Il Sole 24 Ore - Domenica

PAESAGGI COSì STRANI DA NON SEMBRARE EUROPA

- Di Riccardo Piaggio

Iviaggi letterari, oggi in disuso, sono stati per secoli uno dei modi privilegia­ti per scoprire e conoscere il mondo, anche in assenza di quelli, un tempo perigliosi ed onerosi, reali. Poi è arrivata l’era del viaggio globale low-cost e dell’onlife, neologismo creato dal filosofo Luciano Floridi che indica la rottura della barriera tra esperienze reali e virtuali. Ormai tutti possono viaggiare, su easyJet o via tablet. E dunque a cosa serve immergersi nei racconti di viaggio, sovente ispiratori di epiche personali, forma narrativa a metà tra romanzo e reportage? A immaginare, senza che vi sia bisogno di inventare nulla?

L’ultimo reportage letterario di Nick Hunt, autore di Camminando fra i boschi e l’acqua e Dove soffiano i venti selvaggi (entrambi editi in Italia per Neri Pozza) è una cartolina al contrario, fatta di immagini che si scontrano con il nostro immaginari­o. Ogni capitolo del reportage è una formidabil­e metafora del nostro senso di smarriment­o verso ciò che non conosciamo. Un’esplorazio­ne in luoghi selvatici, inaccessib­ili, esotici dentro il continente antropizza­to per antonomasi­a, la nostra vecchia e civilizzat­a Europa.

Outlandish: Walking Europe’s Unlikely Landscapes (appena arrivato in Francia per Gallimard con il titolo evocativo Un palmier en Arctique) è appunto un viaggio reale, denso di immaginazi­one, un viaggio di 72 ore nell’oscurità invernale del Nord della Scozia, un altro nel deserto dell’Andalusia, un terzo nella foresta di Bialowieza (mille chilometri quadrati), tra Polonia e Bielorussi­a. Deserti, steppe, ghiacci perenni; luoghi che non sembrano Europa, tutte metafore di quella che Hunt definisce un’exclave, ossia un territorio posto all’interno di uno Stato ma che non ne fa parte.

È il sovranismo della natura, che crea una geopolitic­a indifferen­te alle questioni nazionali e continenta­li. Nick Hunt, freelance writer e storytelle­r, nipote del primo conquistat­ore dell’Everest (1953), è anche giornalist­a d’esplorazio­ne («The Guardian», «The Economist») ed è tra gli animatori del progetto Dark Mountain, il cui manifesto gira intorno a un mantra dal sapore rousseauia­no: il mito del progresso è fondato su quello della natura, il cui concetto - paradossal­mente - è stato creato per separarci da essa.

Tornare alla natura non significa addomestic­arla, ma accettarne il côté selvaggio. Non è radicalmen­te selvaggio anche il capitalism­o, tra le cui braccia ci sentiamo illusoriam­ente protetti? E, a conti fatti, esso è perfino meno clemente di una bufera nella tundra scozzese, delle zanzare nella steppa polacca e più illusorio di un miraggio nel deserto andaluso.

Outlandish: Walking Europe’s Unlikely Landscapes

Nick Hunt

Nicholas Brealey Publishing, pagg. 288, € 21

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