DOPPIO STUDIOLO PER IL DUCA FEDERICO
Il VI centenario della nascita del signore del Montefeltro è celebrato da due mostre allestite nei Palazzi Ducali in cui egli visse circondato da artisti, intellettuali e astrologi
Federico da Montefeltro, si sa, era un appassionato e grande amatore. In occasione di un torneo infilò un ramoscello di quercia all’elmo trattenendolo con la celata, che, dunque, non abbassò. Era un messaggio eloquente per la donna amata, alla quale intendeva ricordare un amplesso consumato all’ombra del frondoso albero. Giostrando, dunque, a volto scoperto, senza protezione, venne colpito dalla lancia di legno dell’avversario perdendo l’occhio destro e parte del naso. Stette fra la vita e la morte per giorni, ma il naso a sella che gli rimase ha reso famosa la sua immagine; non v’è chi non conosca il profilo di Federico: celeberrimo il suo ritratto eseguito da Piero della Francesca, nel dittico, ora agli Uffizi, che lo vede con la consorte Battista Sforza.
Federico era nato a Gubbio il 7 giugno 1422; per gli amanti (come lui stesso lo era) dell’astrologia: segno zodiacale, gemelli. In questo 2022 si celebrano dunque i seicento anni dalla sua nascita.
Figlio illegittimo del conte Guidantonio, allora senza eredi (però, in verità, era figlio di Aura, illegittima figliola di Guidantonio - non ci si meravigli più che tanto: le cose potevano andare anche così -, e del consorte Bernardino Ubaldini della Carda, ma la gravidanza venne tenuta nascosta) fu legittimato con bolla pontificia del 20 dicembre 1424 da papa Martino V Colonna. Educato a Mantova nella Ca’ Zoiosa dell’umanista Vittorino da Feltre, ne fu l’allievo prediletto.
Uomo d’arme e di lettere, colto, competente in astrologia, amante delle arti, esperto di architettura, principe munifico e potente, Federico non fu certo uno stinco di santo.
Se non la promosse, difficile immaginare che non fosse al corrente della congiura ai danni di Oddantonio (nato nel 1427), il fratellastro ed erede legittimo, assassinato il 22 luglio 1444, tanto che fu prontissimo a entrare con i suoi armati in Urbino e firmare con la capitale dello Stato dei patti appena il giorno successivo, il 23 luglio. Ne firmò di simili il 7 agosto con la città di Gubbio, la seconda capitale volta a occidente, al di là degli Appennini, verso la valle del Tevere. Alla connivenza sua e del re di Napoli, nonché con l’avallo di papa Sisto IV della Rovere si perpetrò la congiura dei Pazzi, che il 26 aprile 1478 portò all’omicidio di Giuliano de’ Medici e al ferimento del fratello Lorenzo nella cattedrale fiorentina di Santa Maria del Fiore.
Quella di Federico fu, tuttavia, una carriera gloriosa di condottiero al servizio dei vari potentati italiani, da Napoli a Milano, coronata nel 1474 dal titolo di gonfaloniere della Chiesa, dal conferimento dell’agognato titolo di duca (concessogli da papa Sisto IV), dall’assegnazione dell’Ordine dell’Ermellino da parte del re di Napoli e dalla concessione dell’Ordine della Giarrettiera da re Edoardo IV d’Inghilterra.
Sposata in seconde nozze nel 1460, Battista Sforza (1446-1472) portò serenità e amore nella vita di Federico, al quale dette anche un erede maschio, Guidubaldo (nato a Gubbio il 24 gennaio 1472, morto giovanissimo, senza aver mai avuto figli, nel 1508), e recò prosperità e cultura nello Stato feltresco. Non a caso Battista, che nel 1461 aveva declamato alla presenza di papa Pio II Piccolomini un’orazione latina (va da sé: un discorso solenne), venne lodata dal pontefice per aver trasformato la corte di Urbino in un «domicilium humanitatis» e un luogo in cui regnavano grazia e ospitalità.
Ma il nome di Federico è legato al suo palazzo urbinate, alla sua biblioteca del cui pregio e ricchezza di titoli si favoleggiava, alla notorietà degli astrologi di corte, Paolo di Middelburg e Jacopo da Spira, alla fama degli artisti che favorì e che gli furono amici: Giovanni Santi, Piero della Francesca, Giusto di Gand, Pedro Berruguete, Fra Carnevale, Ambrogio Barocci, Luca Signorelli, Luciano Laurana, Francesco di Giorgio Martini e Leon Battista Alberti.
È con Federico che l’arte rinascimentale, già collaudata a Firenze, si dispiega a Urbino, a partire dal portale della chiesa di San Domenico e irrompendo poi nel nuovo, vasto Palazzo prima Comitale e poi Ducale, il più bello e spettacolare d’Italia, dal cortile loggiato proporzionatissimo e contraddistinto da «niveis centum lustrata columnis». Dagli anni Settanta, invece, Federico volge la sua attenzione anche a Gubbio. Infatti, al suo biondo architetto (tale lo rammenta Giovanni Santi nella Cronaca rimata), il senese Francesco di Giorgio (1439-1501), al servizio del Montefeltro dal 1476 circa, Federico commissiona il rinascimentale Palazzo Ducale. Realizzato nel cuore politico e religioso della Gubbio medievale, ancora è avvolto dalla fitta trama di case e palazzi in pietra calcarea bianca che «ha in sé suave odore». È dal 1465, inoltre, che Federico dà nuovo e forte impulso alla biblioteca con l’aiuto del libraio Vespasiano da Bisticci. Gli studioli di Urbino e di Gubbio lo vedevano leggere e riflettere.
Le due città oggi lo celebrano con due mostre. A Gubbio l’allestimento è aperto da un’inedita sala con medaglie dei maggiori medaglisti del Quattrocento, da Pisanello a Matteo de’ Pasti, mostranti i volti di amici, nemici, e personaggi celebri e potenti per i quali Federico aveva combattuto. Quindi, illustra Federico e il suo architetto e trattatista, Francesco di Giorgio, la pittura e le arti a Gubbio dalla fine del Trecento al 1508, anno della morte di Guidubaldo, nativo della città umbra. E ancora Federico uomo d’arme e di lettere e amante delle scienze e dell’astrologia.
A Urbino, nella sede prestigiosissima di Palazzo Ducale, essa stessa espressione delle preferenze di Federico quanto all’architettura e alle arti, luogo che vide il duca aggirarsi tra le sue molte stanze seminate di camini ornatissimi ed arazzi, si dipanano opere di Francesco di Giorgio pittore e scultore grandissimo, attorniate da dipinti dei “frequentatori” della corte urbinate, da tarsie e libri miniati.