AVANTI, ARMATI DI LETTERATURA
La testimonianza dello scrittore ucraino Nikitin: gli intellettuali riempiono i ranghi di soldati e volontari. E grande è il fermento per salvare la cultura che Putin vuole cancellare
La guerra cambia tutto in noi, dallo stile di vita all’ordine delle priorità. I cambiamenti possono essere talmente profondi che la chimica stessa dell’organismo umano sembra mutare, e talmente rapidi che per un po’ si stenta a riconoscere sé stessi, ci si stupisce di come siamo diventati, ma ancora di più di come eravamo prima. Manifestandosi sempre in nuove forme, la guerra ci cambia costantemente e in modi imprevedibili. E lo farà fino al suo ultimo giorno. O forse lo farà per sempre.
Gli obiettivi della guerra contro l’Ucraina sono stati dichiarati dalla Russia in termini molto espliciti: l’annientamento dello stato ucraino e della civiltà ucraina. È ciò che accadrebbe in caso di una nostra sconfitta, per cui l’atteggiamento della società culturale ucraina nei confronti della guerra è unanime: bisogna difendere l’Ucraina con ogni mezzo possibile. Le differenze emergono nel definire il proprio posto all’interno della guerra, e si tratta di una scelta personale del singolo.
Tra coloro che nei primi giorni, sotto l’ululato delle sirene, hanno portato le famiglie all’estero e si sono arruolati come volontari nell’esercito ucraino ci sono molti letterati, musicisti ed editori. Di certo non resteremo senza canzoni, poesie, romanzi o saggi su questa guerra.
La dimensioni della guerra russo-ucraina sono enormi e un ruolo assolutamente indispensabile nella consegna all’esercito delle forniture mediche, delle provviste alimentari e degli indumenti per i soldati è svolto dai volontari. In pratica, è un secondo servizio di intendenza dell’esercito ucraino, un servizio mobile, autorganizzato, sparso in tutto il territorio ucraino e all’estero. È difficile calcolare il numero dei volontari, ma tra i più noti troviamo ancora poeti, filosofi, storici, giornalisti e scrittori.
Queste due categorie, i soldati e i volontari, sono impegnate nella guerra, la loro partecipazione alla vita culturale odierna è minima, eppure la loro presenza nello spazio culturale si continua a percepire. È una presenza che conferisce un ul
Joshua Cohen e Jericho Brown (vincitori del Pulitzer), Frans De Waal, William Dalrlymple sono alcuni dei 600 ospiti che parteciperanno alla XXIII edizione di Pordenonelegge, la festa del libro a cura di Gian Mario Villalta (direttore artistico), Alberto Garlini e Valentina Gasparet, che si tiene dal 14 al 18 settembre a Pordenone e in 12 centri del Friuli Venezia Giulia. Tra gli altri autori presenti ci sono Jason Mott, Jeffery Deaver, Jhumpa Lahiri, Nicola Gardini, Antonella Anedda, Milo De Angelis, Ubah Cristina Ali Farah, Olivier Norek, Jonathan Gottschall, Sasha Marianna Salzmann, Thomas Gunzig, Elisabeth Asbrink, Olivier Sibony, Miguel Benasayag, Frank Westerman, Caterina Bonvicini, Antonio Calabrò, Fabrizio Gatti, Meri Gorni, Espérance teriore significato a ciò che accade nelle retrovie ucraine.
Un’altra parte della comunità culturale ucraina, forse la più visibile, adesso si trova all’estero. Ciascuno ha le sue ragioni per attraversare il confine, ma per tutti la principale, naturalmente, è una sola: in un Paese in stato di guerra non esistono luoghi sicuri. La possibilità di morire in un improvviso attacco missilistico c’è sempre: andando a fare la spesa, mentre si percorre una strada in auto, o anche a casa, di notte, nel sonno. Quindi, per chi può andare
Hakuzwimana, Federica Manzon, Andrea Moro, Francesca Mannocchi, Paolo Legrenzi, Giuseppe Patota, Chiara Valerio, Giorgio Vallortigara, Carlo Ginzburg, Andrea Tarabbia, Laura Pugno. Il festival si proietta nell’attualità più viva con la spiga di grano sulla sua immagine e con una delle voci più note della letteratura ucraina contemporanea, Aleksej Nikitin, (vedi articolo qui sopra) che si collegherà da Kiev sabato 17 settembre (ore 19, Ridotto del Teatro Verdi), in dialogo con la traduttrice del suo ultimo romanzo Bat-Ami. Di fronte al fuoco, Laura Pagliara. L’apertura, il 14, vedrà confrontarsi sei voci della letteratura italiana e ceca: Mauro Covacich, Josef Pánek, Matteo Bussola, Markéta Pilátová, Silvia Avallone, Radka Denemarková. via senza compromettere la difesa del Paese, è meglio partire.
Il sostegno alla cultura ucraina in Europa e nel mondo dall’inizio della guerra è semplicemente incredibile. Non si era mai visto niente di simile in passato. I versi dei poeti ucraini vengono pubblicati in traduzione in ogni lingua possibile nelle riviste letterarie e sui siti letterari dei più svariati Paesi. Le case editrici europee e americane hanno cominciato a interessarsi alla prosa ucraina. Numerose sale da concerti ospitano musicisti e cantanti ucraini. Artisti ucraini sono presenti in tutte le principali mostre di pittura contemporanea, e il cinema ucraino in tutti i festival del cinema. In questo sostegno, già di per sé importante, possiamo vedere una dimensione ulteriore: fintanto che esisterà la cultura mondiale, la Russia non riuscirà nel suo obiettivo di annientare la civiltà ucraina. È complicato fare un rapporto tra quanti se ne sono andati e quanti sono rimasti. Credo che chi è rimasto nelle proprie città, nonostante il rischio dei bombardamenti, rappresenti la maggioranza. Ad ogni modo, a Kiev le locandine appaiono ogni giorno quasi come prima della guerra. I musei sono aperti (di solito tre giorni a settimana), si vendono i biglietti dei teatri, le orchestre alla filarmonica si avvicendano quotidianamente. Nelle gallerie si tengono esposizioni di artisti contemporanei. Molti artisti che nei giorni dei primi attacchi missilistici erano andati via, hanno fatto in tempo a tornare. Nel loro bagaglio ci sono opere scritte durante la fuga forzata, opere piene di disperazione e di angoscia. Allora non sapevano ancora se sarebbero mai riusciti a tornare o se la via del ritorno gli sarebbe stata preclusa per sempre.
Gli scaffali delle librerie sono pieni di libri pubblicati per lo più prima della guerra. Molte tipografie hanno chiuso, e quelle che si trovavano in zona di guerra sono state in parte o completamente distrutte. Eppure le case editrici continuano a lavorare. Come fanno a procurarsi la carta, per me è un vero mistero, ciononostante se la procurano. Sono già usciti dei primi libri sulla guerra. Sono storie di profughi, storie di sopravvivenza in condizioni in cui sopravvivere era impossibile e storie di morte in città che sono state costruite per la vita.
(Traduzione di Laura Pagliara)