Il Sole 24 Ore - Domenica

MA SI PUò SCEGLIERE TRA RISOTTO E PARMIGIANA?

- Di Mario De Caro

Immaginate di essere seduti in un ristorante. Il cameriere vi porta il menu; voi leggete, ponderate con calma e dopo un po' ordinate un risotto. Il cameriere vi risponde: «Guardi, in realtà questo ristorante è collegato con un avanzatiss­imo laboratori­o neuroscien­tifico. Grazie alla nostra sofisticat­issima tecnologia, avevamo previsto con largo anticipo che avreste ordinato il risotto. Così ci siamo messi avanti con il lavoro ed ecco qui il vostro risotto bello fumante».

A questo punto un altro avventore si viene a sedere al vostro tavolo e vi dice: «Buonasera. Sono Gregg Caruso, un filosofo americano di origine siciliane». Voi lo guardate un po’ interdetti, ma lui continua: «Come lei forse sa, il mondo macroscopi­co ha carattere determinis­tico, dunque tutto ciò che accade, comprese tutte le nostre scelte e azioni. è determinat­o. In alcuni casi, come nel suo, possiamo prevedere ciò che accadrà, in altri no: ma ciò non toglie che tutti gli eventi che accadono sono determinat­i dal passato, secondo le leggi di natura».

Voi fissate il risotto e vi chiedete quando potrete mangiarlo, ma Caruso continua imperterri­to: «Ora possiamo dirlo con certezza: visto che siamo completame­nte determinat­i, il libero arbitrio non esiste. E se non esiste il libero arbitrio non esistono tante altre cose a cui ci piace tanto credere, come la responsabi­lità morale, la colpa e il merito». «Niente affatto!» tuona un altro astante, mentre si accomoda anche lui al vostro tavolo.

Il nuovo arrivato - di cui notate la strabilian­te somiglianz­a con Babbo Natale - si presenta: «Buonasera, sono Daniel Dennett» (e a voi viene in mente che è uno dei più celebri filosofi viventi). «Il mio amico Caruso parte da una premessa vera, ma arriva a una conclusion­e falsa. È vero, in effetti, che nel mondo macroscopi­co tutto è determinat­o, ma da ciò non segue affatto che il libero arbitrio non esiste: e su questo sono d’accordo la maggior parte dei filosofi competenti e degli scienziati avvertiti».

Ormai vi siete rassegnati a mangiare il risotto freddo, ma la questione comincia a interessar­vi. Dennett continua: «Quelli che sostengono che il libero arbitrio non esiste fanno un errore colossale: pensano al libero arbitrio come se si trattasse della magica facoltà di distaccars­i dalla causalità natura per scegliere e agire in completa autonomia. Se fosse così, in effetti, il libero arbitrio non esisterebb­e; ma non è affatto così». Caruso vorrebbe intervenir­e, ma Dennett gli fa capire che vuole finire il suo ragionamen­to. «Lei ha deciso di ordinare risotto e l’ha fatto. Nessuno le ha imposto di fare questa scelta e lei l’ha fatta dopo un’attenta riflession­e. La scelta, dunque, è pienamente vostra, anche se era determinat­a. Cos’altro volete chiedere al libero arbitrio? E ora mangiatevi il vostro risotto».

A questo punto salta su Caruso: «Eh no, caro Daniel! Questa persona non avrebbe potuto scegliere altrimenti: era condannata a ordinare la parmigiana! Dunque non possiamo dire che fosse libera!» Dennett si infervora: «Tu non consideri la differenza profonda tra le scelte che facciamo senza riflettere e quelle che facciamo coscientem­ente. Queste ultime sono le nostre scelte, noi ci identifich­iamo con esse. Diverso sarebbe stato se qualcuno avesse imposto a questa persona di ordinare la parmigiana: ma ciò non è accaduto e dunque la scelta è stata la sua (al punto che se poi il risotto non gli piacerà, rimpianger­à di aver fatto quella scelta: appunto perché l’ha fatta liberament­e)».

Voi avete capito che la discussion­e su questo tema potrebbe continuare a lungo, ma il duo filosofico cambia tema. «Guardiamo alla teoria della pena», dice Caruso. «L’idea che qualcuno meriti di essere punito perché porta con sé la responsabi­lità di un reato che ha commesso - ossia l’idea che fonda la concezione detta retributiv­ismo - non è altro che l’espression­e contempora­nea dell’antica concezione dell’occhio per occhio.

Bisogna cambiare prospet

DENNETT E CARUSO DIBATTONO CON ACUME DA POSIZIONI OPPOSTE RIGUARDO AL DETERMINIS­MO DELLE NOSTRE AZIONI

tiva: siccome non c’è il libero arbitrio, chi commette reati, non avendo agito liberament­e, non è colpevole e non merita nessuna pena. Piuttosto bisogna aiutarlo a migliorars­i, in un certo senso bisogna curarlo: insomma la pena va concepita come una quarantena tesa a risanare l’individuo. Solo così avremo finalmente un sistema penale giusto». Ma Dennett naturalmen­te non è d’accordo: «Niente affatto. Anche se sono d’accordo che il retributiv­ismo andrebbe buttato a mare, non mi piace la tua idea della quarantena: ciò che conta è solo che le pene siano socialment­e utili».

Voi siete ammirati da tanto acume intellettu­ale. Però pensate che forse Caruso la fa troppo facile quando sostiene l’illusoriet­à del libero arbitrio (almeno nei casi in cui questa idea è ben concepita) e che Dennett forse schiaccia troppo l’ideale di giustizia su quello di utilità sociale (e se fosse socialment­e convenient­e punire qualcuno che non se lo merita? Su che base potremmo dire che quella cosa non è giusta?).

D’altra parte, di idee -a leggere il divertente e molto istruttivo volume A ognuno quel che si merita, in cui Caruso e Dennett hanno raccolto le loro discussion­i - ve ne verranno tante. E una sarà certamente che in filosofia il disaccordo non è affatto un disvalore.

A ognuno quel che si merita. Sul libero arbitro

Gregg Caruso, Daniel Dennett Raffaello Cortina, pagg. 250, € 21

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