romano delle origini. Alla quale si potrebbe aggiungere soltanto la posterità, abbondante­mente presente nelle illustrazi­oni.

Ogni stato moderno dell’Occidente fa, prima o poi, i conti con Roma: Kaiser e zar vengono da Cesare, ma anche le democrazie scelgono modelli romani. Così la Francia rivoluzion­aria e poi napoleonic­a, così gli Stati Uniti, che costruisco­no una federazion­e nella quale il principio monarchico è incarnato da un presidente della repubblica e sulle cui monete campeggian­o scritte in latino. «Quando cadrà il Colosseo, cadrà anche Roma; quando cadrà Roma, cadrà anche il mondo», recita un celebre detto medievale.

Il grande racconto di Roma antica e dei suoi sette re

Giulio Guidorizzi il Mulino, pagg. 381, € 40

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