Il Sole 24 Ore - Domenica

LA SCELTA LUNARE DI KENNEDY

A Houston, 60 anni fa, il Presidente spiegò a 40mila giovani che gli Usa avrebbero investito nello spazio per essere i primi a vincere la sfida

- Di Patrizia Caraveo

Siamo a Houston, in Texas, è il mattino del 12 settembre 1962. Lo stadio della Rice University si sta riempiendo perché alle 10 parlerà il Presidente Kennedy. Oltre agli studenti universita­ri, che stanno per iniziare l’anno accademico, ci sono tutti quelli delle scuole di Houston che sono arrivati con una colonna di autobus. Il tempo è bellissimo e fa decisament­e caldo, ma l’occasione è storica. Alla fine saranno circa 40.000 ed il colpo d’occhio davanti al podio del Presidente è impression­ante. Kennedy è venuto in Texas per visitare la sede del centro per il volo umano che è in costruzion­e a Houston. La location è stata selezionat­a grazie ai buoni uffici del vice-presidente texano Lyndon Johnson, un entusiasta sostenitor­e della corsa allo spazio sempre molto attento a fare arrivare i mportanti ricadute nel suo collegio elettorale. È stato lo staff del Presidente a proporre all’Università di tenere un discorso nello stadio davanti agli studenti per spiegare perché gli Stati Uniti abbiano deciso di investire nello spazio. Forse Kennedy, dopo la survey Gallup che dimostrava che il 58% degli americani non erano entusiasti­camente a favore dei piani di esplorazio­ne della Luna, aveva bisogno di un bagno di folla.

Il discorso, oggettivam­ente bellissimo, è passato alla storia con il titolo We choose to go to the Moon.

È considerat­o un capolavoro di oratoria durante il quale, in poco meno di 20 minuti, il Presidente tocca il tema dell’esplorazio­ne dello spazio come terreno di competizio­ne pacifica dove gli Stati Uniti possono affermare la loro leadership mondiale. Guardando il video su Youtube, si capisce che Kennedy, sempre un ottimo oratore, doveva essere in uno stato di grazia. Evidenteme­nte gli piaceva il testo che gli era stato preparato e sul quale aveva fatto alcuni appunti e la sua sensibilit­à di uomo politico rispondeva alle reazioni del pubblico giovane ed entusiasta.

Sotto un sole impietoso, mentre le autorità sedute alle spalle del presidente, si asciugano il sudore e si sventaglia­no in modo scomposto, Kennedy non fa una piega e guarda negli occhi il pubblico. Sono loro il futuro della nazione e il Presidente li vuole convincere dell’importanza dello spazio.

«Navighiamo in questo nuovo mare - disse - , perché ci sono nuove conoscenze da acquisire, nuovi diritti da conquistar­e e questi devono essere vinti e utilizzati per il progresso di tutto il genere umano. La scienza spaziale, come quella nucleare, e tutte le tecnologie non ha coscienza di sé. Farla diventare una forza al servizio del bene oppure del male dipende dall’uomo, e solo se gli Stati Uniti occuperann­o una posizione di preminenza potremo contribuir­e a decidere se il nuovo oceano sarà un mare di pace o un nuovo terrifican­te teatro di guerra. Non dico che noi non ci proteggere­mo contro l’utilizzo ostile dello spazio, così come ci proteggiam­o nel caso di utilizzo ostile del mare o della terra, ma dico che lo spazio può essere esplorato e conquistat­o senza guerre, senza ripetere gli errori fatti nell’estendere il controllo sul nostro globo.

Al momento, non c’è conflitto, pregiudizi­o o lotta nazionale nello spazio. I suoi pericoli lo rendono un ambiente ostile per tutti. La sua conquista richiede il meglio del genere umano, e le opportunit­à che offre per una cooperazio­ne pacifica potrebbero non tornare mai più. Ma, qualcuno si chiede, perché la Luna? Perché abbiamo scelto questo come il nostro obiettivo? Ci si potrebbe chiedere perché scalare le più alte montagne? Perché, 35 anni fa, attraversa­re l’Atlantico in aereo? Perché la squadra della Rice si batte contro quella del Texas?».

È una frecciata scherzosa, aggiunta all’ultimo momento, dove si fa riferiment­o alla rivalità tra la squadra di football locale e quella (molto più forte) del Texas che la batteva sistematic­amente. È un “trucco” oratorio per svegliare l'attenzione della platea perché sta per arrivare la frase storica.

«We choose to go to the Moon» - dice il Presidente -, si ferma un attimo e lo ripete tra le ovazioni del pubblico.

«Abbiamo scelto da andare alla Luna in questa decade, e di fare le altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili, perché questo obiettivo servirà per orga

«WE CHOOSE TO GO TO THE MOON» FU UN CAPOLAVORO DI ORATORIA: DOVEVA CONVINCERE I TANTI AMERICANI SCETTICI

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