ORSù, LANCILLOTTO MIO, VENITE A LETTO!
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Erano cuscini profumati. L’aria fragrante è uno degli stratagemmi ammaliatori che nella quinta novella della seconda giornata del Decameron mette in opera anche la bella siciliana, facendo credere ad Andreuccio da Perugia di essere sua sorella. La fanciulla lo porta nella sua camera, «la quale di rose, di fiori d’aranci e d’altri odori tutti oliva, là dove egli un bellissimo letto incortinato, e molte robe su per le stanghe […] e altri assai belli e ricchi arnesi vide» (cioè molte lussuose vesti appese alle traverse di legno della stanza - traverse usate in vece degli armadi ancora inesistenti).
Di nuovo una siciliana, madonna Jancofiore (giornata ottava, novella dieci), finge di consumarsi per un giovane mercante, il fiorentino Salabaetto, che viene portato nella camera di lei. Appena entrato, «sentì quivi maraviglioso odore di legno aloè e d’uccelletti cipriani», inoltre «vide il letto ricchissimo, e molte belle robe per le stanghe»: uccellini meccanici che gorgheggiavano, ricchi abiti parati sulle traverse oltre al profumo dell’esotica e preziosa pianta fecero stimare al giovane di trovarsi nella casa «di una grande e ricca donna».
Oggi, con l’acqua corrente e l’abituale igiene personale, non pensiamo più agli afrori del sudore e a tutti i cattivi odori stagnanti nell’aria medievale a causa della presenza di liquami e deiezioni animali e umane nelle strade - non esistevano le fognature -, dove abitualmente finiva anche, buttato dalla finestra, ogni tipo di rifiuto organico commestibile, per quanto poi subito portato via da cani, galline e soprattutto maiali. Il lezzo doveva invece essere così diffuso nella quotidianità da portare, per converso, al vivo apprezzamento del suo contrario… Mentre noi abbandoniamo di giorno il luogo dove dormiamo al silenzio e alla solitudine, nel Medioevo la camera da letto era animata da varie attività. La stanza infatti si adattava rapidamente ai desideri e ai bisogni di chi ci viveva. Innanzitutto, proprio per la piacevolezza del materasso imbottito e per il calore offerto, se necessario, dal fuoco acceso, faceva le veci del nostro soggiorno. Qui venivano ricevute le persone… Poiché le stanze erano in genere piccole (le case, nelle città medievali cinte da mura, non potevano occupare troppo spazio in ampiezza), notiamo come i mobili siano smontabili. Il tavolo è formato da un’asse appoggiata su cavalletti che, finito il pasto, veniva addossata verticalmente al muro (donde il detto, in uso quando ero giovane: «Leviamo le mense»). A volte, fra i mobili della camera, oltre al letto c’era anche una panca resa più confortevole da vari cuscini (una sorta di antenata del nostro divano). Ce lo conferma infatti tal frate Rinaldo che, per non perdere tempo e forse non lasciare tracce nel letto matrimoniale, dove «già più volte era giaciuto con madonna Agnesa», un giorno - è ancora una volta il Decameron la nostra fonte - «con la donna che il fanciullin suo avea per mano, se n’entrarono nella camera, e dentro serratisi sopra un lettuccio da sedere, che in quella era, s’incominciarono a trastullare».