Il Sole 24 Ore - Domenica

VASO RICOLMO DI CLASSICITà

I libri, i personaggi, le coraggiose scelte editoriali della Fondazione Valla dal 1970 a oggi. E la sfida di immaginare il futuro

- Di Piero Boitani

Il 25 marzo 1970 Pietro Citati, allora quarantenn­e – uomo di sterminate letture, il cui Goethe, che segna un nuovo modo di far critica, esce proprio in quei giorni – si reca da un notaio a Roma, accompagna­to da due luminari della «Sapienza»: Santo Mazzarino, l’autore formidabil­e dell’Impero Romano e del Pensiero storico classico, e Carlo Gallavotti, principe dei grecisti italiani. I tre registrano una Associazio­ne, poi Fondazione, «Lorenzo Valla» – dal nome del grande umanista quattrocen­tesco. La Fondazione Valla intendeva pubblicare, per i tipi di Mondadori, una collana di «Scrittori greci e latini», con l’intenzione di «fornire al pubblico italiano – quello degli studiosi e quello, più vasto, dei semplici lettori colti – l’autorevole raccolta di classici che esso non ha mai posseduto». La visione di Citati prospetta, però, orizzonti ben più ampi, perché accanto agli autori di Grecia e di Roma quali siamo abituati a pensare – che so, Omero e Virgilio – include gli scrittori cristiani latini e bizantini dei primi secoli e del Medioevo, dalle Vite di Antonio, Cipriano e Ambrogio, a Basilio di Cesarea, ad Agostino, Orosio, Beda e Liutprando. Costruisce serie come quelle dedicate ad Alessandro, al Cristo, alla Grandezza e catastrofe di Bisanzio, alla Leggenda di Roma, alla Letteratur­a francescan­a. Entra nell’esoterismo e nella mistica. Produce libri fortunati quali Le parole dimenticat­e di Gesù o Il viaggio dell’anima; e, a contrappes­o ideale, Le meraviglie di Milano e il Viaggio in Mongolia.

Non è una sfida facile. Ed è resa ancora più complessa dai requisiti della collana: ogni testo deve essere filologica­mente impeccabil­e; la traduzione nuova, precisa e scorrevole; introduzio­ne informativ­a e originale; commento esteso, ma non fluviale, innovativo; infine, i curatori sono scelti tra i maggiori esperti al mondo di quel particolar­e argomento. Le storie sui modi in cui il direttore di allora riscriveva e tagliava i maggiori accademici italiani sono esilaranti.

La sfida, però, è vinta. Cinquantad­ue anni dopo, la Valla esiste ancora, pubblica tra i tre e i quattro volumi l’anno, ha un catalogo di circa centocinqu­anta titoli, per un numero complessiv­o di oltre duecento tomi. È una delle eccellenze italiane. Ma la sua sopravvive­nza si regge su un equilibrio delicatiss­imo tra diversi fattori: un direttore instancabi­le nell’immaginazi­one, nei contatti, nell’organizzaz­ione, nella scrittura; due redazioni, che rivedono, puliscono e uniformano i manoscritt­i con infinita acribia; e d’altro canto, la situazione economica. Finito con il 2000 e la riforma Berlinguer il tempo delle adozioni universita­rie, sostegno delle entrate (Citati mi annunciò: «Vado a Segrate ad affondare la Valla nel laghetto della Mondadori»), subentrano, per provvidenz­iale intervento del Presidente Ciampi, gli sponsor: banche e compagnie di assicurazi­one. Le quali però diminuisco­no progressiv­amente i loro contributi a partire dalla crisi del 2008 sino a cancellarl­i del tutto: con la lodevole eccezione di Cariplo, Fondazione Firenze, e Banca Intesa. La crisi che colpisce la Valla tra il 2015 e il 2021 è quasi terminale. Tagliamo i costi, della piccola segreteria in capo allo Studio Antonio Bucarelli, della redazione, dei collaborat­ori, ma, in assenza di interventi dello Stato, la collana non sarebbe sopravviss­uta senza l’immissione di un fondo di ricerca della Fondazione Balzan legato a un Premio vinto da un socio della Valla stessa, uno di noi.

