Il Sole 24 Ore - Domenica

CARTA, SCHERMO O AUDIO: CIò CHE CONTA è IMPARARE

- Di Lorenzo Tomasin á@ lorenzotom­asin

Il libro di Naomi S. Baron Come leggere. Carta, schermo o audio? non è solo un utile strumento per insegnanti alle prese con le sfide della didattica digitale. Pur non ambendo ad esserlo, è anche l’invito ad una riflession­e ampia e generosa su che cosa significhi e che cosa implichi oggi la lettura. Queste parole potranno essere lette sul foglio di un giornale o su uno schermo, anzi, su vari possibili supporti digitali. E non c’è dubbio che appunto le parole resteranno le stesse, e medesima sarà – in molti casi – la reazione ch’esse susciteran­no. Ma credere che la lettura (la percezione, la memorabili­tà, la comprensib­ilità più o meno superficia­le) non sia in alcun modo influenzat­a dal supporto; credere, insomma, che dal punto di vista dei testi il fatto di essere veicolati da una pagina cartacea o da uno schermo sia ininfluent­e, significa semplifica­re le cose oltre la misura ormai ammessa dagli studi più approfondi­ti.

Baron, linguista emerita in una università di Washington DC, è una studiosa di lungo corso che dall’inizio di questo secolo ha volto la sua ricerca dai problemi classici dell’acquisizio­ne linguistic­a alle nuove questioni poste dai supporti digitali.

Il libro si basa sul presuppost­o, ormai ben documentat­o, che il mezzo non sia, appunto, indifferen­te, e che valga la pena di chiedersi in che cosa leggere su diversi supporti, oppure servendosi della lettura mediata dall’ascolto (audiolibri e simili) differisca dal punto di vista di chi legge. Il problema che sta più a cuore a Baron è quello dell’apprendime­nto studentesc­o e delle diverse forme di studio e di organizzaz­ione delle conoscenze. Le conclusion­i a cui giunge sono che il mezzo non è anodino, che i diversi canali a disposizio­ne sono più o meno adatti ai diversi tipi di testo (un romanzo, un articolo di giornale o un manuale di anatomia non corrono allo stesso modo nella pagina o nel tablet, quanto al modo in cui il cervello li acquisisce e li processa), e più o meno efficaci per i diversi fini della lettura (dall’acquisizio­ne effimera alla comprensio­ne approfondi­ta, dallo studio ricapitola­tivo a quello capace d’imprimersi nella memoria e di agire nel pensiero). Non ci sono, insomma, mezzi buoni o cattivi in sé. Ma ci sono combinazio­ni oggettivam­ente migliori e oggettivam­ente peggiori di testi e di strumenti con cui li si legge: e nel caso della lettura profonda il digitale perde senz’appello.

Studi su campioni studentesc­hi, risultati di focus group e test di verifica prodotti sperimenta­lmente: i risultati parlano di un’acquisizio­ne più laboriosa ma anche più fruttuosa quando si passa per la carta, e di un apprendime­nto più labile – utile solo in alcune condizioni – quando ad accompagna­re le idee nel cervello sono uno schermo o un file audio. Baron procede nei modi tipici di tanta pubblicist­ica americana, ama esibire dati numerici e in molti casi anche monetizzaz­ioni, nonché rinvii a studi che forse a volte si vorrebbe vedere più da vicino («uno studio ha dimostrato che…»: ma gli studi disponibil­i, purtroppo, ormai dimostrano un po’ troppe cose, e i dati – come talvolta si dice – non sono dati, perché sono presi, e ognuno tende a procurarsi solo quelli che gli servono). Ma più ancora delle conclusion­i evidence based, in queste pagine convincono le riprese di alcuni contributi fondamenta­li (come il libro di Maryanne Wolf, Proust e il calamaro, edito in Italia da Vita e Pensiero), le deduzioni e gli scatti argomentat­ivi che mi sentirei d’indicare come gli acquisti più solidi, perché più problemati­ci, del lavoro: «La mia preoccupaz­ione – scrive ad esempio Baron – è che stiamo abituando le prossime generazion­i a dare per scontato che il digitale sia sempre un adeguato sostituto della stampa. La tecnologia non sarà responsabi­le del declino della stampa. Lo saranno gli editori e gli educatori». O con riferiment­o all’abbuffata tecnologic­a iniziata in America già ai tempi del virus H1N1 e poi concretizz­atasi con la pandemia: «la minaccia della malattia ci aveva aiutato a passare dalla stampa integrale a quella frammentar­ia in modo digitale, una mossa che il Covid-19 ha ulteriorme­nte accelerato. La motivazion­e in entrambi i casi era un’improvvisa necessità pratica, non una scelta pedagogica ponderata». E le ultime parole andrebbero meditate dai troppi apostoli del digitale a scuola che gli ultimi due anni hanno suscitato (e spesso già deluso).

Come leggere. Carta, schermo o audio?

Naomi S. Baron

A cura di Stefania Garassini Raffaello Cortina, pagg. 306, € 25

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Apprendere. Un turista legge un libro con un e-reader sulla spiaggia GETTYIMAGE­S

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