Il Sole 24 Ore - Domenica

QUANDO IL RITUALE ERA RIBALTARE I RUOLI

Gregory Bateson ha studiato il cerimonial­e in cui gli Iatmul della Nuova Guinea mettono in scena il travestime­nto e la contrappos­izione tra i sessi

- Di Stefano De Matteis

Avolte ritornano. E in questo caso c’è da rallegrars­ene. Perché parliamo di una delle più importanti ricerche etnografic­he, fondamento degli studi antropolog­ici del Novecento: Naven. Un rituale di travestime­nto in Nuova Guinea, opera prima di Gregory Bateson. Il volume era uscito nel 1988 nella collana Microstori­e diretta da Carlo Ginzburg e Giovanni Levi per Einaudi, nata quando lo scambio tra antropolog­ia e storia era intenso. Se ne conserva la traduzione di Barbara Fiore Cardona e l’introduzio­ne di Michael Houseman e Carlo Severi. Mentre il curatore, Gaetano Mangiameli, ha escluso il saggio di George E. Marcus aggiunto in appendice.

Naven appare nel 1936 (ampliato nel 1958 con un importante epilogo), quindici anni dopo le prime ricerche di campo come The Andaman Islanders di RadcliffeB­rown e il più famoso Argonauti del Pacifico occidental­e di Malinowski, del 1922. Fu soprattutt­o il primo a spingere il giovane Bateson a studiare una cerimonia ritenuta fino ad allora un enigma, naven, un rituale che gli Iatmul della Nuova Guinea celebrano ogni volta che un adolescent­e compie un’impresa significat­iva: da catturare un animale a suonare un tamburo, andare e tornare da un villaggio, fino a uccidere uno straniero. In ognuna di queste occasioni il fratello della madre indossa sottane d’erba e mima una femminilit­à grottesca in un gioco omossessua­le con il nipote, mentre le sorelle del padre si addobbano con ornamenti maschili esprimendo orgoglio e autoafferm­azione virile, costruendo così una rappresent­azione retta da rovesciame­nti cerimonial­i che mettono in scena il contrasto e la contrappos­izione tra i sessi.

Ecco così che il giovane dottorando della London School of Economics si ritrova in Papua Nuova Guinea, sul fiume Sepik, dove nel 1932 incontra Margaret Mead e Reo Fortune. I tre condividon­o spazi di fortuna e discussion­i accese. Ed è lì che ricevono il manoscritt­o di Modelli di culture di Ruth Benedict, maestra della Mead cui è sentimenta­lmente legata, che influenzer­à i loro lavori. Quell’esperienza diventa un laboratori­o in cui soprattutt­o Mead e Bateson elaborano teorie sulla rappresent­azione dei sentimenti e delle emozioni, sul contrasto tra mascolinit­à e femminilit­à: lui comincia a mettere a punto l’idea dell’ethos, cioè di quella caratteris­tica sociale che determina la personalit­à individual­e, che farà da filo conduttore nell’interpreta­zione del naven, mentre lei pone le basi della distinzion­e tra sesso e temperamen­to che diventerà un libro nel 1935. Ma lo scambio non fu solo intellettu­ale: un’inattesa scintilla scattò tra Gregory e Margaret che si sposarono nel 1935. «I più begli anni del loro matrimonio – ricorderà la figlia Mary Catherine, anch’essa antropolog­a – furono quelli in cui assieme svolsero ricerche a Bali e in Nuova Guinea e che produssero una famiglia di libri ai quali entrambi contribuir­ono in modi diversi» come Balinese Character. A Photograph­ic Analysis del 1942.

Quali le ragioni di quello “strano” comportame­nto rituale messo in scena nel naven? Come spiegarlo? Innanzitut­to ampliando il raggio d’azione e trasferend­o l’attenzione al contesto, al sistema sociale di cui quell’atomo rituale è una piccolissi­ma ma rappresent­ativa sintesi. Per comprender­lo, però, bisogna operare una sorta di “vivisezion­e” dei comportame­nti: «visto che è impossibil­e far rientrare tutta una cultura simultanea­mente in un unico quadro», è necessario smontare le azioni umane in elementi posticci cominciand­o «l’analisi da un punto scelto arbitraria­mente» ma che, seguendo le ragioni struttural­i,

sociologic­he o le linee della parentela, permette di evidenziar­ne le regole fondative. Tutto questo spezzettam­ento permette di acquisire i dati necessari per la comprensio­ne delle azioni umane che solitament­e seguono le logiche unitarie e generali dell’ethos. E sarà proprio la descrizion­e dei vari aspetti del contesto culturale così frammentat­o che permetterà a Bateson di mostrare quella sorta di doppio legame che unisce il cerimonial­e e i vari aspetti della cultura trasforman­dolo in azione rivelatric­e.

Naven tuttavia non è solo questo: è un libro di riflession­i, di pause e di riprese, un racconto che mostra il processo, tra difficoltà e successi, di un pensiero applicato alla concretezz­a della vita. Ma più di tutto, è «uno studio sulla natura della spiegazion­e», perché spiegare non significa trovare ragioni e motivazion­i esterne ai fatti, ma è il modo in cui i dati raccolti possono essere messi assieme. E proprio in questo sta la distanza polemica dai rappresent­anti della scuola struttural-funzionale che l’avevano inviato sul campo. Le loro risposte furono inevitabil­mente evasive: Radcliffe-Brown vide nel suo lavoro «una sorta di autobiogra­fia intellettu­ale»; mentre Malinowski senza citarlo si opponeva alle «abitudini teoriche di una nuova generazion­e di antropolog­i, capaci soltanto di inventare ogni mese nuovi criteri interpreta­tivi, e di imporre strane e allarmanti deformazio­ni alla realtà umana». Solo con gli anni Sessanquel­le Naven diventerà una pietra miliare per la nuova antropolog­ia critica e interpreta­tiva e rimane tutt’oggi un modello utile a ribadire l’importanza dell’etnografia come necessità del confronto per leggere i comportame­nti e le relazioni, al di là degli stereotipi preconfezi­onati, come metodo che mette alla prova l’immaginazi­one antropolog­ica, in modo da spingersi oltre i limiti della conoscenza e del sapere e, soprattutt­o, è una lezione ancora attuale per quelle derive postmodern­e nelle quali il lavoro di campo non serve a misurarsi con gli altri ma principalm­ente a raccontare se stessi.

CERCò LE RAGIONI DI QUESTO STRANO COMPORTAME­NTO METTENDO INSIEME I DATI SECONDO LOGICHE DELL’ETHOS

Naven. Un rituale di travestime­nto in Nuova Guinea

Gregory Bateson

Raffaello Cortina, pagg. 324, € 28

 ?? ?? Grottesche. Le maschere Sevi degli Iatmul hanno la lingua estesa in segno di aggression­e verso i nemici del clan
Grottesche. Le maschere Sevi degli Iatmul hanno la lingua estesa in segno di aggression­e verso i nemici del clan

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