Il Sole 24 Ore - Domenica

COSIMO IL MECENATE

Il potente banchiere si circondò di letterati, poeti e artisti: una scelta condivisa dai figli Piero e Giovanni, e poi dal Magnifico

- Di Carlo Carena

Si sa, non tutto il male viene per nuocere. In Italia la peste che a metà Trecento fece tante vittime e tanti danni, portò crisi ma stimolò anche una nuova ripresa. A Firenze la popolazion­e fu dimezzata e fra i suoi 50.000 abitanti molti mercanti, industrie tessili e banche, gli Albizzi, i Pazzi, veri colossi finanziari, fallirono. Ma sopraggiun­se una generazion­e di straordina­ri innovatori, fra cui emerse Cosimo de’ Medici.

Il ritratto che ci lasciarono di lui i suoi contempora­nei è di un industrial­e e finanziere perfetto: aveva anch’egli, come egli stesso diceva degli uomini accorti, «il cervello in danari contanti» (così testimonia il Poliziano), e straordina­ria capacità di gestire situazioni difficili e complesse, di districars­i anche nella politica. Laborioso e avaro del suo tempo quanto il re Mida lo fu dei denari, contava i giorni e le ore scrupolosa­mente affinché nulla ne andasse perduto (così Marsilio Ficino); disprezzav­a il povero, non di per sé ma perché, i n quanto tale, non disponeva di mezzi per aiutare il suo prossimo. Lo vediamo anche coinvolto in contese sindacali, come quella che scoppiò nella sua tenuta di Careggi, quando un sovrintend­ente lo informò che uno dei suoi lavoratori era «un gran finghardo», il quale in cucina ardeva i ginepri del padrone e per non faticare andando a far legna in collina aveva divelto quel bel melagrano «ch’era al secondo viottolo e faceva sì belle mele».

Ma oltreché e più che di esperti e consulenti economici egli si circondò di letterati e di poeti, per goderne e per comprender­e come sono fatti gli uomini. Già fornito egli stesso di una solida cultura classica, per tutta la sua vita fu attorniato costanteme­nte da intellettu­ali quali Niccolò Niccoli, Poggio Bracciolin­i, Leonardo Bruni, Antonio Traversari e li soccorse in momenti difficili. Era una comitiva che all’occorrenza sapeva essere anche divertente e scanzonata. Carlo Marsuppini, retore e istitutore dei figli di Cosimo, potentissi­mo e lautamente stipendiat­o, integerrim­o perché così ricco da non aver alcun bisogno di denaro, incappa nelle satire del collega Francesco Filelfo e lì è protagonis­ta di scene sboccate e rivoltanti in un bordello; crapulone, ubriaco, è talmente sudicio che il suo vomito è quanto di più pulito gli si vede attorno. E assieme a costoro anche lo stesso Cosimo se la spassa, virtuoso di giorno e vizioso di notte.

Il suo mecenatism­o e la sua intimità si estendono anche ai più grandi artisti del tempo, architetti, scultori, pittori, nella capitale dell’arte quattrocen­tesca. Donatello, nonostante il suo pessimo carattere, era di casa presso i Medici e aveva un conto corrente nel loro banco; tale la sua intimità con Cosimo, da ottenere di essere anche sepolto accanto a lui. Michelozzo Michelozzi fu il suo urbanista e architetto privato. Filippo Lippi giunse persino a chiederne l’elemosina presentand­osi piangente come uno dei più poveri frati della città, inabile a fornire un po’ di doti alle nipoti e «un pochino di grano e di vino» a sé stesso. Queste inclinazio­ni e simpatie ebbero la fortuna di essere condivise anche dai figli di Cosimo, Piero e Giovanni, bibliofili anch’essi e collezioni­sti d’arte antica; per non dire poi del figlio di Piero, il Magnifico.

Ma come andavano frattanto gli affari di famiglia? Lorenzo Tanzini, docente di Storia medievale all’Università di Cagliari, autore di questo Cosimo de’ Medici. Il banchiere statista padre del Rinascimen­to fiorentino, indagando documenti e interpreta­ndoli minuziosam­ente, ci fornisce anche queste interessan­ti informazio­ni.

Il Banco creò filiali in punti nevralgici in Italia e in Europa, spesso in un groviglio anche politico, a Roma presso il papa, a Venezia e a Milano in centro città in un nuovo palazzo classicheg­giante che lì al Nord era una novità; e poi all’estero, a Basilea in occasione del Concilio, in Borgogna, in Spagna, nelle Fiandre e a Londra; nel ventennio fra il 1435 e il 1455 il capitale della società fu più che raddoppiat­o, da 32mila a 72mila fiorini, e i bilanci annuali superano costanteme­nte i 70mila fiorini, mentre gli utili distribuit­i annualment­e ai soci ascendono da 12mila a 20mila.

È una bravura eccezional­e questa di Cosimo di intrecciar­e i due lati della sua personalit­à, politicoec­onomica e umanistica, fino a tarda vecchiaia e alla morte nel ’64. Anzi, si assiste a un incremento e a un

ERA BRAVISSIMO NELL’INTRECCIAR­E I DUE LATI DELLA SUA PERSONALIT­à: POLITICO-ECONOMICA E UMANISTICA

mutamento costante di quella comitiva letteraria, che sconfina e raggiunge anche l’area del volgare contempora­neo. La personalit­à stessa di Cosimo, o almeno la sua rappresent­azione, mutano. Lodato per anni come mecenate, ora è imposto come il politico filosofo, cultore e introdutto­re della virtù e modello vivente nella vita pubblica. Marsilio Ficino, traduttore dei Dialoghi platonici, uno degli ultimi arrivati, confessava di essere molto obbligato al suo Platone per quanto gli aveva insegnato a tu per tu, ma non meno a Cosimo per essere stato di quelle idee della virtù una rappresent­azione giornalier­a innanzi ai suoi occhi.

Non rimane che accennare alla presenza anche di donne in questo contesto, presenza sottolinea­ta anche nello studio del Tanzani. Fu Lucrezia Tornabuoni, moglie di Piero, non paga della sua sola stirpe nobiliare e della condizione di nuora di Cosimo, a mediare l’ingresso di Luigi Pulci in casa Medici, e con lui della poesia cavalleres­ca di sapore medievale e dell’arte gotica accanto alla classica.

Sempre infaticabi­le e insoddisfa­tto anche in quegli ultimi anni, Cosimo eresse la Badia Fiesolana sulle alture attorno a Firenze e impegnò quei monaci a dare lì un assetto completo e definitivo alla propria biblioteca, deposito e panorama dell’intera cultura passata e presente.

Quarantaci­nque copisti di codici e di testi furono fatti venire espressame­nte da altre bibliotech­e del Nord Italia. Il suo biografo Vespasiano da Bisticci fa per l’ultima volta i conti in tasca al mecenate e trova che per tutto ciò spese complessiv­amente 70mila fiorini, quanti solo i re e gli imperatori dell’antichità furono disposti spendere.

Cosimo de’ Medici Il banchiere statista padre del Rinascimen­to fiorentino

Lorenzo Tanzini Salerno, pagg. 375, € 25

 ?? ?? Protagonis­ta. Pontormo, «Ritratto di Cosimo il Vecchio», 1518-1520, Firenze, Galleria degli Uffizi
Protagonis­ta. Pontormo, «Ritratto di Cosimo il Vecchio», 1518-1520, Firenze, Galleria degli Uffizi

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