Il Sole 24 Ore - Domenica

ALMIGHTY DOLLAR

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MEPHISTO WALTZ

»Cambiando scenario, non si capisce come si possano buttar via decine di milioni di dollari per un token che dà l’esclusiva: «ma decché?», direbbe Roberto D’Agostino. Non sembra far altro che reiterare l’eterna competizio­ne tra Paperone e il Sultano del Brunei, nella gara a chi ha più ricchezze. Ricordando Chaplin, con Il grande dittatore (1940), dove Mussolini e Hitler si sfidano a chi sale più in alto, spingendo la leva delle poltrone da parrucchie­re in cui sono seduti. Come nelle migliori sfide tra tycoon, Pinault e Arnaud, Berlusconi e De Benedetti, Cuccia (che però mai si è arricchito) e Sindona. Difficile per la gente capire «come ci sono riusciti», a creare simili malloppi. Pensieri che rimandano alla Fenomenolo­gia di Mike Bongiorno (Umberto Eco, Diario minimo, 1961). O ai fortunati casi di James Bond inventato da Fleming. O di Harry Potter tirato fuori dal cappello di Joanne Rowling, buttato giù al pub, tra un boccale e una tisana, senza rendersi conto di quanto avrebbe reso.

Mai come ora, favole e racconti mediatici - protagonis­ta il dio denaro - hanno avuto tanta presa sul pubblico. Altro che i valori del passato: la forza della democrazia basata su tenacia, moderazion­e, oculatezza da «buon padre di famiglia», tipica della classe media, stile James Stewart in America; la pervicacia dell’epoca vittoriana a Londra; in Italia l’aplomb di Einaudi.

E oggi? Tutto appare travolto dalla mediocrità, come presagiva Paul Krugman nelle sue prediche ai cittadini americani. Sermoni per evitare le conseguenz­e, le truffe finanziari­e, Enron nel 2001 e il colpaccio di Madoff, il più grande inganno della storia, che costò 65 miliardi di dollari ai suoi clienti. Quando George W. Bush propose di abolire le tasse di succession­e alcuni super ricchi - dal padre di Bill Gates a Warren Buffett, da Soros a Rockefelle­r (Steven) - una moltitudin­e si schierò contro la proposta. Con una posizione preventiva ostile già schierata su quello che è poi successo negli ultimi tempi: con ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri. Oltre all’innegabile spregio della democrazia, il divario diventa un detonatore per lo scoppio di esplosioni sociali, del disagio nelle periferie, con le banlieue che potrebbero scatenarsi da un momento all’altro. Warren Buffett sosteneva che «abolire le tasse di succession­e è come mettere nelle squadre olimpiche i figli dei vincitori dell’edizione precedente». Ossia la fine dei giochi. Cavarsela a suon di brioche, come pare volesse fare Maria Antonietta, è peggio che fermare il vento con le mani.

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