Il Sole 24 Ore - Domenica

RALLENTARE E STACCARE LA SPINA DELLA MODERNITà

- Di Maria Luisa Colledani

Al via ci sono sempre coraggio sfacciato e domande sferzanti. Mark Boyle, laurea in Economia e fondatore di Freeconomy per un’economia basata sullo scambio e l’aiuto reciproco, dopo aver vissuto tre anni senza denaro, si chiede cosa siamo disposti a perdere e cosa vogliamo guadagnare, mentre ci affanniamo sulle strade della vita. La sua risposta è staccare la spina della modernità e provare a vivere in profondità «per scoprire come sarebbe integrarsi nell’ambiente come parte di esso, servendosi solo di strumenti e tecnologie (se così vanno chiamate) che, come insegnano gli Amish in Nord America, non mi vincolino a istituzion­i e forze che non rispettano i principi e i valori secondo cui vorrei vivere». Nasce così Tornare a casa. Cronache da una vita senza tecnologia, il suo libro, sberla alle nostre certezze, alla nostra comfort zone.

Boyle spegne le luci della città alle sue spalle, costruisce una baita a Loughrea, villaggio nella contea irlandese di Galway. Il negozio più vicino è a sei chilometri. Per il resto la civiltà può attendere: niente elettricit­à, nessuna tecnologia né acqua corrente. A fargli compagnia è l’imperativo ecologico del vivere secondo natura, che non corrispond­e alla semplicità. Anzi, una vita così è complessa assai. Coltivare gli ortaggi, sapere quali erbe raccoglier­e, essere in grado di fare la birra con le ortiche o di produrre vino e marmellate per tutto l’inverno da 22 chili di ribes. È anche tanta fatica: «L’Eden non esiste, non è mai esistito, ma cos’è la vita se non camminargl­i incontro?». Ed è quel che accade a Mark, c’è la sua baita, la sua legnaia ben ordinata, le trote da pescare. Molti i lavori stagionali, dalla semina dell’orto all’affilatura degli attrezzi: «Non ricordo quando è stato il mio ultimo giorno totalmente libero. In queste condizioni di vita una giornata di riposo potrebbe arrivare molto vicino a ucciderti. Mancano comodità come rubinetti da aprire, pulsanti da premere, riscaldame­nto centralizz­ato con il timer, bar in cui andare. C’è sempre qualcosa da fare, sempre. Il rovescio della medaglia è sentirsi il più delle volte assolutame­nte vivo».

Mark non ha pc: «La matita ha cambiato il mio modo di scrivere, mi ha rallentato, e ha reso di nuovo umane le mie parole». Già, l’umanità e una strada da uomini e donne liberi: «Non provo alcun desiderio, mentre scrivo queste parole, di ricascare in un modo di vivere che baratta la comodità al prezzo di tutto ciò che contraddis­tingue l’essere umano. Se possibile, e non sono certo che lo sia, voglio levarmi le lenti artefatte della civiltà industrial­e e osservare il mondo con i miei occhi, giocando secondo le sue regole. Nella nostra più profonda essenza siamo animali, eppure ho ancora solo una minima idea di che cosa significhi». E ci invita a continuare a cercare, a farci domande. Tante, tantissime domande.

Tornare a casa. Cronache da una vita senza tecnologia

Mark Boyle

Piano B, pagg. 282, € 18

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