MACHIAVELLI AL COMPLETO
La nuova edizione delle lettere del grande fiorentino: 82 missive sue e 272 a lui indirizzate, tutte precedute da ampi saggi introduttivi
Luca Boschetto, Francesco Bausi, Alessio Decaria, Diletta Gamberini, Andrea Guidi, Stella Larosa, Alessandro Montevecchi, Marcello Simonetta e Claudio Varotti. A eccezione di Bausi, segnalato in copertina in quanto coordinatore del progetto, i nomi dei curatori dell’imponente epistolario privato di Machiavelli per l’Edizione Nazionale delle sue opere sono praticamente invisibili, ma meritano di essere menzionati tutti in forma estesa non soltanto come doveroso riconoscimento per il lavoro compiuto – le dozzine di lettere che ciascuno di loro ha annotato e edito criticamente – ma perché le inusitate dimensioni della squadra danno all’istante un’idea dell’impegno profuso in tale impresa. È stato indispensabile mettere assieme tanti specialisti perché nessuno di loro, senza gli altri, avrebbe mai potuto portare a termine un’iniziativa di queste proporzioni in tempi ragionevoli.
Qualche numero allora, per incominciare: tre tomi, 2014 pagine, 82 lettere di Machiavelli e 272 a lui indirizzate (tutte precedute da ampi cappelli introduttivi), 22 tavole fuori testo, più una serie di altri materiali variamente utili per ricostruire la vita del grande fiorentino, tra cui due testamenti, una serie di testi para-epistolari o composti per conto di altri e alcune missive cancelleresche riunite sotto la dizione di «lettere ufficiali extravaganti»… Infine il prezzo, inevitabilmente “da biblioteca”: 210 euro.
Se rispetto alla ultima raccolta completa, quella curata da Corrado Vivanti un quarto di secolo fa, ci sono una ventina di testi in più, il punto di forza della nuova edizione risiede soprattutto negli apparati di accompagnamento, che non solo danno conto per la prima volta di tutte le varianti testuali, ma offrono un commento tanto ricco dal punto di vista linguistico quanto da quello storico, mentre sino a oggi solo le lettere più famose erano state oggetto di un’annotazione non superficiale. Ne esce fuori uno strumento di lavoro destinato a rimanere a lungo indispensabile: probabilmente il fiore all’occhiello dell’intera Edizione Nazionale.
A dirla tutta, il volume non comincia bene. La prima parte dell’introduzione di Bausi propone un ritratto a tutto tondo di Machiavelli ispirato alla lettura assai idiosincratica che ne diede il suo maestro Mario Martelli – una lettura che, se già a suo tempo ebbe scarsissimo seguito, oggi appare un fossile storiografico, completamente disconnessa dagli ultimi trent’anni di ricerche, italiane e straniere. Ogni studioso si figura il Machiavelli che può: e quello di MartelliBausi è un toscanaccio geniale ma digiuno di latino e di filosofia, ermeticamente chiuso nel cerchio della sua cultura volgare, non solo mediceo ma iper-mediceo, servile nell’animo e dunque, giustamente, servo. Questo profilo appare però fuori luogo non solo per la fragilità degli argomenti sui quali è costruito (tutti risaputi e tutti ripetutamente confutati), ma per la scarsa attinenza con quanto viene dopo: quasi che il coordinatore del progetto abbia voluto piantare simbolicamente una bandierina sull’intera opera per colonizzarla o battezzarla, anche a costo di operare una vistosa forzatura.
Superata questa pietra d’inciampo, l’edizione prende però il volo. Nella seconda parte del saggio di apertura Bausi offre infatti una ricostruzione minuziosa del modo in cui l’epistolario machiavelliano è giunto sino a noi, tra noncuranza dell’autore per i propri scartafacci, devozione degli eredi e fortunose scoperte, per soffermarsi poi sulle forme in cui le lettere private sono state pubblicate nei secoli, di recupero in recupero, e spesso influenzando la stessa interpretazione dei testi maggiori. Nel caso di un pensatore come Machiavelli, per il quale le trasfigurazioni, le rassettature e persino i travisamenti polemici hanno avuto un’importanza storica non inferiore ai testi stessi, si tratta di un aspetto tutt’altro che secondario, ma che per il carteggio nessuno aveva mai affrontato in maniera sistematica.
E poi, naturalmente, ci sono le lettere vere e proprie. È impossibile resistere alla tentazione di partire dalle più celebri: quella del marzo 1498 a un non meglio precisato fiorentino a Roma, in cui Machiavelli analizza da par suo lo stile comunicativo di Savonarola; quella del settembre 1506 a Giambattista Soderini, dove viene formulata per la prima volta la così detta teoria del «riscontro» (gli uomini sono impetuosi o cauti, e ottengono più o meno successo nelle loro azioni a seconda che il loro carattere si accordi con i «tempi»); quella del 10 dicembre del 1513 dove Machiavelli racconta la sua vita «in villa» e confida all’amico Francesco Vettori l’avvenuta composizione del Principe; certi scambi serio-giocosi con Francesco Guicciardini… Per ognuna di esse, come per le missive meno note, si apprezzano piccoli e grandi progressi, a volte vere e proprie scoperte, come quando per la prima volta il commento chiarisce l’identità personaggi minori e minimi ai quali nessuno, in precedenza, si era preoccupato di dare un volto.
Non è questa ovviamente la sede per addentrarsi nei dettagli, ma non è nemmeno necessario farlo. Presa nel suo insieme, il successo dell’operazione non sta infatti in questo o quel tassello, quanto nella nuova dignità che viene conferita finalmente a una tipologia di testi sin qui trattati come minori. Come scrisse Carlo Dionisotti in polemica contro le interpretazioni troppo astrattamente filosofeggianti, «tutto quello che a Machiavelli importava, piaccia ora o non piaccia, deve importare e importa a noi». Aveva ragione. E oggi, con questa nuova, dettagliatissima edizione dell’epistolario, quel suo antico voto pare finalmente avverarsi.
Lettere
Niccolò Machiavelli
A cura di Francesco Bausi, Alessio Decaria, Diletta Gamberini, Andrea Guidi, Alessandro Montevecchi, Marcello Simonetta, Carlo Varotti, con la collaborazione di Luca Boschetto e Stella Larosa
Salerno Editrice, pagg. CXXX-2014,
€ 210