SULLA TRANSIBERIANA FRA ROMANZI E VODKA
Nel 2011, il giornalista venne invitato in Russia con altri dieci scrittori italiani per partecipare a un viaggio in treno di venti giorni sulla ferrovia più lunga del mondo
Settembre 2011. Mosca, aeroporto di Šeremet’evo. Nella hall gremita di turisti e personaggi d’affari un gruppetto di italiani spicca per la sua imprevedibilità. Sono una decina, di età completamente differenti, palesemente si conoscono poco e si stanno annusando, nell’allegria curiosa di chi inizia un’avventura. È così: i dieci, scrittori e giornalisti, sono stati riuniti da Sebastiano Grasso, presidente della sezione italiana del Pen Club, per fare la Transiberiana. Una ventina di giorni di treno e visite lungo l’asse della ferrovia più famosa del mondo, ospiti del governo russo (altri tempi), che in questo modo intende celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia. C’è l’aria svagata di un poeta, Mario Santagostini, quella un poco accigliata del migliore intervistatore italiano, Antonio Gnoli, e di Luigi la Spina, opinionista de «La Stampa», il sorriso di Marina Giaveri, docente a Torino, il piglio deciso di Luciana Castellina con a fianco il decano del gruppo, Angelo Guglielmi, 82 anni, ma - già a prima vista - fisico e cervello di chi ne ha la metà. Un aspetto che è impossibile non ricordare con un sentimento di affettuosa nostalgia oggi che Guglielmi se n’è da poco andato per un viaggio decisamente più definitivo.
Quella prima impressione di Guglielmi si è confermata fin dai momenti iniziali del viaggio. Il secondo giorno, a Mosca, cena ufficiale offerta dagli sponsor, con la piccola noia di queste occasioni rituali. Si finisce verso le 11; sguardi assonnati, palpebre in caduta. «Non mi va di andare a letto», annuncia però Simone Caltabellota, il più giovane, con i suoi 40 anni. «Chi ha voglia di andare a bere qualcosa?», mi associo; gli altri, con scuse varie, rientrano in albergo. Tutti, ma non Guglielmi. Ci avanziamo in una viuzza in centro, dove si respira l’aria di una sorta di movida moscovita. I frequentatori dei locali hanno tutti un quarto dell’età di Guglielmi, ma lui non mostra la minima timidezza. Entriamo in un bar con rock occidentale ad altissimo volume, dove per riuscire a scambiare due parole occorre gridare oltre ogni livello di guardia. Tanto parliamo poco: seduti al bancone, beviamo birra mentre lui studia le persone sedute, segue i videoclip sugli schermi del locale e batte il tempo. Nessuno di noi capisce il russo, ma gli sguardi degli avventori, molto evidenti, sono tutti per quello strambo trio di italiani, e soprattutto per quel tipo attempato, perfettamente a suo agio, asciutto e agilissimo nel suo impermeabile elegante. E la conversazione è l’equivalente di quella rapidità: curiosa, vivace, alterna commenti sapidi su quello che ci circonda a note sulla scena culturale italiana. Sono, spesso, riferimenti ironici e dissacranti, ma sempre espressi con una proprietà di linguaggio che non lascia parole al caso. E accompagnati da risate sonore, come quando, attraversando la Piazza Rossa, ci accorgiamo che la imberbe guardia al mausoleo di Lenin, nella sua immobilità sta tranquillamente parlando al telefonino.
È questa freschezza che ci ha accompagnato per tutti i giorni della Transiberiana, nell’infinito percorso che ci ha fatto conoscere posti dai nomi mitici, prima d’allora incontrati solo nei romanzi: Irkutsk, Ekaterinburg, Ulan Ude, il lago Baikal... luoghi che ci fermavamo a visitare dopo averli assaporati dai finestrini del treno. Avevamo un vagone tutto per noi, che a ogni tappa veniva staccato dal convoglio per aspettarci mentre eravamo in giro. In quel vagone dormivamo a coppie. A Guglielmi era capitato in sorte Roberto Pazzi, narratore romagnolo con un ego fortemente sviluppato, così diverso da lui, caratterizzato dal naturale understatement delle persone note davvero; ma la strana coppia aveva da subito stabilito un buon rapporto. Quando non dormivano, leggevano. Avevamo tutti portato libri variamente legati al contesto: Guglielmi Guerra e pace, niente meno. La mole del romanzo non gli impediva di venire a chiacchierare negli altri scompartimenti, dove si facevano trascorrere le ore serali con gran bicchierate di vodka (ce n’era sempre molta a disposizione, la bevevamo regolarmente fino all’ultimo goccio, eppure eravamo sempre sobri; allegri, ma lucidissimi). Erano conversazioni varie: di letteratura, naturalmente, con le sue passioni di sempre, Gadda in testa, ma anche di cultura generale. E ogni volta c’erano curiosità sulla “sua” Rai 3, quella strana creatura televisiva di irripetibile successo che era riuscito a inventare dal nulla negli anni Novanta. Raccontava con spontaneità anche episodi poco noti, come il contratto con Dario Fo per la prima edizione di Quelli che il calcio, già discusso in tutti gli aspetti, saltato perché all’ultimo il futuro Premio Nobel non era riuscito a cancellare una tournée prevista a maggio. «E allora, a due mesi dall’inizio, qualcuno ha pensato a Fazio, ma è stato davvero un caso fortunato».
Coerentemente, il Guglielmi visitatore siberiano era di quella pasta: curioso, vivace, attento ai dettagli. A Omsk, durante una passeggiata veloce fuori dalla stazione, compra frutta da una vecchissima ambulante seduta per terra, perché è affascinato dalle sue rughe che svelano una povertà atavica. In un giro sulla Transbaikalica, la ferrovia che corre attorno all’enorme lago Baikal, intavola una conversazione con i discendenti degli italiani che un secolo prima hanno costruito quel tratto ferroviario, forti di una competenza derivante dall’esperienza nei tunnel sotto le Alpi. Nei numerosi casi in cui gli interlocutori non parlano italiano né inglese, giungono in soccorso le nostre due giovani interpreti, Olga e Svetlana. Fondamentali, certo; ma l’empatia passa comunque attraverso la sua vivacità. E la notte, quando gli altri dormono, eccolo al tavolo con tre di noi, per lunghe partite di poker, dove è il più assiduo e anche il più puntuale nel regolare le modeste perdite: giochiamo pochissimo, giusto per la gloria. Se paradisi esistono, come diceva e.e. cummings, sono certo che i suoi nuovi compagni lo considerano con la stessa simpatia.
UN’ESPERIENZA RIMASTA MEMORABILE PER FATTI, CURIOSITà E NOTIZIE OFFERTE DA CHI DIVENNE IL NATURALE «LEADER» DEL GRUPPO