MA SI PUò SCEGLIERE TRA RISOTTO E PARMIGIANA?
Immaginate di essere seduti in un ristorante. Il cameriere vi porta il menu; voi leggete, ponderate con calma e dopo un po' ordinate un risotto. Il cameriere vi risponde: «Guardi, in realtà questo ristorante è collegato con un avanzatissimo laboratorio neuroscientifico. Grazie alla nostra sofisticatissima tecnologia, avevamo previsto con largo anticipo che avreste ordinato il risotto. Così ci siamo messi avanti con il lavoro ed ecco qui il vostro risotto bello fumante».
A questo punto un altro avventore si viene a sedere al vostro tavolo e vi dice: «Buonasera. Sono Gregg Caruso, un filosofo americano di origine siciliane». Voi lo guardate un po’ interdetti, ma lui continua: «Come lei forse sa, il mondo macroscopico ha carattere deterministico, dunque tutto ciò che accade, comprese tutte le nostre scelte e azioni. è determinato. In alcuni casi, come nel suo, possiamo prevedere ciò che accadrà, in altri no: ma ciò non toglie che tutti gli eventi che accadono sono determinati dal passato, secondo le leggi di natura».
Voi fissate il risotto e vi chiedete quando potrete mangiarlo, ma Caruso continua imperterrito: «Ora possiamo dirlo con certezza: visto che siamo completamente determinati, il libero arbitrio non esiste. E se non esiste il libero arbitrio non esistono tante altre cose a cui ci piace tanto credere, come la responsabilità morale, la colpa e il merito». «Niente affatto!» tuona un altro astante, mentre si accomoda anche lui al vostro tavolo.
Il nuovo arrivato - di cui notate la strabiliante somiglianza con Babbo Natale - si presenta: «Buonasera, sono Daniel Dennett» (e a voi viene in mente che è uno dei più celebri filosofi viventi). «Il mio amico Caruso parte da una premessa vera, ma arriva a una conclusione falsa. È vero, in effetti, che nel mondo macroscopico tutto è determinato, ma da ciò non segue affatto che il libero arbitrio non esiste: e su questo sono d’accordo la maggior parte dei filosofi competenti e degli scienziati avvertiti».
Ormai vi siete rassegnati a mangiare il risotto freddo, ma la questione comincia a interessarvi. Dennett continua: «Quelli che sostengono che il libero arbitrio non esiste fanno un errore colossale: pensano al libero arbitrio come se si trattasse della magica facoltà di distaccarsi dalla causalità natura per scegliere e agire in completa autonomia. Se fosse così, in effetti, il libero arbitrio non esisterebbe; ma non è affatto così». Caruso vorrebbe intervenire, ma Dennett gli fa capire che vuole finire il suo ragionamento. «Lei ha deciso di ordinare risotto e l’ha fatto. Nessuno le ha imposto di fare questa scelta e lei l’ha fatta dopo un’attenta riflessione. La scelta, dunque, è pienamente vostra, anche se era determinata. Cos’altro volete chiedere al libero arbitrio? E ora mangiatevi il vostro risotto».
A questo punto salta su Caruso: «Eh no, caro Daniel! Questa persona non avrebbe potuto scegliere altrimenti: era condannata a ordinare la parmigiana! Dunque non possiamo dire che fosse libera!» Dennett si infervora: «Tu non consideri la differenza profonda tra le scelte che facciamo senza riflettere e quelle che facciamo coscientemente. Queste ultime sono le nostre scelte, noi ci identifichiamo con esse. Diverso sarebbe stato se qualcuno avesse imposto a questa persona di ordinare la parmigiana: ma ciò non è accaduto e dunque la scelta è stata la sua (al punto che se poi il risotto non gli piacerà, rimpiangerà di aver fatto quella scelta: appunto perché l’ha fatta liberamente)».
Voi avete capito che la discussione su questo tema potrebbe continuare a lungo, ma il duo filosofico cambia tema. «Guardiamo alla teoria della pena», dice Caruso. «L’idea che qualcuno meriti di essere punito perché porta con sé la responsabilità di un reato che ha commesso - ossia l’idea che fonda la concezione detta retributivismo - non è altro che l’espressione contemporanea dell’antica concezione dell’occhio per occhio.
Bisogna cambiare prospet
DENNETT E CARUSO DIBATTONO CON ACUME DA POSIZIONI OPPOSTE RIGUARDO AL DETERMINISMO DELLE NOSTRE AZIONI
tiva: siccome non c’è il libero arbitrio, chi commette reati, non avendo agito liberamente, non è colpevole e non merita nessuna pena. Piuttosto bisogna aiutarlo a migliorarsi, in un certo senso bisogna curarlo: insomma la pena va concepita come una quarantena tesa a risanare l’individuo. Solo così avremo finalmente un sistema penale giusto». Ma Dennett naturalmente non è d’accordo: «Niente affatto. Anche se sono d’accordo che il retributivismo andrebbe buttato a mare, non mi piace la tua idea della quarantena: ciò che conta è solo che le pene siano socialmente utili».
Voi siete ammirati da tanto acume intellettuale. Però pensate che forse Caruso la fa troppo facile quando sostiene l’illusorietà del libero arbitrio (almeno nei casi in cui questa idea è ben concepita) e che Dennett forse schiaccia troppo l’ideale di giustizia su quello di utilità sociale (e se fosse socialmente conveniente punire qualcuno che non se lo merita? Su che base potremmo dire che quella cosa non è giusta?).
D’altra parte, di idee -a leggere il divertente e molto istruttivo volume A ognuno quel che si merita, in cui Caruso e Dennett hanno raccolto le loro discussioni - ve ne verranno tante. E una sarà certamente che in filosofia il disaccordo non è affatto un disvalore.
A ognuno quel che si merita. Sul libero arbitro
Gregg Caruso, Daniel Dennett Raffaello Cortina, pagg. 250, € 21