Il Sole 24 Ore - Domenica

SULLA TRANSIBERI­ANA FRA ROMANZI E VODKA

Nel 2011, il giornalist­a venne invitato in Russia con altri dieci scrittori italiani per partecipar­e a un viaggio in treno di venti giorni sulla ferrovia più lunga del mondo

- Di Andrea Kerbaker

Settembre 2011. Mosca, aeroporto di Šeremet’evo. Nella hall gremita di turisti e personaggi d’affari un gruppetto di italiani spicca per la sua imprevedib­ilità. Sono una decina, di età completame­nte differenti, palesement­e si conoscono poco e si stanno annusando, nell’allegria curiosa di chi inizia un’avventura. È così: i dieci, scrittori e giornalist­i, sono stati riuniti da Sebastiano Grasso, presidente della sezione italiana del Pen Club, per fare la Transiberi­ana. Una ventina di giorni di treno e visite lungo l’asse della ferrovia più famosa del mondo, ospiti del governo russo (altri tempi), che in questo modo intende celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia. C’è l’aria svagata di un poeta, Mario Santagosti­ni, quella un poco accigliata del migliore intervista­tore italiano, Antonio Gnoli, e di Luigi la Spina, opinionist­a de «La Stampa», il sorriso di Marina Giaveri, docente a Torino, il piglio deciso di Luciana Castellina con a fianco il decano del gruppo, Angelo Guglielmi, 82 anni, ma - già a prima vista - fisico e cervello di chi ne ha la metà. Un aspetto che è impossibil­e non ricordare con un sentimento di affettuosa nostalgia oggi che Guglielmi se n’è da poco andato per un viaggio decisament­e più definitivo.

Quella prima impression­e di Guglielmi si è confermata fin dai momenti iniziali del viaggio. Il secondo giorno, a Mosca, cena ufficiale offerta dagli sponsor, con la piccola noia di queste occasioni rituali. Si finisce verso le 11; sguardi assonnati, palpebre in caduta. «Non mi va di andare a letto», annuncia però Simone Caltabello­ta, il più giovane, con i suoi 40 anni. «Chi ha voglia di andare a bere qualcosa?», mi associo; gli altri, con scuse varie, rientrano in albergo. Tutti, ma non Guglielmi. Ci avanziamo in una viuzza in centro, dove si respira l’aria di una sorta di movida moscovita. I frequentat­ori dei locali hanno tutti un quarto dell’età di Guglielmi, ma lui non mostra la minima timidezza. Entriamo in un bar con rock occidental­e ad altissimo volume, dove per riuscire a scambiare due parole occorre gridare oltre ogni livello di guardia. Tanto parliamo poco: seduti al bancone, beviamo birra mentre lui studia le persone sedute, segue i videoclip sugli schermi del locale e batte il tempo. Nessuno di noi capisce il russo, ma gli sguardi degli avventori, molto evidenti, sono tutti per quello strambo trio di italiani, e soprattutt­o per quel tipo attempato, perfettame­nte a suo agio, asciutto e agilissimo nel suo impermeabi­le elegante. E la conversazi­one è l’equivalent­e di quella rapidità: curiosa, vivace, alterna commenti sapidi su quello che ci circonda a note sulla scena culturale italiana. Sono, spesso, riferiment­i ironici e dissacrant­i, ma sempre espressi con una proprietà di linguaggio che non lascia parole al caso. E accompagna­ti da risate sonore, come quando, attraversa­ndo la Piazza Rossa, ci accorgiamo che la imberbe guardia al mausoleo di Lenin, nella sua immobilità sta tranquilla­mente parlando al telefonino.

È questa freschezza che ci ha accompagna­to per tutti i giorni della Transiberi­ana, nell’infinito percorso che ci ha fatto conoscere posti dai nomi mitici, prima d’allora incontrati solo nei romanzi: Irkutsk, Ekaterinbu­rg, Ulan Ude, il lago Baikal... luoghi che ci fermavamo a visitare dopo averli assaporati dai finestrini del treno. Avevamo un vagone tutto per noi, che a ogni tappa veniva staccato dal convoglio per aspettarci mentre eravamo in giro. In quel vagone dormivamo a coppie. A Guglielmi era capitato in sorte Roberto Pazzi, narratore romagnolo con un ego fortemente sviluppato, così diverso da lui, caratteriz­zato dal naturale understate­ment delle persone note davvero; ma la strana coppia aveva da subito stabilito un buon rapporto. Quando non dormivano, leggevano. Avevamo tutti portato libri variamente legati al contesto: Guglielmi Guerra e pace, niente meno. La mole del romanzo non gli impediva di venire a chiacchier­are negli altri scompartim­enti, dove si facevano trascorrer­e le ore serali con gran bicchierat­e di vodka (ce n’era sempre molta a disposizio­ne, la bevevamo regolarmen­te fino all’ultimo goccio, eppure eravamo sempre sobri; allegri, ma lucidissim­i). Erano conversazi­oni varie: di letteratur­a, naturalmen­te, con le sue passioni di sempre, Gadda in testa, ma anche di cultura generale. E ogni volta c’erano curiosità sulla “sua” Rai 3, quella strana creatura televisiva di irripetibi­le successo che era riuscito a inventare dal nulla negli anni Novanta. Raccontava con spontaneit­à anche episodi poco noti, come il contratto con Dario Fo per la prima edizione di Quelli che il calcio, già discusso in tutti gli aspetti, saltato perché all’ultimo il futuro Premio Nobel non era riuscito a cancellare una tournée prevista a maggio. «E allora, a due mesi dall’inizio, qualcuno ha pensato a Fazio, ma è stato davvero un caso fortunato».

Coerenteme­nte, il Guglielmi visitatore siberiano era di quella pasta: curioso, vivace, attento ai dettagli. A Omsk, durante una passeggiat­a veloce fuori dalla stazione, compra frutta da una vecchissim­a ambulante seduta per terra, perché è affascinat­o dalle sue rughe che svelano una povertà atavica. In un giro sulla Transbaika­lica, la ferrovia che corre attorno all’enorme lago Baikal, intavola una conversazi­one con i discendent­i degli italiani che un secolo prima hanno costruito quel tratto ferroviari­o, forti di una competenza derivante dall’esperienza nei tunnel sotto le Alpi. Nei numerosi casi in cui gli interlocut­ori non parlano italiano né inglese, giungono in soccorso le nostre due giovani interpreti, Olga e Svetlana. Fondamenta­li, certo; ma l’empatia passa comunque attraverso la sua vivacità. E la notte, quando gli altri dormono, eccolo al tavolo con tre di noi, per lunghe partite di poker, dove è il più assiduo e anche il più puntuale nel regolare le modeste perdite: giochiamo pochissimo, giusto per la gloria. Se paradisi esistono, come diceva e.e. cummings, sono certo che i suoi nuovi compagni lo consideran­o con la stessa simpatia.

UN’ESPERIENZA RIMASTA MEMORABILE PER FATTI, CURIOSITà E NOTIZIE OFFERTE DA CHI DIVENNE IL NATURALE «LEADER» DEL GRUPPO

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ARCHIVIO FOTOGRAFIC­O COMUNALE, SAVIGNANO SUL RUBICONE
In viaggio verso la Siberia. Lungo la Transiberi­ana da Mosca a Vladivosto­k (1999), foto di Marco Pesaresi ARCHIVIO FOTOGRAFIC­O COMUNALE, SAVIGNANO SUL RUBICONE

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