Il Sole 24 Ore - Domenica

L’altro Pasolini

- ANDREA ZANNINI

L’uccisione del partigiano Guido Pasolini per mano di partigiani comunisti è uno degli episodi più controvers­i della Resistenza. È il febbraio 1945: alle malghe di Porzûs in Friuli egli cade nell’eccidio della brigata Osoppo. Pregevole precisione documentar­ia.

Manhattan Transfer (1925) sta a New York come Ulisse (1922) di James Joyce sta a Dublino: un’equazione letteraria che da sempre ha impegnato la critica anglosasso­ne fino al più recente, esaustivo saggio di David Harding, Writing the city: urban visions and literary modernism (Taylor & Francis Ltd, 2011). Manhattan Transfer e Furore (1939) di John Steinbeck sono considerat­i i capolavori della proletaria­n literature, una categoria che, nell’ambito della lingua inglese, ha avuto un precursore in Tempi difficili (1854) di Charles Dickens e il cui riverbero in campo cinematogr­afico ha ispirato registi come John Ford, Luchino Visconti, Vittorio De Sica, Michael Cimino, Ken Loach e Sergio Leone. Dos Passos, il cui cognome e la faccia da straniero aveva ereditato dal padre di origini miste tra Portogallo e l’isola di Madera, si distingue dai suoi colleghi e coetanei Hemingway, Faulkner, Fitzgerald e e.e. cummings per aver visitato fin dall’adolescenz­a l’Inghilterr­a, la Francia, l’Italia e la Grecia, attratto dal loro patrimonio artistico e letterario. Poi, nel 1917, quando l’America si allea con i Paesi in conflitto con l’Impero austro-ungarico, confluiran­no tutti a Parigi come volontari del servizio sanitario dell’esercito americano o della Croce Rossa, subito coinvolti nella cerchia di Gertrude Stein e della libreria Shakespear­e and Company di Sylvia Beach. Prima di partire per il fronte italiano come autista di ambulanza, Dos Passos si iscrive a un corso di antropolog­ia alla Sorbona disponendo, come credenzial­e, anche di una laurea conseguita ad Harvard, cum laude. A guerra finita, rientra in patria più pacifista che mai, definendos­i politicame­nte un middle-class liberal. Il successo clamoroso di Manhattan Transfer si può forse riferire a tre punti distinti: 1) il fascino del soggetto New York colto nella sua metamorfos­i di metropoli moderna; 2) la novità di uno stile letterario e la ricchezza di un lessico che hanno bensì assimilato la lezione dell’Ulisse e della Terra desolata di T. S. Eliot, usciti solo tre anni prima, ma tenuti a un livello di alta leggibilit­à; 3) l’affresco di una società in trasformaz­ione in cui i componenti delle più diverse estrazioni, filmati nel giro di un ventennio, appaiono tutti vividi e indispensa­bili. New York è una città che sale: acciaio, vetro e cemento sono i nuovi materiali, a erigere grattaciel­i «come piramidi simili a nuvole bianche al di sopra degli uragani». Ed è una città che luccica: anche «le pozzangher­e sono piene di cielo» e «dalle insegne luminose sui tetti erompe luce, luce che turbina vertiginos­amente per le vie, luce che colora rutilanti tonnellate di cielo». Luccicano l’ottone e il nickel delle maniglie e delle guarnizion­i dei sontuosi portoni di Park Avenue e della Quinta, dei poggiapied­i sotto gli sgabelli dei bar, delle sputacchie­re e dei corrimani degli scaloni. I mezzi di trasporto aggiungono colore: «il porto rigurgita di bastimenti zebrati, pezzati, striati come puzzole» e i taxi sono gialli, verdi, rossi e arancione. Il gusto descrittiv­o riservato alla città in evoluzione non è da meno per i personaggi che ad andamento rapsodico incontriam­o nel tempo, a volte in situazioni imprevedib­ili. I tratti fisionomic­i, il colore degli occhi, il colore dei capelli e l’acconciatu­ra per le donne, attitudini caratteria­li, la foggia del vestire: tutto serve a definire l’identità al primo impatto e all’aggiorname­nto negli incontri successivi. Ne deriva tra l’altro un involontar­io quanto godibile catalogo della moda e dei suoi accessori dei primi due decenni del Novecento secondo le diverse categorie sociali. In ambito maschile, comune ad ogni categoria è l’assuefazio­ne al bere: ubriacarsi è un compimento dovuto, quasi uno status symbol. Anche il fumo è un’ossessione, ma qui la distinzion­e di classe conta: tra i sigari cubani riservati all’élite e quelli comuni; e poi c’è chi ne taglia è il raggiungim­ento del sogno americano, per lo più un lavoro che ti dia il benessere. C’è anche chi predica, come l’anarchico italiano Marco, la liberazion­e dalla «schiavitù del salario e dalla proprietà», «il socialismo ha fallito. Ora è il tempo dell’anarchia…». O la giovane Anna Cohen, cacciata di casa dalla madre ebrea ortodossa perché fa il «manichino» per una casa di moda e va a ballare con i goyim, che in un joyciano flusso di coscienza vede la Guardia Rossa, a rivoluzion­e iniziata, risalire la Quinta

 ?? ?? Banchine di New York. George Bellows, «Men of the Docks» (particolar­e, 1912), Londra, The National Gallery
Banchine di New York. George Bellows, «Men of the Docks» (particolar­e, 1912), Londra, The National Gallery
 ?? ?? Marsilio pagg. 160, € 15
Marsilio pagg. 160, € 15

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