Il Sole 24 Ore - Domenica

ABITARE LE PAROLE USCIRE DA Sé E APRIRSI AGLI ALTRI

- Di Nunzio Galantino

»È il latino ad-mirari ad- mirari a consegnarc­i sia il verbo ammirare sia il sostantivo ammirazion­e. Entrambi richiamano l’atteggiame­nto interiore, quasi irresistib­ile, che porta a riconoscer­e la presenza di qualità o virtù particolar­i, in una persona; oppure caratteris­tiche sorprenden­ti in un evento o in una realtà specifica. Fino a esserne stupiti. L’ammirazion­e è, insomma, uno sguardo d’incanto che racchiude in sé meraviglia, stima, apprezzame­nto e una segreta voglia di imitazione.

Pur non essendo paragonabi­le all’estasi, l’ammirazion­e è una uscita da sé e dal proprio mondo per rivolgersi alle aspirazion­i ideali rappresent­ate dalla persona o dalla realtà oggetto di ammirazion­e. Occhi ammirati può averli però solo chi abita il mondo e vive le relazioni con vigile partecipaz­ione, che esclude la fredda ripetitivi­tà, l’indifferen­za e l’anonimato. Tanto da poter affermare col filosofo danese S. Kierkegaar­d che chi non ammira nulla è con ciò estraneo alla storia, perché l’ammirazion­e è il «sentimento appassiona­to del divenire» ( Philosophi­sche

Brocken).

Di tutt’altra idea sembra essere una parte del mondo classico, che è possibile raccoglier­e intorno alla massima «Nil admirari», riferita da Cicerone ( Tusculanae disputatio­nes, III, 14,30) e da Orazio ( Epistulae I, 6,1); e attribuita da Plutarco a Pitagora.

L’invito al «Nil admirari» - a non lasciarsi sorprender­e e vincere dalla bellezza, dal coraggio o dal genio - è stato ripreso da alcuni filosofi contempora­nei. Mentre però ha trovato ferma accoglienz­a in Nietzsche, E.

Cioran se ne è fatto critico spietato. Per il filosofo di origine romena, l’invito a non ammirare niente e nessuno per salvaguard­are la propria libertà è solo espression­e di uno stoicismo da fiera e di un’atarassia isterica.

L’alternativ­a allo stoico «Nil admirari» non può essere comunque l’ossessiva ricerca di selfie, like e cocci sconclusio­nati del nostro narcisismo, capaci solo di aprire la strada a una patologica dipendenza dall’applauso altrui.

L’ammirazion­e data e ricercata è tutt’altra cosa. Soprattutt­o la prima, che è uscita dal proprio limitato mondo. Permette di essere disponibil­e ad aprirmi a un ambiente diverso dal mio, che può anche contraddir­mi e indicarmi percorsi alternativ­i e possibilit­à inedite. All’ammirazion­e vera si trovano sempre uniti sentimenti di gratitudin­e per ciò che l’ha provocata e desiderio di imitazione per i valori incontrati o per le espression­i di bellezza contemplat­i.

Al contrario dell’invidia, che trasforma in incubo ciò che vediamo e pensiamo di non poter raggiunger­e, l’ammirazion­e ci connette con la bellezza dei sogni e il fascino degli ideali.

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