IL «CONTE» E «OTELLO» SONO I VERI SIGNORI DEL ROF
Come è andato il Rossini Opera Festival edizione numero quarantatré? Bene, benissimo, cantano gli organizzatori, sciorinando numeri in crescendo. Benino, così così, commentano i fedelissimi, quelli che a Pesaro non mancano una stagione, alcuni persino dalla prima, e che quest’anno hanno notato un po’ di sedie vuote, biglietti più cari, e quel cambio di guardia ai vertici, passati dai musicologi e autorevoli storici di ieri, garanzia di prestigio e solidità per i recuperi rossiniani, ai tenori di oggi, attenti alle voci, di manica un po’ larga quanto a filologia.
Ma lasciamo la parola ai numeri del bilancio e ai titoli per l’anno prossimo: su questo terreno, dell’efficienza unita alla prontezza, il ROF non ha rivali in Italia. E si posiziona, quanto a stile, a livello dei grandi internazionali, ossia di quelli che mentre chiudono le porte di una stagione, già annunciano quella che arriverà. Penalizzato come tutti da due annate Covid, finalmente l’agosto 2022 ha visto le biglietterie del festival ritornate a pieno regime: 13.100 i presenti, per 957mila euro di incasso. Le percentuali brillanti - rispettivamente, con un segno più del 53 e del 47 per cento - si confrontano però con il 2021, e non raggiungono ancora i dati prepandemia. Il pubblico di oltreconfine ha segnato una presenza pari al 55 per cento, dunque in via di recupero, perché qui le proporzioni vantavano sempre un multilinguismo da Guinness, con due stranieri su tre, per un appeal internazionale superiore a qualsiasi altra rassegna del patrio suolo.
Se quest’anno si calavano carte robuste, con un Otello dove svettava Eleonora Buratto, e un Comte Ory di segno surreale nella regia di Hugo de Ana, per il prossimo agosto, dall’11 al 23 si annunciano piatti per palati raffinati: Edoardo e Cristina, opera collage, tagliata e cucita per Venezia nel 1819, di cui per la prima volta viene presentata l’edizione critica a cura della Fondazione Rossini, sul podio Jader Bignamini, regia di Stefano Poda; a seguire Adelaide di Borgogna, con Francesco Lanzillotta e Arnaud Bernard, e la ripresa di Aureliano in Palmira, nella regia 2014 di Mario Martone. Il tutto all’insegna della prudenza. Ma pazientate rossiniani: pare che il 2024, con Pesaro capitale della cultura, sarà un fuoco d’artificio.