IL LEONE DELLE SCENE è CADUTO IN FALLO
Non sono molti gli attori che possono vantare di aver recitato un testo scritto su misura da Giovanni Testori. Franco Branciaroli, memorabile interprete di In exitu, ha del resto conosciuto da vicino tutto il meglio del teatro italiano del Novecento: da Carmelo Bene a Luca Ronconi, passando per Gassman e Albertazzi.
Di recente, il re delle scene ha scritto un libro di finzione, La carne tonda, edito da Aragno, pungolato dalla noia disimpegnata della pandemia. Così almeno Branciaroli racconta l’origine del suo esordio in narrativa in un’intervista rilasciata a Gianmarco Aimi e apparsa su «Rolling Stones» lo scorso luglio. Nella conversazione, volutamente idiosincratica (il teatro di oggi viene definito amatoriale, un luogo dove «questi disgraziati di giovani allestiscono degli spettacoletti»), battezza questa nuova attività come un’epifania e racconta di come il libro non sia stato gradito dal pubblico femminile (se ne esiste uno).
Carne tonda ha ricevuto in effetti alcuni buoni riscontri: Paolo Di Stefano ne ha ben scritto sul «Corriere della Sera» e Massimiliano Parente sul «Giornale». Ma si tratta - attenzione! - di due critici uomini. La contingenza non è casuale, ci spiega Branciaroli su «Rolling Stones»: «Tutte le donne che leggono questo libro non riescono ad apprezzarlo». Impossibile non dar ragione a Branciaroli, almeno da parte di chi scrive, per l’appunto, una donna. Il racconto, volutamente privo di trama, si articola intorno a una passeggiata. Il protagonista, un ex impiegato con Mercedes, che ha da poco superato la mezza età, si trova alle prese con un mondo che capisce sempre meno, e una vecchiaia fisica e sessuale che visibilmente lo angoscia. Il flusso di pensieri, attivato dalla dimensione del flaneur, mescola esperienze vissute in prima persona e racconti di altri lasciando il lettore non di rado confuso e smarrito.
Ma è il fallo maschile l’indiscutibile protagonista dell’opera: un fallo costantemente impegnato in rapporti sessuali (uno anche con un alano), o in maestose evacuazioni («ne ho ancora; prostata di caucciù, ultima sbroffata a largo raggio»), paragonato per dimensioni a quello di un equino. Evidenti i modelli letterari: tra i molti, gli insofferenti sfoghi monologici di Thomas Bernard e, più ancora, l’espressionismo testoriano con le sue esplosioni oscene. Ma Testori era stato in grado di inventarsi ex novo una lingua, attingendo dalle bassezze del dialetto e dalle altezze del latino. Branciaroli invece, disseminando le pagine di Porsche, di Expo e di Viagra, di «fanculo i fast-food» e «adesso è una Milano da mangiare» si distanzia meno di quanto ritenga dal lessico dominante. E così la provocazione finisce per tingersi di conformismo.
La carne tonda
Franco Branciaroli Aragno, pagg. 262, € 19