Il Sole 24 Ore - Domenica

TORNARE A CASA, NELLA NATURA SELVAGGIA

- Di Maria Luisa Colledani

Prima che la natura perda la pazienza e aggrotti la fronte sotto forma di cataclismi, meglio ascoltarla e immergersi nel suo essere immenso e selvaggio: «Le montagne sono fonti, non solo di fiumi e terreni fertili, ma anche di uomini. Perciò noi tutti, in un certo senso, siamo montanari, e andare in montagna è tornare a casa. Eppure, quanti fra noi sono condannati a faticare nelle ombre delle città, sebbene le candide montagne ci chiamino lungo l’orizzonte». John Muir, padre della wilderness e dei parchi naturali, filosofo ambientale e scrittore, sa che le stelle sono gigli del cielo e le montagne uno spettacolo glorioso. Per tutta la vita (era nato in Scozia nel 1838 e morì in California nel 1914), ha saputo dimenticar­e se stesso nelle foreste e farsi devoto della natura; ha scritto lettere, diari, saggi senza requie, è stato il primo scienziato a documentar­e il cambiament­o climatico e ne Le montagne mi chiamano. Meditazion­i sulla natura selvaggia c’è la filosofia di una vita e del nostro presente: conta l’essere più che l’arrivare da qualche parte.

Il volume, che propone il meglio degli scritti di Muir, è l’atto di amore di un mistico verso la natura e proclama l’unità indivisibi­le fra uomo e ambiente: «ci sentiamo parte della Natura selvaggia, consanguin­ei di tutto l’esistente». E in questa simbiosi la bellezza di una goccia di pioggia o delle campanelle di Cassiope sono la ragione del nostro andare per montagne e boschi. Il padre dell’ambientali­smo, che avrebbe potuto vivere da milionario ma preferì essere vagabondo, attraversa una prima fase dell’esistenza più concentrat­a sulla contemplaz­ione del mondo naturale, che culmina con la creazione del parco di Sequoia (1890) e dello Yosemite (1906), e una seconda più battaglier­a e “politica”, il suo vero lascito fino a noi che sfocia nella certezza di una nuova vita: «Non cieca opposizion­e al progresso, ma opposizion­e a un progresso cieco».

Una volta lasciata la cabin nel parco dello Yosemite, Muir si stabilisce a Oakland, California, per dedicarsi alla scrittura, senza dimenticar­e però la fonte delle sue riflession­i, e cioè viaggi ed esplorazio­ni. In Alaska studia il modo in cui le glaciazion­i hanno creato paesaggi e modificato clima, fauna e flora; esplora l’East Coast dell’America centro-settentrio­nale, dal Golfo del Messico fino al Canada; raggiunge l’Europa, poi Russia, India, Corea, Cina, Giappone e Australia. Nel 1892, fonda il Sierra Club perché si rende conto che, senza azione politica, il suo spirito non avrebbe raggiunto mai l’opinione pubblica e il suo credo, così contempora­neo, non avrebbe camminato: «Ovunque la vita è all’opera e cancella ogni ricordo della confusione umana».

Le montagne mi chiamano. Meditazion­i sulla natura selvaggia

John Muir

Piano B, pagg. 246, € 15

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