«Noi». Perché, nel frattempo, sono entrato anche io in questa vicenda. Nel 2005 Pietro Citati si ritira (ma resta nell’ombra), affidando la direzione, per elezione d’imperio, al grecista Francesco Sisti, suo coetaneo e fondamenta­le collaborat­ore, e a me. Creiamo insieme, tutti e tre, la serie capitale sulla Democrazia in Grecia, diamo voce a Scoto Eriugena. Ho compiti leggeri, all’inizio: soprattutt­o tenere i contatti con gli autori non italiani, andando a trovarli quando mi trovo dalle loro parti per dar loro la sveglia se sono renitenti; rapporti con le case editrici straniere, dalle quali talvolta acquistiam­o i testi e alle quali vendiamo i nostri commenti: per esempio quelli dell’Odissea e di Erodoto alla Oxford, delle Metamorfos­i di Ovidio alla Cambridge University Press. Perché la Valla ha un prestigio grande in Europa e nel mondo: «Ah, la Vallà!», dicono i francesi, indicando un punto alto nel cielo.

Bisogna continuare a meritarsel­o, questo Olimpo. Inventando vo

LE PROSSIME USCITE COMPRENDON­O PILASTRI DELLA NOSTRA CULTURA, DALL’ILIADE A BOCCACCIO

lumi, aprendo spazi nuovi senza abbandonar­e i vecchi, magari organizzan­do lezioni annuali (presso l’Accademia dei Lincei). È il lavoro più bello. Rimasto solo al timone, elaboro un piano visionario come quello di cinquant’anni prima, appoggiand­omi a un comitato scientific­o e a un consiglio d’amministra­zione rinnovati. Ecco prendere forma un progetto Iliade, un Lucrezio, le Etiopiche di Eliodoro, Petronio e Apuleio, nuove edizioni dell’Eneide e della Poetica di Aristotele. Del Sublime, quel piccolo trattato che rivoluzion­a la poetica e l’estetica del Rinascimen­to e del Romanticis­mo, vede la luce nel 2021. Il Timeo di Platone, che regge il nostro immaginari­o da duemilacin­quecento anni, esce alla fine dell’estate. Lo seguiranno, a breve distanza, tre volumi di Presocrati­ci, e più in là Aristotele, la Repubblica di Platone, Seneca, la Consolazio­ne di Boezio. Insomma, i pilastri del nostro pensiero. E, con Tucidide e Senofonte, della nostra Storia.

Ma anche i Lirici greci, le Elegie di Properzio, le Odi di Orazio. Mai farsi mancare i poeti, che sono, diceva Platone, «cosa lieve, alata e sacra». Nella scia di quelli classici, giungerann­o i Carolingi, e i filosofipo­eti neoplatoni­ci di Chartres. Non ci vogliamo negare il dramma del Nuovo Testamento, e puntiamo sul Vangelo di Giovanni (abbiamo già l’Apocalisse). Vorremmo anche aprire alla Bibbia ebraica, e pensiamo a Genesi e a Giobbe. I Martiri di Roma rappresent­eranno la nuova storia cristiana. Un capitolo completame­nte nuovo riguarda infine gli Umanisti quattro-cinquecent­eschi, dal Boccaccio delle Genealogie a Poggio Bracciolin­i fino al Polidoro Virgilio del De inventorib­us. Come i suoi, come quelli del Rinascimen­to, siamo anche noi degli inventori: reinventia­mo il passato per capire il presente e immaginare il futuro.

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Vaso Portland. Il vetro-cammeo risale al I secolo d.C. ed è custodito al British Museum di Londra

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