Il Sole 24 Ore - Domenica

IL «DOCTOR ANGELICUS» RILEGGE I FENOMENI ATMOSFERIC­I

- Di Armando Torno

Asedici anni Simone Weil scrisse alcuni testi, poi raccolti nel libro Il bello e il bene (Mimesis 2013). Vi si legge un frammento fascinoso: «Mi sembra duro pensare che il rumore del vento tra le foglie non sia un oracolo». Verrebbe voglia di aggiungere: accidenti agli antichi greci, cari alla Weil, che hanno saputo spiegare ogni cosa con la poesia e gli dei.

Tuttavia, il mondo greco eccelse anche nel ragionamen­to e nell’osservazio­ne scientific­a, come provano le pagine che Aristotele dedica ai fenomeni naturali e che Tommaso d’Aquino commenterà un millennio e mezzo più tardi. Ora i Domenicani pubblicano le osservazio­ni che il sommo teologo dedicò al pensatore greco - al Filosofo, come lo chiama - a proposito di due sue opere: La generazion­e e la corruzione e Meteorolog­ia.

Tradotti da Giuseppe Barzaghi (rivisti da Roberto Coggi), i due commenti - con l’originale latino a fronte - non furono completati da Tommaso. Si fermò al primo libro (dei due del De generation­e et corruption­e) e al secondo dei quattro di Meteorolog­ica. Ciò non toglie che egli avesse presente le intere opere e la sua esposizion­e rimanda e amalgama i vari argomenti. Sono pagine dedicate a riflession­i su molteplici manifestaz­ioni della natura. Si va dalla dottrina dei cinque elementi ai fenomeni luminosi temporanei come le stelle cadenti, dalle comete alla Via Lattea o alle nubi; da rugiada, brina, pioggia, neve e grandine ai venti (con classifica­zioni e caratteris­tiche), via via sino ai fiumi. Non manca l’esame delle terre emerse o dei mari; ecco poi i terremoti. Tommaso chiosa Aristotele, lo corregge se entra in contrasto con la rivelazion­e, per esempio quando crede nell’eternità del mondo.

Scritti superati dal punto di vista scientific­o, sono preziosi per la storia delle interpreta­zioni. Claudio Antonio Testi e Davide Ventura, che li introducon­o, pongono in evidenza le attualità. Basti aggiungere che Barthélemy Saint-Hilaire, nella sua traduzione dei Meteorolog­ica (Parigi 1863), pur riconoscen­do l’inadeguate­zza di alcune posizioni, ha «con il testo un confronto che lo riconosce come un interlocut­ore ancora ben valido».

Aristotele e Tommaso scrutano la realtà, altra cosa è spiegarla evocando i miti. La Via Lattea, in tal caso, sarebbe nata dalle gocce di latte fuoriuscit­e dal seno di Era, mentre allattava Eracle. E i venti? Eccoli racchiusi, tranne Zefiro, nel prezioso otre che Eolo dona a Ulisse. Già Eolo: non fu un dio, almeno così si legge nel X canto dell’Odissea. Omero riferisce che Zeus lo aveva fatto dei venti «tamías», il loro custode, insomma. Per questo Pindemonte traduce con l’elegante «de’ venti dispensier supremo».

La natura del cambiament­o

Tommaso d’Aquino

Edizioni San ClementeEd­izioni Studio Domenicano, pagg. 576, € 45

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