«GIUOCHI» E SALTI PERICOLOSI
La Reggia dedica le attività espositive del 2022 al tema dei giochi e degli spettacoli di corte. E riscopre figure di singolari collezionisti
La mostra Dalle piazze alle Corti. Storie di giochi e spettacoli fra ’700 e ’800 nasce da un incontro fortunato, avvenuto ormai diversi anni fa. Mi ero recato alla Biblioteca del Seminario Vescovile di Asti per studiare un documento singolare. Una lunga cronaca, scritta per quasi quarantacinque anni da un sacerdote: don Stefano Giuseppe Incisa. Al proprio immaginario lettore egli raccontava quanto accadeva nella sua città, giorno per giorno, dando attenzione non tanto ai rari momenti in cui la grande storia s’intrecciava con quella astigiana, quanto, piuttosto, agli avvenimenti locali e quotidiani. Incisa non si limitava a scrivere, ma collezionava anche i documenti che venivano diffusi in città. Raccolse, così, una serie di quelli che un tempo si sarebbero definiti «fogli volanti», stampati per esser affissi sui muri, diffusi per le strade, spediti come invito. Nell’ordinarli, il sacerdote volle chiamarli «monumenti», rifacendosi al senso primo di tale espressione: ricordo.
Quando la Reggia di Venaria ha scelto di dedicare le sue attività espositive del 2022 al tema del gioco, mi sono subito tornati alla mente i «monumenti» dell’Incisa, perché diversi di essi provenivano da quel variegato mondo di artisti e giocatori che si esibivano, spostandosi da una città all’altra, in tournées che potevano durare anni e, a volte, interessavano tutta l’Europa.
Bisogna tenere presente che il termine «gioco» aveva, allora, molti più significati di quelli che ha oggi. Polisemico per natura, esso indicava, infatti, attività che oggi definiremmo spettacoli: «giuochi sul cavallo» erano le esibizioni dei cavallerizzi; «giuochi e salti pericolosi» quelle degli acrobati; «giuochi magici» quelli dei prestigiatori; «giuochi meccanici» gli automi.
Fra i quasi 7.500 «monumenti» raccolti dall’Incisa troviamo manifesti estremamente rari. È il caso, per esempio, di quello relativo ad una delle prime esibizioni, nel 1808, di Carlo Pianca, uno dei protagonisti della prestidigitazione italiana nella Restaurazione. Nell’aprile 1835, Belli lo avrebbe immortalato nel sonetto Li ggiochi d’Argentina. Molti, poi, riguardavano artisti che s’erano esibiti nelle principali corti d’Europa. È il caso della «rinomata... equilibrante Mariani» e del burattinaio Francesco Rossi. Questi nel suo manifesto del 1784 raccontava che il suo «piacevol divertimento» era stato «aggradito da vari sovrani d’Europa». La Mariani, quattro anni dopo, dopo aver frequentato numerosi palazzi reali, s’esibiva in un cortile di Asti in «giuochi di mano, con molti esercizi militari e cavallereschi», eseguendo «sopra il filo di ferro, una quantità di peregrini equilibri giammai da altri praticati».
La vita di artisti e giocolieri - o almeno quella dei migliori di loro - si svolgeva, infatti, in un continuo spostarsi da piazze e teatri alle corti, dove erano accolti per allietare le serate di principi e cortigiani. Nel 1779 l’inviato pontificio a Torino raccontava - stupito - del regalo di ben 500 lire (quasi lo stipendio annuo di un gentiluomo di corte) dato dal re a Philipp Jonas, un ebreo di Londra considerato allora «il giuocatore più celebre d’Europa». Purtroppo, di queste esibizioni di corte
L’UNIVERSO DEL «PIACEVOL DIVERTIMENTO» ERA «AGGRADITO DA VARI SOVRANI D’EUROPA»
non sono rimaste testimonianze iconografiche.
Al contrario, diversi pittori hanno raffigurato le piazze delle città con gli artisti che vi si esibivano. Silvia Ghisotti, conservatore capo della Reggia, ha potuto quindi portare in mostra opere che sono un ideale contrappunto ai «monumenti» dell’Incisa. Il tale modo ha offerto una lettura originale di pittori «bamboccianti» come Pietro Olivero e Giovan Michele Graneri.
Per raccontare al pubblico questo straordinario universo d’artisti, la regia dell’esposizione è stata affidata ad Arturo Brachetti, protagonista di varie - poliedriche - istallazioni, una delle quali rimanda all’universo del pre-cinema. Grazie, infatti, alla collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema di Torino compaiono in mostra anche alcuni di quelli strumenti («lanterne magiche», «mondi novi»), che erano il mezzo attraverso cui il popolo poteva ammirare anche quei palazzi reali in cui, con tutta probabilità, non sarebbe mai entrato. Un mondo, peraltro, che proprio negli anni in cui Incisa scriveva il suo Giornale, iniziava un lungo, inesorabile, tramonto.