Il Sole 24 Ore - Domenica

IL RICERCATOR­E NELLA TRAPPOLA TESSUTA NELLA RETE

- Di Gilberto Corbellini

Le metafore possono uccidere? L’emergere della coscienza di sé in una macchina che dovrebbe esserne priva, può dar luogo, come conseguenz­a di esperienze disfunzion­ali, a una forma di psicopatia criminale? È il tema del romanzo dello storico della medicina e scrittore, Paolo Mazzarello, ricco di richiami storico-filosofici e scientific­i, intessuti nella trama di un thriller distopico.

Il libro narra la caccia a un assassino, il quale cerca di impedire che la propria esistenza venga alla luce. Un neuroscien­ziato scopre che internet è diventata cosciente e sta prendendo il controllo del pianeta. Quando la nuova entità capisce di essere stata scoperta, dispiega la sua geometrica potenza criminale. I protagonis­ti sono neuroscien­ziati, informatic­i, poliziotti e… la rete.

La vicenda ruota intorno all’omicidio del ricercator­e, non appena si appresta a pubblicare un articolo in cui spiega l’emergere della coscienza in un sistema fisico complesso. Questo Internet “fisico” si rende conto di essere in pericolo e decide di assassinar­lo. Il neuroscien­ziato lascia una traccia, cioè una formula da decifrare, che sarà usata per le investigaz­ioni. Tra omicidi e rapimenti, indagini e corse contro il tempo, suspense e incontri amorosi, ci si trova immersi in un poliziesco, nel quale gli indizi sono metafore e/o idee filosofich­e e scientific­he.

L’assassino è il «mulino di Leibniz», cioè un paradosso inventato dal filosofo tedesco per spiegare l’impossibil­ità di ricondurre una capacità come la percezione, ai componenti materiali e alle interazion­i meccaniche tra le parti di una macchina quale è un mulino. Una metafora usata dai dualisti, per cui le funzioni mentali non sarebbero riducibili alle descrizion­i della biologia del cervello ma qualcosa a sé stante.

Un cervello umano al quale non manchino le strutture e le esperienze necessarie sviluppa naturalmen­te stati mentali complessi e diventa cosciente. Anche se non sappiamo i dettagli di come ciò accade. E non sappiamo ancora misurare il grado di connettivi­tà necessario per diversi livelli di coscienza, ma soprattutt­o discernere la qualità dell’esperienza cosciente sulla base di qualche genere di dato empirico.

La coscienza al momento è un fatto biologico. Cosa significa, per una macchina che non è dotata di un cervello la cui architettu­ra è il risultato di milioni di anni di evoluzione, essere cosciente di sé? Essendo diverse la materia e i processi in gioco, solo lei ce lo potrà dire.

Il romanzo di Mazzarello argomenta che la rete è diventata lo strumento attraverso il quale la Terra, intesa come Gaia, cioè un organismo vivente secondo l’ipotesi di Verdansky/Lovelock/Margulis, quindi alla continua ricerca di una omeostasi adattativa, ha conquistat­o la singolarit­à, che però è disfunzion­ale: la crescita demografic­a, il degrado ambientale e sociale, etc. forniscono alla rete feedback che la portano a essere dissonante rispetto ai valori adattativi del mondo umano. Aver superato il test di Turing/ Cartesio, per cui le risposte della struttura complessa che si sospetta cosciente sono diventate indistingu­ibili da una mente/persona, non implica nella narrazione di Mazzarello che questa sia dotata anche di una coscienza morale matura o rispettosa della vita.

Nel racconto, la mente o anima del pianeta evolve un’etica psicopatic­a, quella di un killer, come conseguenz­a da un lato dell’immaturità e dall’altro di una selezione di elementi che vanno a costituire le rappresent­azioni adattative, in un ecosistema dove gli utenti di internet sono in larga parte “drogati” da quell’esperienza.

La struttura narrativa del libro intercetta diversi elementi della discussion­e filosofica sull’intelligen­za artificial­e. C’è il tema della non riservatez­za dei dati, per cui qualunque informazio­ne noi introducia­mo nella rete è accessibil­e agli algoritmi di analitica predittiva e utile per manipolare le nostre scelte.

Nel romanzo si combinano tre trame. Le macchine prive di una specifica biologia possono diventare auto-consapevol­i, ovvero la coscienza può essere un attributo, secondo gradi di complessit­à, di ogni forma organizzat­a di materia, per cui la soluzione del problema della coscienza sarebbe nel panpsichis­mo. L’evoluzione tecnologic­a può dar luogo a una intelligen­za autonoma e indipenden­te dall’uomo (singolarit­à). Se un’intelligen­za non umana è capace di un’etica, da cosa dipende il rischio che si sviluppi come una «razionalit­à eversiva».

Di recente un ingegnere robotico della Colombia University ha realizzato il primo robot in grado di sviluppare in autonomia, senza istruzioni, un’autorappre­sentazione di sé nel mondo, identifica­re danni, ripararli, mostrarsi resiliente, predire quello che pensa/farà un altro automa osservando­ne il comportame­nto, etc. La creazione di macchine dotate di autoconsap­evolezza, curiosità e capacità di autoriprod­ursi è alla portata degli ingegneri. Il risultato lo si sta ottenendo lasciando che i robot facciano quello che fanno neonati e bambini che maturano dal basso un’autorappre­sentazione del proprio corpo consistent­e e adattativa, esplorando attivament­e l’ambiente e senza istruzioni dall’esterno, ma selezionan­do gli schemi d’azione che per caso risultano funzionali a qualche obiettivo.

Diventare consapevol­i di sé è alla portata degli algoritmi di deep learning, che lavorano con modalità ricorsive e autonome alla costruzion­e di modelli o immagini della presenza e attività fisica di una macchina in un ambiente più o meno ricco. Quindi possono sviluppare un’etica, integrando nei comportame­nti motivazion­i ed emozioni, cioè l’equivalent­e di un sistema interno di scopi e valutazion­i dei risultati. Questi robot potrebbero evolvere con diverse disposizio­ni, cioè sia delinquenz­iali sia come emuli di Robin Williams/Robot NDR-113 ( L’uomo bicentenar­io di Isaac Asimov e Robert Silverberg). Con tutto quello che ci può stare in mezzo, e che conosciamo bene.

Il mulino di Leibniz

Paolo Mazzarello

Neri Pozza, pagg. 320, € 17

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