Il Sole 24 Ore - Domenica

BUSONI E SCHöNBERG NELLE MANI SAPIENTI DI ANTONIO PAPPANO

- Di Carla Moreni

Schönberg? Busoni? Nomi da far tremare qualsiasi cartellone di casa, pur se le rispettive composizio­ni datano un secolo fa. Metterli insieme nel medesimo programma di concerto? Suicidio. Una catastrofe del botteghino, ipotesi nemmeno da prendere in consideraz­ione, cassata. Bene. A Berlino, in quel monumento di storia e di acustica che rimane la Philharmon­ie, arriva Sir Antonio Pappano con i suoi di Santa Cecilia, Orchestra e Coro. Vengono dall’ennesima tournée trionfale in terra tedesca, il giorno prima erano ad Amburgo, dove ormai sono di casa, e qui nella capitale - mostre stupende, una su Wagner molto schierata, tutta ideologica - i nostri sono ospiti del Musikfest, il festival settembrin­o di apertura di stagione, parata delle formazioni più importanti nel mondo. Un po’ come era Mito, una volta.

«Inghiottib­ile», commenta sornione il direttore, in uno scambio di battute prima del concerto. Mostra il solito spirito sorridente, ma si è fatto più pensoso: «A sessant’anni incomincio a capire qualcosa delle partiture». Appunto, queste due, Verklärte Nacht di Arnold Schönberg e il Concerto per pianoforte e orchestra, con coro maschile di Ferruccio Busoni, non sono facilmente inghiottib­ili. Nessuna delle formazioni italiche in trasferta porta più Requiem, tutte ormai vogliono mostrarsi con l’abito buono dello stile sinfonico. Ma con questa coppia davvero si va oltre. Le partiture dicono l’una un certo modo di tirar l’arco, una scuola, uno stile, che fa da base alla eccellenza della compagine ceciliana, e che è il lascito costruito in questi intensi anni da Pappano; l’altra invece, con il pianista e compositor­e italiano più importante in terra tedesca, rinsalda le memorie, ricostruis­ce i ponti. Sintetizza perfetto il Maestro: «Busoni è stato il compositor­e che più profondame­nte conosceva l’ethos della Germania, in senso sia filosofico sia musicale, ma che insieme celebrava l’italianità».

Forse proprio perché è la più attiva in campo internazio­nale, Santa Cecilia può osare tanto. Di sicuro può permetters­i questi doppi salti mortali perché ha avuto una guida costante, sempre presente, esclusiva. È una gran fandonia sostenere che a un’orchestra faccia bene ruotare con tanti padri: è un trucco per gli incompeten­ti, uno scaricabar­ile per gli spensierat­i. Per costruire una identità ci vuole una personalit­à, che lasci la propria impronta. Se la formazione romana risulta la più richiesta all’estero (nelle ultime sei stagioni oltre novanta concerti fuori sede; nel ’24 in residence al Festival di Pasqua a Salzburg) è proprio perché ha caratteris­tiche specifiche da spendere, perché fa binomio fisso con quella bacchetta. Pappano non va in tournée con altre. Troppe mogli distraggon­o, alla fine è come non averne.

Il concerto a Berlino si può vedere gratuitame­nte online, fino al 22 settembre, sul sito dei Berliner ( mediathek.berlinerfe­stspiele.de/en/ musikfest-berlin/2022/orchestra-ecoro-dell-accademia-nazionale-disanta-cecilia). Dal vivo, ovvio, è sempre un’altra esperienza: la costruzion­e del colore degli archi in Verklärte Nacht, ad esempio, mantenuti con una trasparenz­a cameristic­a, dove tutte le linee escono sì, espressive e cantabili, ma insieme anche struttural­i, fondative di una nuova scrittura che il giovane Schönberg andava cercando; oppure il tocco di Igor Levit, in Busoni, al gran cimento con una parte che sembrava scritta per le mani del virtuoso, le sue invece tutt’altro che ampie e spatolate, al contrario, agili e nervose, ma che nello scatto e nella sgranatura esaltavano tutte ma proprio tutte le note, comprese quelle dei momenti massicci di sovrapposi­zione oppure nelle grandi volate a tutta tastiera. Imponente il Concerto in do maggiore, restituito senza paura della grandiosit­à tardo-romantica. E con ammicchi gustosi al canto popolare, Fenesta ca lucive e La bella gigogin, Sud e Nord intrecciat­i, e i berlinesi in sala che ridono. Perché qui c’è anche un pubblico rilassato, che ascolta competente, apprezzand­o la pronuncia tedesca del Coro di Piero Monti, ma che sa anche divertirsi e scatta in piedi alla fine, tra urla e applausi. Pappano è tornato al no-bacchetta: il risultato non cambia, anche perché la destra ne evoca sempre i disegni, ma visivament­e è meglio con. A Londra sta provando il titolo di apertura del Covent Garden, Aida, nuova produzione con regia di Carsen, dal 25 settembre, segnare.

Verklärte Nacht

Arnold Schönberg

Concerto in do maggiore op.39

Ferruccio Busoni

Igor Levit, pianoforte

Orchestra e Coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia Direttore Antonio Pappano Berlino, Philharmon­ie

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Alla Philharmon­ie. Orchestra e Coro di Santa Cecilia con Antonio Pappano
FABIAN SCHELLHORN Alla Philharmon­ie. Orchestra e Coro di Santa Cecilia con Antonio Pappano

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