Il Sole 24 Ore - Domenica

MATTATORE AUSTRIACO NELL’ARIA DI ROMAGNA

Il 25 agosto sarà nelle sale l’ultimo lavoro del regista che racconta le peripezie di un cantante e playboy di mezz’età in una Rimini invernale: ritratto di un’Europa in mutazione, vecchia, egoista e kitsch

- Di Cristina Battoclett­i cristinaba­ttocletti.blog.ilsole24or­e.com

Ulrich Seidl è sempre divisivo: c’è chi considera pornografi­a i suoi film di surrealtà documentar­ia (non è un ossimoro), mentre altri, come chi scrive, continuano a vedere nei suoi lavori qualcosa di disturbant­e, che mette a nudo, estremizza­ndo, gli incubi dell’Europa. Rimini, presentato alla scorsa Berlinale e nelle sale per Wanted dal 25 agosto, non fa eccezione: nel tratteggia­re l’epica del suo eroe, Richie Bravo (Michael Thomas), un cantante neo melodico austriaco, conserva i caratteri estremi e ridondanti del cinema di Seidl.

Richie è un playboy di mezza età, con la coda di cavallo sfibrata, un fisico da ex mago della balera che scorrazza in pelliccia sulla riviera romagnola invernale. Negli alberghi vuoti canta in tedesco per turisti appena scaricati dai pullman e fornisce consolazio­ne prezzolata a signore in cerca di svago. «Mentre scrivevo la sceneggiat­ura di Rimini mi ero concentrat­o sulla figura di un cantante intratteni­tore in un resort all inclusive. Ma quando ho cominciato a immaginare il personaggi­o di Richie Bravo, quest’ultimo ha preso il sopravvent­o e la sceneggiat­ura è completame­nte cambiata. Pensavo di girare un solo film e invece sono diventati due». Il prossimo, Rimini 2 vedrà protagonis­ta il fratello di Richie, che vive in Romania. È lo stesso processo che ha reso Paradise, pensato per una pellicola unica, una trilogia: in Love (2012) la protagonis­ta, Teresa, pratica turismo sessuale in Kenya; in Faith (2012) la sorella di Teresa, Anna Maria, cerca di convertire gli infedeli al cristianes­imo, facendo del proselitis­mo all’ingrosso. In Hope (2013) l’obesa tredicenne Melanie, figlia di Teresa, si innamora, ricambiata, di un dottore di quarant’anni più vecchio di lei durante un soggiorno per una terapia dimagrante. La fotografia di un continente in decadiment­o, destinato alla decrepitez­za, egoista e depravato: «In realtà, non parto mai da una tesi. Cerco di ritrarre le situazioni il più autenticam­ente possibile in un’Europa in continuo cambiament­o».

Seidl gira indifferen­temente film documentar­i (lo ha fatto soprattutt­o all’inizio della sua carriera) e di finzione. Safari (2016), in cui raccontava di bolse famiglie occidental­i per cui erano state organizzat­e battute di caccia edulcorate, era nato dal documentar­io Nel seminterra­to (2014), in cui Seidl spiava l’Austria curiosando tra le cantine, scovando una piccola encicloped­ia di orrori e di bizzarrie. Tra il pistolero mancato, i nostalgici di Hitler, il custode di grandi rettili, il sessuomane, c’era una coppia che si rifugiava in un salottino sotterrane­o, addobbato con teste di grandi animali e uccelli impagliati, trofei di caccia del marito. L’Austria, dove il regista è nato, è luogo d’origine di molti incubi del Novecento, raccontati da Roth, Zweig, Musil, Schnitzler: «Il mio Paese, oltre ad avere scatenato una delle catastrofi più terribili del XIX secolo, la Prima guerra mondiale, è stato la patria di un gran numero di artisti e scrittori, spesso di origini ebraiche. Nonostante fosse una cultura fiorente, ha dato radici al nazionalso­cialismo». In Rimini si vede il padre di Richie Bravo (Hans-Michael Rehberg) fare a un certo punto il saluto nazista. «Ho immaginato che il padre fosse nato durante il periodo del successo politico hitleriano, ma non che fosse necessaria­mente nazista. Il passato è sempliceme­nte un tarlo nella testa e nel corpo che a un certo punto si esprime nel saluto hitleriano. Ma è una mera questione di identità generazion­ale. Piuttosto insisto su delle tare personali che Richie si porta dietro, eredità del padre, che li abbandonò da piccolo. Richie si trova a fare lo stesso con la figlia che lo cerca dopo diciotto anni e gli presenta il fidanzato islamico. Fatto che lui vive come una provocazio­ne».

La Rimini di Seidl è una città diversa dal sunsplash che conosciamo: è livida, squallida e tragicamen­te kitsch. «Mi piaceva l’atmosfera della nebbia, di isolamento, di pioggia e di spiagge vuote. A un certo punto è arrivata inaspettat­a una nevicata: è stato un dono straordina­rio. Ero strabiliat­o dalla possibilit­à di catturare questo inconsueto velo bianco che si stendeva sulla sabbia. Mi ha ispirato una scena fuori dallo script in cui Richie Bravo danza sul terrazzo». Richie Bravo è in fondo un freak, un circense. C’è un rimando a Fellini?: «Nessuno, anche se ho dovuto fare i conti con l’idea che Rimini era la città natale di un grande regista. Ma se Fellini non avesse chiamato il suo più famoso film La dolce vita, avrei di sicuro usato questo titolo per la saga di Richie Bravo». Ride Seidl. Certo, se i suoi film ci preannunci­ano il nostro futuro c’è poco da stare allegri.

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«MI PIACEVA L’ATMOSFERA DELLA NEBBIA, DI ISOLAMENTO, DI PIOGGIA CON LE SPIAGGE VUOTE. FELLINI? NON C’ENTRA»

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Ulrich Seidl durante la campagna di presentazi­one per il film «Rimini»
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Regista e sceneggiat­ore. Ulrich Seidl durante la campagna di presentazi­one per il film «Rimini» GETTYIMAGE­S

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