UN MONDO (QUASI) SENZA FRONTIERE
Tra il 1870 e il 1945 si è sviluppata un’interconnessione a livello mondiale: frutto di guerre, reti di comunicazione, migrazioni di massa, organizzazioni internazionali
La globalizzazione non è iniziata avantieri, e conoscerne le genealogie può (forse) dare un senso a uno dei più abusati luoghi comuni del miserrimo lessico politico contemporaneo: e cioè che il mondo è un unico luogo. La profondità storica e la complessità di tale dinamica sono estranee non solo al grande pubblico ma anche a porzioni del cosiddetto discorso informato.
In un mondo sempre più piccolo di Emily Rosenberg compendia con intelligenza decenni di studi, e ciò fa di questo libro uno strumento accessibile per avvicinarsi alla storia globale e per concettualizzare il fiorire delle strutture del mondo contemporaneo.
Il libro parte dagli anni della globalizzazione imperialista (18701914) e dai suoi tumultuosi effetti sfociati nella prima guerra globale, per proseguire con l’esame delle conseguenze del 1929 deflagrate in un’altra guerra, ma il tema portante è la messa in rete d’istituzioni, movimenti, persone, beni e idee che permearono i confini materiali e immateriali. Data questa visione multiprospettica, non sorprende che il risultato sia un tour-de-force tematico che rappresenta la crescita e l’interconnessione delle istituzioni dello Stato moderno, le reti di comunicazione, le migrazioni di massa, lo sviluppo economico e le organizzazioni internazionali. Tali reti non sono tracciate su uno spazio geografico, tuttavia costituiscono una mappa mentale.
La ricostruzione di Rosenberg sui movimenti e le organizzazioni sociali ambisce a una completezza che comprende le origini della Società delle Nazioni, generata non dalla lungimiranza di pochi, quanto dall’impulso di reti sociali e da una collettiva cognizione della complessità del mondo industriale.
La geografia di tale complessità non deriva solo da scelte politiche, e infatti la narrazione non trascura il fenomeno delle esposizioni universali, il ruolo della tecnocrazia non statale, la trasformazione della cultura popolare e la nascita della società dei consumi anche attraverso l’istituzionalizzazione delle competizioni sportive o delle manifestazioni cinematografiche. Per Rosenberg la connettività transnazionale riflette la tensione corale (a volte ingenua) alla pace alimentata da un antimilitarismo radicale proprio nel tornante che conoscerà il punto più alto dell’ebbrezza per la guerra quale fenomeno rigenerativo dei popoli.
La guerra, il nazionalismo e l’ipernazionalismo di quell’epoca estrema devono interpretarsi in tale quadro. Quando, per effetto della compressione del tempo, i popoli si sono avvicinati in modo imprevedibile, i risultati sono stati: crescente rivalità, frattura, inasprimento delle tensioni xenofobe, e il mondo sempre più caratterizzato da «elementi comuni differenziati».
Lo Stato di fine Ottocento è qui osservato mentre affronta i problemi della crescita demografica ed economica e irreversibili cambiamenti tecnologici. Quest’approccio quasi weberiano, con l’idea fondamentale del consolidamento della territorialità, dialoga con lo sviluppo degli Stati nazionali del primo Novecento che si qualificarono (anche) per un’endemizzazione del conflitto e per una nuova percezione delle identità. Si tratta di un’angolazione non unanimemente accolta: parte della recente storiografia tende a sottolineare l’impatto su uno Stato debole delle minacce esterne. Ma questo lavoro non trascura, per esempio, le peculiarità dell’integrazione degli Stati nell’economia mondiale, e l’importanza che in quel processo ebbero i partiti e le élites industriali e finanziarie.
Altro tema di grande interesse è lo sviluppo dei circuiti di comunicazione globali che hanno reso il mondo un luogo ristretto. Non si tratta di un tema originale: i lavori di Jürgen Osterhammel o di Daniel Headrick (per fare solo i nomi di due capiscuola) hanno spiegato la portata rivoluzionaria di quel processo, eppure il tema è qui collegato con un ragionamento innovativo. L’imperialismo occidentale è stato rafforzato dalle rivoluzioni tecnologiche, in particolare dal telegrafo che ha cablato il mondo nel 1902-3, ma le navi a vapore e le ferrovie sono state ancora più importanti, in particolare nell’esplosione dei volumi commerciali e nel ridimensionamento dei concetti di centro e periferia.
La chiave per un mondo fu “l’interconnessione” dei diversi tipi di comunicazione capaci di sovvertire la percezione geografica dell’Ancien Régime. Le reti globali superavano i confini nazionali ma partecipavano alla creazione di altri limiti: quanto più alcuni tipi di confini erano eliminati, tanto più le nuove reti potevano trovare nuovi modi per crearne altri. L’accelerazione del tempo e la metamorfosi della percezione dello spazio sono gli elementi qualificanti della modernità per come la pensiamo oggi, anche se tale processo descrive i rapporti di forza (sociali e internazionali) e ha dapprima interessato solo i Paesi capaci di agganciare la seconda rivoluzione industriale.
Del resto le tecnologie non erano (e non sono) libere, e il loro uso era (ed è) determinato dalle scelte umane, e per questo lo spazio imperiale è stato definito - e rinegoziato - sulla base dell’accesso alle innovazioni.
Poiché l’assunto portante del volume è cesellato intorno all’idea di un mondo “contratto”, la Depressione – cioè la de-globalizzazione – trova uno spazio limitato. Vero è che i modelli di decelerazione della globalizzazione non possono essere trattati in modo sistematico in uno spazio limitato, e tuttavia interpretare la multidirezionalità e la ridefinizione dei soggetti del sistema internazionale non avrebbe contraddetto la potenza trasformatrice della mondializzazione, che si qualifica anche per la negatività.
Una negatività che oggi pare essere assai più comprensibile di quanto non fosse solo dieci anni fa.
ALLO STESSO EFFETTO CONCORRONO LE ESPOSIZIONI UNIVERSALI E LA NUOVA DIMENSIONE DI SPORT E CULTURA POPOLARE
In un mondo sempre più piccolo. Le correnti transnazionali dal 1870 al 1945
Emily S. Rosenberg Einaudi, pagg. 272, € 23 In libreria dal 30 agosto