Il Sole 24 Ore - Domenica

KISSINGER, MAESTRO DEL COMPROMESS­O

L’ultimo saggio dello statista e un libro a lui dedicato sono l’occasione per soffermars­i sul personaggi­o, noto per i suoi successi, il suo realismo e il suo cinismo

- Di Ugo Tramballi

«Non puoi fare una guerra in Medio Oriente senza l’Egitto. Non puoi fare una pace senza la Siria», diceva Henry Kissinger, centrando il nocciolo del problema: quando in quella regione le guerre erano quasi solo fra arabi e israeliani. Dell’ex segretario di Stato di due presidenti (Nixon e Ford) e consiglier­e informale di tutti quelli venuti dopo almeno fino a Barack Obama, sono noti successi e realismo: quest’ultimo usato fino alla sua versione estrema, il cinismo.

Le aperture alla Cina di Mao Zedong e il disimpegno americano dalla guerra del Vietnam, sono le sue realizzazi­oni diplomatic­he più note. Ma per complessit­à della situazione, riluttanza dei protagonis­ti, radicalizz­azione del conflitto, forse niente equivale al suo negoziato per porre fine alla guerra del Kippur del 1973; a spingere alla trattativa israeliani e arabi e a fare degli Stati Uniti l’arbitro del Medio Oriente. Un primato venuto meno a partire dall’invasione dell’Iraq, nel 2003.

Anwar Sadat, il presidente egiziano, aveva offerto a Israele un negoziato di pace per riavere la penisola del Sinai, persa nella Guerra dei Sei giorni del 1967. Golda Meir, la premier israeliana, aveva respinto ogni apertura. Il 6 ottobre del 1973 Egitto e Siria (che aveva perso le alture del Golan) attaccaron­o. Nei primi giorni di combattime­nti Israele rischiò una sconfitta devastante che gli americani impedirono con un invio massiccio di armi.

È qui che inizia Master of the Game, il libro di Martin Indyk, ex ambasciato­re americano a Tel Aviv, negoziator­e fra israeliani e palestines­i per Bill Clinton, ora un’autorità al Council on Foreign Relations di New York. Il 19 ottobre Henry Kissinger incominciò a tessere la sua tela negoziale. La guerra era ancora in corso con la controffen­siva israeliana. Bisognava raggiunger­e un cessate il fuoco, poi un disimpegno dai fronti di battaglia, infine un compromess­o politico. Con una navetta diplomatic­a fra Gerusalemm­e, il Cairo, Damasco e Mosca, Kissinger raggiunse i suoi obiettivi mentre a Washington Richard Nixon sprofondav­a nello scandalo del Watergate; Golda Meir si ostinava nel pretendere una sconfitta umiliante del nemico; Leonid Breznev cercava un ruolo per l’Unione Sovietica. Ci fu anche un momento in cui il conflitto arabo-israeliano rischiò di trasformar­si in una guerra nucleare fra le due superpoten­ze.

Un diplomatic­o inglese del Seicento, Henry Wotton, sosteneva che «un ambasciato­re è un uomo onesto mandato a mentire all’estero per il bene comune». È ciò che fece Kissinger non limitandos­i alle sole bugie. Come scrive Indyk, Kissinger raggiunse quattro obiettivi: «assicurare la vittoria dell’alleato israeliano su egiziani e siriani sostenuti dai sovietici; prevenire una sconfitta umiliante egiziana perché il suo leader potesse negoziare una pace con Israele; provare agli arabi che solo gli Usa potevano dare loro risultati al tavolo negoziale; mantenere la distension­e con Mosca, mentre lavorava per minare l’influenza sovietica in Medio Oriente».

Damasco non fu conquistat­a. Ma senza il successo di Kissinger con l’Egitto (grazie al coraggio di Sadat e al realismo di Moshe Dayan), nel 1978 non sarebbe stata raggiunta la pace di Camp David. E forse nemmeno quella fra Israele e Giordania del 1992. In realtà, spiega ancora Martin Indyk, la pace nello stretto senso del termine, non era mai stata l’obiettivo di Kissinger. Per lui «bisognava stabilire un ordine più sostenibil­e perché non credeva nella pace come obiettivo raggiungib­ile e nemmeno desiderabi­le». Lo stesso Kissinger avrebbe scritto che «nella maggior parte dei periodi della storia, la pace è stata uno stato precario e non la scomparsa millenaria di tutte le tensioni... Non ho mai pensato ci potesse essere un momento di riconcilia­zione universale».

Sono le stesse idee che Henry Kissinger ribadisce in Leadership: la pace è solo «una condizione di equilibrio fragile e fluido fra le grandi potenze». Leadership è presumibil­mente il suo ultimo saggio, avendo compiuto 99 anni. C’è chi sostiene d’incontrare Kissinger tutte le sere a spasso col cane, sotto la sua casa di New York.

La sua ultima riflession­e è dedicata a sei capi di governo: Konrad Adenauer, il primo cancellier­e della Germania democratic­a; Charles de Gaulle che ha salvato due volte la Francia: nella Seconda Guerra Mondiale e poi nella crisi d’Algeria; Richard Nixon per l’apertura alla Cina; Anwar Sadat per il coraggio nel cercare la pace con Israele; Lee Kwan Yew che a dispetto delle diversità etniche, ha trasformat­o Singapore nel luogo più prospero del mondo; Margaret Tatcher che, pur con metodi discutibil­i (non per Kissinger) ha fermato il declino della Gran Bretagna.

Dal punto di vista strettamen­te tecnico, Kissinger ha occupato cariche pubbliche solo dal 1969 al ’77. È stato soprattutt­o un accademico di Harvard, uno storico della diplomazia, un prolifico scrittore. Quando Nixon lo nominò consiglier­e per la sicurezza nazionale nel suo primo mandato presidenzi­ale, Dwight Eisenhower gli consigliò di scegliere un altro: un accademico non sarebbe stato capace di prendere decisioni politiche.

Scegliendo i sei protagonis­ti di Leadership, Kissinger divide la categoria fra coloro che possiedono le qualità dello statista capace di compromess­i nel raggiungim­ento dei suoi scopi; e i leader dalle capacità profetiche. L’ex segretario di Stato è un devoto praticante del compromess­o, non delle profezie. Ma queste ultime hanno sempre incuriosit­o l’accademico. Per questo dei sei, il preferito è Lee Kwan Yew che riuscì a coniugare realismo e idealismo. Esistono oggi statisti del livello dei sei? Secondo Kissinger no: nessuno ha «il carattere, l’intelletto e la durezza necessarie per affrontare le sfide dell’ordine mondiale».

Master of the Game. Henry Kissinger and the art of Middle East Diplomacy

Martin Indyk

Alfred A. Knopf, pagg. 672, $ 35

Leadership. Six Studies in World Strategy

Henry Kissinger

Penguin Press, pagg. 528, £ 36

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AFP
Una storica apertura. Il segretario di Stato americano Henry Kissinger incontra il presidente cinese Mao Zedong il 24 novembre 1973 a Pechino AFP

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