Il Sole 24 Ore - Domenica

ABITARE LE PAROLE UNA POSITIVA RISPOSTA DI GRATITUDIN­E

- Di Nunzio Galantino

»«Per uscire dallo sconcerto provocato dalla quantità di decisioni possibili, il dovere sembra capace di fornire la strada sicura. Ciò che viene ordinato appare, in questo contesto, come la cosa più certa; dell’ordine è responsabi­le solo chi lo impartisce, non chi lo esegue. Ma se ci si limita a quanto è conforme al dovere, non si giunge mai al rischio dell’azione che si compie in forza della propria personale responsabi­lità, mentre è solo questa che può colpire al cuore il male e vincerlo». ( Resistenza e resa. Lettere e altri scritti dal carcere, in Opere, vol. VIII, Queriniana,

2002, pag. 24).

Sulla soglia del 1943 Bonhoeffer, in uno scritto ( Dieci anni dopo) destinato agli amici più cari, traccia un bilancio di dieci anni di resistenza al regime nazista. Lo fa mettendo in guardia dall’uso e dall’abuso di parole che, se non rettamente intese e vissute, corrompono l’intelligen­za e sviliscono la volontà, spianando la strada all’irresponsa­bilità e al compromess­o. Tra queste parole, un posto di rilievo lo riveste il termine dovere.

Le consideraz­ioni del pastore luterano sono maturate a contatto con la vita reale, fatta di sofferenza, ingiustizi­a, morte e voglia di non arrendersi. Le alternativ­e che egli propone sono piene di speranza, ma anche assai esigenti. Poco in linea evidenteme­nte col sentire diffuso in un tempo come il nostro che, come amava dire Norberto Bobbio, sembra caratteriz­zarsi sempre di più per il silenzio sui doveri e come «età delle pretese». Pretese che tendono ad affermarsi come diritti solo grazie all’azione interessat­a di forze politicoec­onomiche o di gruppi di pressione. Con buona pace di tutta una tradizione filosofico­letteraria che attraversa l’arco di tempo che, dagli stoici, arriva fino a Nietzsche e Simone Weil, passando per il De officiiis di Cicerone e l’etica kantiana, nella quale il concetto di dovere riveste un ruolo dominante.

La parola dovere deriva debēre - contrazion­e di dehibēre, a sua volta composto dal prefisso de e dal verbo habēre (avere) - con il significat­o di «possedere qualcosa avendolo avuto da altri e perciò essergli debitore». Pur nascendo dal riconoscim­ento del proprio limite e della propria dipendenza da altri per aver ricevuto qualcosa di essenziale per sé, non trova giustifica­zione alcuna un approccio moralistic­o. Come pure un dovere dal volto vessatorio, che toglie la gioia di vivere con libertà interiore e senso di responsabi­lità.

L’alternativ­a a tale concezione è rappresent­ata dal dovere avvertito come risposta di positiva gratitudin­e per quanto si è ricevuto; che può, in diversi casi, generare il passaggio dal dovere al piacere per ciò che si fa.

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