POLITICA E CURIOSITà NEL DIARIO DEL PRINCIPE DEL FORO
Era il 21 maggio 1927. Dopo 33 ore di un volo solitario, Charles Lindbergh atterrava all’aeroporto parigino di Le Bourget, in arrivo da New York, diventando a 25 anni il primo ad attraversare l’Oceano Atlantico in aereo senza scali. Centinaia di francesi erano venuti ad applaudire l’impresa. Non appena il velivolo si posò sull’asfalto, l’immensa folla accalcata intorno allo scalo saltò la cancellata, superò con la forza le barricate della polizia, e irruppe sulla pista, circondando l’aereo pur di staccare dalla fusoliera un qualche ricordo.
L’aneddoto è tra i molti raccontati con estro, curiosità e precisione da Maurice Garçon nel suo diario appena pubblicato in Francia, Journal 1912-1939. Lo stile è giornalistico, lo sguardo è politico, e negli avvenimenti spesso riecheggia il presente. Avvocato penalista, romanziere, storico, accademico di Francia, Garçon è celebre in Francia soprattutto per essere stato un principe del foro nel monumentale palazzo di giustizia sull’Île de la Cité, dall’eloquenza efficacissima e dal verbo temibile.
L’avvocato difese lo scrittore René Hardy, sospettato di avere consegnato il resistente Jean Moulin ai tedeschi, e l’editore Jean-Jacques Pauvert, che aveva sfidato la censura pubblicando gli scritti del Marquis de Sade. Riuscì a far scagionare Georges Simenon, accusato di calunnia. Alla vigilia della Seconda guerra mondiale, assistette anche la famiglia di Ernst von Rath, il diplomatico tedesco ferito a morte a Parigi il 7 novembre 1938 da un ebreo di origine polacca, Herschel Grynszpan. La vicenda fu il pretesto di Hitler per giustificare la Notte dei Cristalli.
Nato a Lilla nel 1889, morto a Parigi nel 1967, Maurice Garçon avrebbe voluto probabilmente lanciarsi nella letteratura, ma il padre era un noto giurista e le tradizioni famigliari ebbero la meglio. Il volume raccoglie impressioni e ricordi della Parigi della III Repubblica, marcata dalla Grande Guerra e mentre la città si appresta a subire l’occupazione nazista. L’ambiente è conservatore, ma anche segnato curiosamente da costumi lascivi, e dall’abitudine in pressoché tutte le classi sociali di frequentare prostitute e case chiuse.
I ritratti possono essere feroci. Di Coco Chanel, incontrata nella sua suite del Ritz di Place Vendôrimasto me, dice che è «brutta e magra», «il suo petto è piatto come una puntina», lo sguardo però è «vivo e intelligente». Di Pierre Laval, il futuro primo ministro di Vichy, spiega che ha i «denti sporchi», il «sorriso grasso», la «carnagione unta». Marlene Dietrich, invece, ha «un piccolo naso di cane, gli occhi sporgenti». I commenti sono impietosi, forse anche ingiusti, ma fanno premio lo spirito di osservazione e l’attenzione per il dettaglio.
Sul fronte più politico, le impressioni dell’avvocato-scrittore si dimostrano preveggenti, e purtroppo anche attuali, a cominciare dalla denuncia di una classe politica composta da «imbecilli, strilloni e disonesti». Già nel 1930 considera una nuova guerra ineluttabile: «Il trattato di pace non era praticabile», scrive, parlando dei difficili rapporti con la Germania. Ritiene che anche le posizioni di Varsavia siano pericolose. Definisce i polacchi dei «persecutori turbolenti», «incapaci di preservare le loro frontiere», «odiosi imbecilli che non sognano altro che ferite e bernoccoli».
Già nel 1936 a Parigi le autorità organizzavano prove di allarme antigas. Al «grido lancinante» di una sirena, scrive lo scrittore, i residenti dovevano spegnere le luci e seguire le istruzioni di un manuale di sopravvivenza. Nel 1937, la Comédie Française e altri teatri parigini erano costretti a cancellare rappresentazioni perché gli attori erano stati chiamati improvvisamente per un periodo di addestramento. Ai tempi, nella Società delle Nazioni, riassume l’autore con una punta di disdegno, sedevano due volte l’anno «vecchi signori, ben disposti, eloquenti e loquaci».
Maurice Garçon amava toccare con mano gli avvenimenti della sua epoca. Oltre all’arrivo di Lindbergh a Le Bourget, nel 1924 assistette prima ai funerali di Anatole France, poi alla traslazione del corpo di Jean Jaurès al Panthéon. Nel 1929, fu testimone della sepoltura del maresciallo Foch. Dieci anni prima aveva assistito alla sfilata del 14 luglio, la prima dopo la Grande Guerra. Marciò anche un battaglione di soldati italiani che l’autore definisce rastaquouères, una parola che designa personaggi esotici che sfoggiano un lusso sospetto e di cattivo gusto.
Journal 1912-1939
Maurice Garçon
Les Belles Lettres/Fayard, pagg. 729, € 35